Kohei-fujito

La voce degli Ainu 2. Intervista all’artista Kohei Fujito

Sabrina Battipaglia – esperta della cultura Ainu – ha intervistato Kohei Fujito, figlio dell’artista Ainu Takeki Fujito.
Kohei Fujito è un artista giapponese contemporaneo le cui opere fondono l’arte popolare Ainu con il design industriale.
Kohei è conosciuto per la sua promozione attiva dell’arte e della cultura indigena giapponese.

1 – Prima di lavorare con tuo padre, l’artista Takeki Fujito, so che hai lavorato presso altri scultori. Puoi raccontare la tua formazione?

Ho iniziato a lavorare al negozio di famiglia quando avevo 27 anni, ma prima di allora ho lavorato per il ristorante “Yakiniku”, dunque, non ho avuto una formazione precedente sull’intaglio del legno. Sono stato invece addestrato a modellare i makiri (coltelli) da Hiromi San, un artigiano che ha lavorato a lungo nel negozio “Kumanoya” della mia famiglia presso l’Akan Kotan (villaggio Akan) dove io tutt’ora lavoro.

 

2 – Il tuo laboratorio è all’interno del negozio stesso, che è sempre molto affollato. Come riesci a trovare la concentrazione per i tuoi lavori?

Di solito creavo piccoli oggetti dopo la chiusura serale del negozio, ora invece vado nella città di Kushiro, all’Industrial Technology Center dove ho la possibilità di realizzare opere più grandi. Durante il processo di creazione, penso sempre alle persone che mi hanno commissionato quel lavoro, questo perchè mi rende felice immaginare e poi vedere le persone soddisfatte di fronte al lavoro finito. Generalmente mi rilasso andando in bicicletta soprattutto sulla montagna vicino casa mia e mi vengono nuove idee durante le lunghe guide in macchina.

 

3 – Quando e come hai preso le distanze dal mondo dell’artigianato e ti sei avvicinato al mondo dell’arte/del design?

Oltre alle piccole sculture o agli oggetti souvenir che vendo sia nel mio negozio che in molti altri punti vendita in tutto l’Hokkaidō, creo oggetti d’arte e di design. Penso alla cover i-Phone, alla katana con il manico interamente intarsiato, all’ikubashui (strumento cerimoniale tradizionale) che ho realizzato in onore dell’Italia durante il Festival dei Popoli indigeni in Italia, agli occhiali da sole interamente in legno oppure alla scultura in lastre di metallo presentata a Santa Fe.

In verità, ho pensato spesso a quanto fosse difficile mantenere la mia famiglia solo intagliando il legno. Di fatto, più intagliavo e di più tempo necessitavo, ho cominciato in questo modo ad avvertire un mio limite. Per prima cosa ho comprato un iPad, che mi è servito per iniziare a creare i prodotti originali del nostro negozio. Così facendo, ci sono voluti circa 10 anni di duro lavoro per passare gradualmente dalla progettazione all’intaglio e al prodotto finito.

 

4 – Rispetto a tuo padre, che ha vissuto dei forti momenti discriminatori a causa delle sue origini Ainu, puoi raccontarci quale è stata la tua esperienza?

Per quanto mi riguarda, non ho subito alcuna esperienza discriminatoria come artista, poiché credo che la situazione generale rispetto agli Ainu sia cambiata nel tempo, divenendo ora molto diversa. Se posso fare qualche esempio rispetto al passato, situazioni di forte discriminazione erano legate ai matrimoni. Gli Ainu nascondevano le proprie origini per sfuggire ai soprusi unendosi in matrimoni misti. Il punto era che per un genitore giapponese sapere di un proprio figlio o una propria figlia unita in un futuro legame con un Ainu, arrecava preoccupazioni per la vita dura che avrebbero dovuto condurre, per le discriminazioni che avrebbero dovuto affrontare. Un altro esempio, riguardava le differenze fisiche, come la peluria sul corpo e questo ha potuto provocare in passato disagio di fronte a ragazzi giapponesi della propria età, perché scattava facilmente la presa in giro. Altra situazione frequente aveva a che fare con la parola Ainu che in lingua indigena significa “essere umano”, mentre in lingua giapponese diventava “A-inu” (Ah-un cane)!

Per finire posso dire che oggigiorno provo piacere nel confrontarmi con altri Ainu, ciò immagino abbia a che fare con la consapevolezza delle mie origini, con l’orgoglio di essere Ainu.

 

5 – Il villaggio Akan in cui vivi e lavori rientra nella cosiddetta macchina turistica, criticata da molti studiosi della cultura Ainu e anche da molti Ainu stessi. Cosa ne pensi a riguardo?

In realtà, a discapito di quello che si pensa quando si associa l’Akan Kotan  (villaggio Akan) alla macchina turistica, ci sono molti Ainu che usano sussidi governativi a causa di problemi economici. Penso che lavorare al villaggio Akan non sia del tutto da demonizzare, ma abbia i suoi vantaggi. Persone particolarmente interessate da tutto il mondo o dal Giappone stesso, vengono qui spinti dalla curiosità di saperne di più sulla cultura Ainu. In questo modo, un semplice giro turistico si trasforma nella possibilità di fare escursioni, di andare alle terme, di assaporare il cibo tipico nei ristoranti, di partecipazione ai workshop vari, agli spettacoli di danza e musica, di far visita ai differenti negozi, e a quel punto si è tentati di acquistare anche i nostri prodotti. Ed è per noi questo, un grosso vantaggio economico.

 

6 – Hai quattro splendidi figli, cosa ti auguri per loro in futuro come Ainu?

Auguro loro di essere soprattutto indipendenti, ma anche di avere fiducia in sé stessi in quanto Ainu. Mio figlio maggiore sostiene di piacergli essere Ainu, direi un segnale questo, di estrema importanza per la generazione futura.

 

(Featured Image Source: foto di Sabrina Battipaglia)