Proteste_contro_SARS_Nigeria

Non solo #ENDSARS: tutte le ragioni alla base delle proteste in Nigeria

Irene Ferri

All’inizio di ottobre 2020 la Nigeria ha attirato l’attenzione dei media internazionali, quando sabato 3 ottobre ha preso avvio una serie di manifestazioni di protesta contro le violenze perpetrate dalla Special Anti-Robbery Squad (SARS), in seguito alla pubblicazione di video in cui gli agenti vengono ripresi mentre sparano a un uomo al Wetland Hotel di Ughelli. La SARS è un’unità speciale della polizia nigeriana ed è nota per le modalità non esattamente rispettose dei diritti umani con cui apparentemente cerca di mantenere l’ordine sociale. Istituita nel 1992, fu subito autorizzata ad agire sotto copertura e proprio questa sua “invisibilità” ha spinto i suoi componenti a iniziare ad abusare del loro potere e a commettere violenze e repressioni.

Già nel 2010 la SARS era stata definita una vera e propria “forza criminale”, il cui modus operandi è stato ampiamente messo sotto accusa da diverse organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti umani, di cui è esempio Amnesty International. L’11 ottobre 2020 è stato pubblicato un report di denuncia dell’attività di questa squadra speciale, secondo il quale in soli nove mesi nel 2020 essa avrebbe commesso almeno 122 esecuzioni sommarie. Il modus operandi per cui la SARS è particolarmente nota prevede che dopo l’arresto, spesso per futili motivi o sulla base di accuse completamente infondate, la vittima sia costretta a cedere tutto il denaro e altri beni in suo possesso e, qualora non ne avesse, rischierebbe di essere portata in prigione in attesa di essere liberata su cauzione o, nel momento in cui non ci fosse nessuno disposto a pagare per la sua scarcerazione, in attesa di subire torture ed esecuzioni.

Le proteste iniziate il 3 ottobre sono continuate per giorni e l’8 ottobre i manifestanti hanno ufficialmente chiesto a gran voce lo scioglimento della squadra speciale. In tale occasione è stato riproposto lo slogan #EndSARS, nato nel 2017 durante alcune manifestazioni di protesta contro l’attività violenta della squadra e diventato uno degli hashtag più condivisi al mondo su Twitter. Le manifestazioni del mese di ottobre, infatti, non sono le prime ad aver luogo in Nigeria con lo scopo di porre fine all’attività della Special Anti-Robbery Squad. In seguito alle richieste di scioglimento del 2017, il governo ha tentato diverse volte di assecondare in apparenza le volontà dei manifestanti, dando vita a nuove unità speciali con un nome diverso ma la cui attività e il cui atteggiamento non hanno mai preso le distanze da quelli della SARS. Anche le modalità del governo e della polizia di affrontare le proteste non sono cambiate rispetto al 2017: in seguito alla richiesta di scioglimento definitivo della SARS avanzata a partire dall’8 ottobre 2020, il capo della polizia nigeriana Mohammed Abubakar Adamuto ha annunciato la sua eliminazione e la nascita dello Special Weapon Tactical Team (SWAT). Tuttavia i manifestanti, forti delle esperienze passate e coscienti del fatto che si tratti solamente dell’espediente del cambio del nome, non si sono arresi e le proteste sono cresciute, spostandosi da Ughelli alla città di Lagos.

Le reazioni del governo a tali manifestazioni si sono fatte attendere per giorni, fino alla decisione del presidente Buhari di fare ricorso a milizie informali per attaccare i manifestanti, il cui atteggiamento è stato definito “anarchico” dal Ministro dell’informazione. Il numero di vittime dell’attacco ai danni dei manifestanti non è noto.

Tuttavia, il tentativo del governo di usare la forza per disperdere le proteste e di soffocare la rivolta con la violenza sembra non aver avuto ottenuto il risultato che Buhari aveva sperato. La svolta ha avuto luogo proprio il 20 ottobre, quando il coprifuoco a Lagos non è stato rispettato e le forze dell’ordine hanno interrotto la corrente elettrica e hanno aperto il fuoco sulla folla di manifestanti. I protestanti non si sono lasciati intimidire e nei giorni successivi non solo le proteste non si sono interrotte ma, a testimonianza del fatto che chi protesta ha un orizzonte più ampio, si sono trasformate in vere e proprie richieste di riforme e di fine della bad governance che affligge la Nigeria.

È, infatti, possibile affermare che questo movimento di protesta trova radici ben più profonde della sola violenza della polizia: molti osservatori internazionali definiscono la situazione della Nigeria un vero e proprio “trauma sociale”, le cui cause sono numerose e hanno molteplici origini: un sistema sociale e sanitario completamente inadeguato, la corruzione che permea ogni aspetto della vita pubblica e politica, il nepotismo, le frodi elettorali e la povertà ne sono solamente alcuni esempi. Inoltre, assume particolare rilevanza il fatto che la maggior parte dei manifestanti sia costituita da giovani under 30, la categoria sociale che più di ogni altra aspira a dar vita a importanti cambiamenti e forse anche l’unica che può davvero avere un impatto sulle politiche portate avanti dal governo.

Gli under 30 costituiscono circa il 40% della popolazione della Nigeria, che con 200 milioni di abitanti è il Paese più popoloso dell’Africa. Gli abusi della polizia, l’assenza dello Stato e il mancato rispetto dei diritti umani, oltre alla crisi economica che il Paese sta vivendo a causa della pandemia da Covid-19 sono alcune delle ragioni alla base dell’esplosione di rabbia della popolazione urbana e, soprattutto, della componente giovanile che è la prima vittima di tale crisi. Gli under 30 sono il gruppo sociale nigeriano maggiormente colpito dalla disoccupazione e la loro sopravvivenza è spesso garantita solamente dall’economia informale che però si è dovuta arrestare a causa del lockdown e dello shutdown delle attività non strategiche, reso necessario dal diffondersi del Covid-19. La crisi a cui tali provvedimenti hanno portato, che ha impoverito milioni di persone, è inoltre aggravata dalla contrazione del prezzo e della domanda globale di petrolio, poiché è proprio sull’esportazione di petrolio che si basa l’intera economia nigeriana.

La contrazione del prezzo del greggio ha avuto notevoli conseguenze a livello di politica fiscale e ha nettamente diminuito le entrate del budget sia federale che dei singoli stati[1]. Se a lungo andare i prezzi dovessero stabilizzarsi a livelli inferiori, per il Paese sarà sempre più difficile far fronte sia alle spese “normali”, sia alla restituzione di prestiti ottenuti attraverso programmi di soccorso. La Nigeria ha chiesto un prestito di 3,4 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale e anche la Banca Mondiale sta considerando di concedere un prestito che ammonta a circa 3 miliardi. Tuttavia, dal punto di vista economico, l’unica soluzione che potrebbe permettere alla Nigeria di sopravvivere, senza andare ad aumentare eccessivamente il debito nei confronti di organismi multilaterali e donatori occidentali, è rappresentata dalla diversificazione della propria economia: si deve necessariamente diminuire la dipendenza dalle esportazioni di petrolio se si vuole sopravvivere agli shock economici.

Le proteste pacifiche della giovane popolazione nigeriana non sembrano intenzionate a scemare nel breve periodo e il governo avverte sempre di più la pressione e la minaccia alla sua autorità. Lo stato non può più ignorare la voce della popolazione che, a sua volta, spera questa volta di avere un impatto davvero significativo sul panorama politico.

[1] La Nigeria è una Repubblica Federale composta da 36 stati a cui si aggiunge il Territorio della Capitale Federale di Abuja.

Bibliografia:

  • Pierre Haski, “La violenta repressione della polizia aumenta il caos in Nigeria”, Internazionale, 22 ottobre 2020
  • Anonimo, “In Nigeria i giovani sono esclusi dalla politica”, Internazionale, 16 febbraio 2019
  • Elnathan John, “Identikit del nigeriano della classe media”, Internazionale, 2 settembre 2018
  • Jacob Parakilas, “Nigeria’s management of the Covid-19 challenge and the oil question”, 25 agosto 2020
  • Stephanie Busari, “Nigeria’s youth finds its voice with the EndSARS protest movement”, CNN, 25 ottobre 2020

(Featured image source: Wikimedia commons TobiJamesCandids)