Takako-Doi-dossier-donne-politca-giappone

Breve storia della donna nella politica giapponese

– Stefania Giannoulidis & Marta Barbieri

Indispensabile per capire lo scenario attuale in materia di uguaglianza di genere in Giappone, è riuscire ad inquadrare in ordine cronologico tutti i passi in avanti compiuti in materia, partendo dal primo imprescindibile traguardo: il suffragio universale. Movimenti per il suffragio universale esistevano già negli anni Trenta, ma non hanno mai attecchito nel tessuto sociale fino alla Seconda Guerra Mondiale. E’ stato proprio dopo la sconfitta subita nella Seconda Guerra Mondiale, grazie alla stesura della nuova Costituzione Giapponese (entrata in vigore il 3 maggio 1947) che si è attribuito il diritto di voto alle donne. L’articolo 15 sancisce, infatti, il suffragio universale:

Article 15. The people have the inalienable right to choose their public officials and to dismiss them. All public officials are servants of the whole community and not of any group thereof.Universal adult suffrage is guaranteed with regard to the election of public officials. In all elections, secrecy of the ballot shall not be violated. A voter shall not be answerable, publicly or privately, for the choice he has made.1

A partire da quel momento le donne non solo ottengono il diritto di voto, ma anche quello di partecipare attivamente alla politica e di concorrere alle elezioni per tutte le posizioni governative. Difatti, l’articolo 44 sancisce che le qualifiche dei candidati devono essere stabilite dalla legge e che nessuna discriminazione deve incorrere: né legata alla razza, né allo status sociale, né al sesso.

Article 44. The qualifications of members of both Houses and their electors shall be fixed by law. However, there shall be no discrimination because of race, creed, sex, social status, family origin, education, property or income.2

Quindi, da un punto di vita legale, le donne sono completamente libere di votare e di essere votate ormai da settant’anni. Questa libertà, tuttavia, si è tradotta solo parzialmente nei fatti: i costumi sociali e i pregiudizi maschilisti che regnano da secoli sull’arcipelago nipponico, hanno impedito la totale emancipazione femminile. Lo sradicamento di tale maschilismo fatica ad essere portato a compimento e la discriminazione di sesso è ancora presente in tutti gli ambiti lavorativi, quello politico in primis. Ma qual è stata l’evoluzione della partecipazione politica femminile? La situazione è almeno parzialmente migliorata? Percorriamo insieme la storia delle donne giapponesi a partire dai decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.

Gli anni Sessanta

Negli anni Sessanta il numero delle donne lavoratrici è aumentato significativamente. Nonostante questo, la figura femminile ha mantenuto un ruolo marginale all’interno del mercato del lavoro, attestandosi sempre alla base della piramide sociale. Essendo quella giapponese una società piuttosto rigida, le donne stesse hanno faticato ad acquisire consapevolezza delle proprie opportunità: per lungo tempo, esse sono rimaste al proprio posto, attenendosi ai propri doveri di figlie, mogli e madri. Ad esempio, una pratica comune era quella del ritiro della donna dal mondo del lavoro una volta sposata. La scarsa rilevanza femminile nel mondo del lavoro ha avuto effetti anche sul piano politico: l’abbandono di molte donne delle proprie posizioni lavorative intorno ai 30 anni, ha tolto loro influenza e potere decisionale. I loro voti erano quelli di semplici casalinghe.3

In realtà esistevano diversi movimenti di donne impegnati nella propria emancipazione. Nonostante molti di essi siano stati stroncati dalla dominazione maschile in ogni singolo segmento della vita sociale e politica giapponese, possiamo comunque riscontrare il raggiungimento progressivo di numerosi traguardi in termini di autonomia politica femminile.

Negli anni Settanta, guidati dal motto “una riforma nella vita di tutti i giorni è l’azione politica delle donne”, sono sorti diversi movimenti di emancipazione femminile. La nascita del movimento “International Women’s Year” nel 1975, seguito dalla “UN Decade of Women” hanno rappresentato i fattori di spinta maggiori per le iniziative politiche femminili in Giappone. Ispirate da questi movimenti, molte donne hanno realizzato che i propri voti non portavano ad alcun miglioramento della propria condizione, ma al mero sostegno del potere maschile. Pertanto, proprio in questi anni, si è formato un gruppo di donne politicamente impegnate. Il suddetto gruppo sosteneva la figura di Teruko Yoshitake come propria rappresentante per concorrere alle elezioni del 1978 per la Camera Alta: si tratta della prima volta nella storia giapponese in cui un gruppo di donne sostiene una candidata nella corsa verso una carica politica importante. Sebbene Teruko non abbia vinto le elezioni, il movimento femminile alle sue spalle ha assunto un importante ruolo pionieristico nell’inserimento delle donne nella politica.4

La figura chiave di Takako Doi

Pochi anni dopo, iniziava la carriera di Takako Doi: la donna che ha avuto più successo nella storia della politica giapponese. Takako Doi vanta il primato di essere stata la prima donna posta a capo di un partito politico in Giappone. Essa ha guidato il Partito Socialista del Giappone (JSP) dal 1986 al 1991, trasformandolo in Partito Social-democratico (SDP). La Doi, entrata in politica nel 1969, è salita costantemente fino a raggiungere una posizione che mai prima di allora era stata concessa ad una donna. La sua ascesa è coincisa con il declino del Partito Liberal-democratico (LDP) che nel 1989, per la prima volta dopo tre decenni, ha perso la maggioranza. Parte del merito di questo cambiamento storico va indubbiamente attribuito alla Doi, la quale ha salutato l’evento con la celebre frase: “la montagna si è mossa”. Il JSP era il maggiore partito all’opposizione e grazie alla sua carismatica leader, quell’anno ha triplicato i seggi in Assemblea.5

La Doi si è impegnata per accrescere il numero di donne in politica, lavorando con l’organizzazione chiamata “Madonna Strategy”, che prevedeva la selezione di figure femminili di alto profilo come candidate parlamentari. Ne è derivato il fenomeno chiamato “Madonna Boom”: per le elezioni alla Camera Alta del 1989, quando il JSP ottenne la maggioranza, il partito aveva approvato dozzine di candidate, molte delle quali erano casalinghe senza un background politico consolidato. Molte di loro erano impreparate a svolgere il ruolo politico ad esse assegnato e per questo motivo il Madonna Boom si è perso velocemente. Tuttavia, è innegabile che l’azione della Doi abbia segnato un notevole aumento della partecipazione femminile nella politica giapponese. Risultato, questo, assolutamente degno di nota.6

Il governo Koizumi e il “boom” di donne in politica del 2005

Il successivo “boom” di donne in politica è avvenuto nel 2005, quando il Primo Ministro Junichirō  Koizumi ha dissolto la Dieta per una rapida elezione ed ha sostenuto 124 nuovi candidati. 83 di questi cosiddetti “Koizumi Children” sono stati eletti nell’LDP, e ben 15 di loro erano donne. Sebbene la percentuale femminile risultasse comunque molto bassa rispetto alla controparte maschile, un dato curioso riguardava il tasso di gradimento: quello femminile si aggirava attorno al 93,7%, ed era decisamente più alto di quello relativo ai colleghi uomini.7

Come la Doi, quindi, anche Koizumi ha avuto un ruolo fondamentale nell’elezione alla Camera Bassa di una cospicua componente femminile. Tuttavia, il risultato raggiunto dal secondo è stato solo l’effetto di una strategia politica del Premier: la sua priorità non era quella di emancipare le donne giapponesi, ma quella di far passare la sua riforma postale. Dato che molti membri dell’LPD erano contrari a tale riforma, Koizumi aveva minacciato di dissolvere la Camera Bassa se la Camera Alta avesse respinto la sua proposta di legge. Nonostante la suddetta minaccia, la Camera Alta bocciò la riforma e Koizumi, mantenendo la sua promessa, sciolse la Dieta e scacciò dal partito i ribelli che avevano votato contro la riforma del sistema postale. L’elezione che ne è seguita si è trasformata in un referendum per il cambiamento del Paese, in generale, e per la riforma postale, in particolare. In questo scenario politico, candidare delle donne rientrava perfettamente nell’obiettivo di incarnare quel clima di cambiamento a cui il Premier8 voleva ispirarsi. Difatti, 26 donne sono state elette come candidate dell’LPD, più del doppio rispetto alle 11 donne elette alla Camera Bassa nel 2003. Il fatto che Koizumi avesse selezionato delle donne non faceva altro che supportare l’immagine riformista del Premier e fungeva da simbolo per il tanto atteso cambiamento interno all’LDP. In realtà, l’aumento di donne nella Dieta è servito a Koizumi solo a punire i ribelli dell’LDP e le questioni di genere non figuravano di certo al primo posto della sua agenda politica.9

Ozawa Ichirō e il terzo “boom” del 2009

Un terzo “boom” si è riscontrato nel 2009. Questa volta il promotore è stato Ozawa Ichirō. Ozawa, responsabile della strategia di campagna elettorale del Partito Democratico (DPJ), ha optato per candidare 164 nuovi volti, 32 dei quali donne, nei distretti laddove l’LDP aveva presentato i soliti candidati uomini più anziani. I suoi sforzi erano tesi a far cadere il Partito Liberal-democratico durante le elezioni per la Camera Bassa dell’agosto 2009.

Così facendo, è riuscito a collocare ben 143 nuovi membri del DPJ nella Dieta, tra cui 26 donne. Sebbene le donne rappresentassero solo un quinto dei nuovi eletti, le cosiddette “Ozawa Girls” hanno attirato molta attenzione.10 Come per i “Koizumi Children”, anche in questo caso la mossa di Ozawa non era volta a creare una politica più inclusiva (come invece propagandava di fare): la candidatura di giovani donne rappresentava un’ottima tattica per sorprendere l’elettorato e guadagnare voti.11 Ancora una volta le poche donne entrate in politica sembrano essere solo strumenti di campagna elettorale più che membri attivi nella Dieta, in grado di aspirare a un ruolo determinante nel mondo politico. Tale affermazione è confermata dall’episodio avvenuto durante l’elezione alla Camera Bassa del Dicembre 2012, quando tutte le “Ozawa Girls” tranne una, persero i loro seggi e non furono sostenute da alcun leader politico. Piuttosto l’LDP era focalizzato a far rientrare in gioco ex parlamentari, compresi molti dei “Koizumi Children”, che avevano perso la poltrona nelle elezioni del 2009.12

Abe e la sua “Womenomics”

L’ultimo boom di donne in politica si è avuto recentemente, con il Primo Ministro Abe Shinzo. Il Premier è sempre stato un sostenitore dell’occupazione femminile: nel 2013 aveva definito le donne come “la risorsa meno sfruttata del Paese” e aveva posto l’obiettivo di aumentare il numero di donne che occupano posizioni di leadership del 30% entro il 2020.13 Difatti, seguendo la sua cosiddetta “Womenomics”, Abe ha inserito ben 5 donne nell’esecutivo. Con questa mossa, a partire dal rimpasto di governo del settembre 2014, le donne occupano 7 dei 18 posti al Governo, eguagliando quello di Koizumi del 2001.

Abe ha sostenuto che introdurre un maggior numero di donne al governo avrebbe aiutato la ripresa economica del Paese. In una conferenza stampa ha pronunciato le seguenti parole: “Il nostro governo vuole rispondere alla sfida di creare una società laddove le donne possano brillare… non vedo l’ora di vivere la ventata di cambiamento che esse porteranno”.14

Le nuove entrate nell’esecutivo di Abe sono Obuchi Yoko, figlia dell’ex Primo Ministro Obuchi Keizo, posta a capo del ministero dell’Economia, dell’Industria e del Commercio (il famoso METI); Matsushima Midori, nominata Ministro della Giustizia; Takaichi Sanae, al Ministero degli Affari Internazionali; Arima Haruko, al Ministero per l’empowerment delle donne; ed infine Yamatani Eriko, posta a capo della Commissione Nazionale per la Sicurezza Pubblica.15 Abe sembra seriamente impegnato a mantenere la quota rosa nel suo governo. Difatti, anche dopo lo scandalo delle dimissioni di ben due Ministre in un giorno solo (prima ha lasciato il nuovo ministro dell’Economia, Obuchi Yuko, per sospette irregolarità nell’uso di fondi pubblici; poche ore dopo dopo ha presentato le sue dimissioni il ministro della Giustizia, Matsushima Midori, accusata di violazione della legge elettorale), il Premier ha nominato due donne a sostituire le ministre dimesse: Miyazawa Yoichi all’Industria e l’ex ministra al Declino delle nascite Kamikawa Yoko, alla Giustizia.16

Tuttavia gli sforzi di Abe faticano a modificare il pensiero e le tradizioni di una società conservatrice e fortemente maschilista quale è quella giapponese. Lo scandalo politico che ha colpito l’Assemblea Metropolitana di Tōkyō ha portato nuovamente alla luce quanto il Giappone sia ancora impreparato alle pari opportunità. Durante un’assemblea, proprio nel bel mezzo di un dibattito sulle politiche per la maternità, la deputata trentacinquenne Shiomura Ayaka è stata attaccata con insulti sessisti da alcuni suoi colleghi. Essa è stata invitata da un deputato dell’LPD a “sbrigarsi a prendere marito” suscitando l’ilarità degli altri membri dell’assemblea. La deputata è effettivamente single, una condizione considerata non ideale per una donna giapponese. Dopo che il commento ha dominato i talk show televisivi per tutto un weekend, Suzuki Akihiro,  51 anni, deputato dell’LDP, ha ammesso la propria responsabilità per la provocazione sessista e si è deciso a presentare le proprie scuse alla Shiomura e a dimettersi dal partito, pur rimanendo membro dell’Assemblea. Il fatto sconvolgente è che alcuni membri dell’Assemblea si sono schierati dalla parte di Suzuki sostenendo che la Shiomura meritava quelle frasi, non essendo ancora sposata.17 Il caso Shiomura ha scatenato accesi dibattiti nella società civile e nei media, tanto che anche il Primo Ministro ha deciso di intervenire, scusandosi per la provocazione sessista lanciata da Suzuki alla giovane deputata. La Shiomura è inoltre intenzionata ad identificare gli altri deputati che si sono uniti allo scherno di Suzuki, supportando l’invito a “sbrigarsi a trovare marito” con commenti altrettanto sessisti come “Perché parli così? Non puoi avere figli?”. Martedì 24 giugno, la Shiomura ha partecipato a una conferenza stampa con i media esteri. Alla domanda su come venga percepita la donna nella società giapponese in generale, la giovane deputata ha risposto dicendo che, in Giappone, la politica è filtrata quasi esclusivamente dal punto di vista maschile, dato che pochissime donne sono in essa coinvolte. Proprio questa è stata la causa dell’offesa di cui è stata vittima.18

I dati confermano le parole della Shiomura: nel 2014, solo 39 dei 480 membri della Camera Bassa giapponese erano donne, il più basso numero tra tutti i Paesi sviluppati.19

Nell’agosto del 2015, Abe ha riaffermato che “Abenomics is Womenomics” in occasione della sua partecipazione alla Assemblea Mondiale per le Donne a Tōkyō. Nello stesso anno, il Gabinetto aveva approvato un piano per il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, e un gruppo parlamentare indipendente aveva cercato di introdurre un sistema di quote rosa. Tuttavia, le divergenze tra i diversi partiti, l’opposizione dei gruppi più conservatori all’interno degli stessi, e la difficoltà di mettere in pratica quanto propugnato, avevano fatto sfumare il progetto.20

Nell’agosto 2016, Koike Yuriko, ex Ministro della Difesa, è diventata la prima donna eletta a Governatore di Tōkyō. La sua storica vittoria assume una rilevanza ancora maggiore se si considera che la donna, all’epoca appartenente al LDP di Abe, non ne è però stata sostenuta durante la corsa alla carica, ed è stata eletta come candidato indipendente.21

Gli sforzi di Abe per aumentare la presenza delle donne nel settore lavorativo, e anche in politica, sono comunque innegabili. Tra le altre cose (aumentare i posti negli asili nido in modo da eliminare le liste di attesa, esortare le aziende a incrementare la percentuale di retribuzione percepita nei primi sei mesi di maternità dal 50 al 67% del salario originale, proporre una legge che obblighi le aziende con almeno 300 dipendenti, compresi il governo centrale e quelli locali, a fissare dei target numerici per la presenza di donne al loro interno, e così via),  Abe aveva posto l’obiettivo di aumentare il numero di donne che occupano posizioni di leadership del 30% entro il 2020. Il target è stato però in seguito abbassato a un più raggiungibile 7% di posizioni in ruoli chiave del settore governativo, e al 10% in posizioni corrispondenti nel settore privato.

Nel 2017, le donne presenti nella Camera Bassa giapponese erano ancora soltanto 45, ovvero il 9,5% della Dieta. La lineup di Abe per il Gabinetto comprendeva solo tre donne, scese a due dopo le dimissioni del Ministro della Difesa Inada Tomomi. 22

Nel maggio 2018 è stata approvata una legge sull’uguaglianza di genere nell’arena politica, ma è importante chiarire che non si tratta di una legge vincolante per i gruppi e i partiti politici. La legge si limita a esortare i gruppi e i partiti politici a promuovere azioni volontarie volte a raggiungere un pari numero di candidati uomini e candidati donne alle elezioni della Dieta e dei governi locali. Le prime elezioni tenutesi dopo l’approvazione di questa legge sono state le elezioni locali dell’aprile 2019. Su 59 elezioni comunali, la carica di sindaco è stata vinta da donne in sei casi. Circa il 12.7% di coloro che hanno partecipato alle elezioni per le Assemblee prefetturali erano donne, e le donne hanno vinto il 10,4% dei seggi: nel 2015 i seggi assegnati alle donne erano stati il 9,1%, quindi l’incremento è stato piuttosto modesto.

Nel luglio 2019 si sono poi tenute le elezioni della Camera Alta. Il 28,1% dei candidati era di sesso femminile (nelle elezioni del 2016 le donne costituivano il 24,7% dei candidati). I candidati donna si sono aggiudicati 28 seggi sui 124 a disposizione, ovvero il 22.5%. 10 donne elette provengono dal LDP, 6 dal Partito Costituzionale Democratico (CDP), 4 hanno preso parte alle elezioni in qualità di candidati indipendenti, 3 provengono dal Partito Comunista giapponese, due dal Kōmeitō, una dal Nippon Ishin no Kai, una dal Partito Democratico del Popolo, e una dallo Reiwa Shinsengumi.23

La percentuale di politici di sesso femminile presenti nelle Assemblee dei governi locali tende a essere più alto della percentuale di membri dello stesso sesso che siedono alla Dieta, ma i critici ritengono che siano necessari più sforzi, anche a livello legislativo, affinché il numero di politici donna possa crescere a tutti i livelli.24 Tuttavia, come già notato, molte delle problematiche relative a un pieno ingresso delle donne nella vita lavorativa e politica non dipendono solo dal framework legale: è necessaria una riforma sociale e culturale nell’intero Paese, ed è in questa direzione che i leader politici devono muoversi. Come notato da Ogawa Naoko, Senior Manager per l’empowerment femminile presso il Keidanren (la Business Federation giapponese): Japan will reach its goal only when ‘Womenomics’ becomes ‘Humanomics’ that everybody considers as his or her own business.25

 

Note

[1] The Constituition of Japan, in http://japan.kantei.go.jp/constitution_and_government_of_japan/constitution_e.html
[2] Ibidem
[3] Toyoko Nakanishi, Japanese Women’s Footsteps: 60 Years Since World War II, DawnCenter, in
http://www.dawncenter.or.jp/english/publication/edawn/0512/01.html
[4] Kuniko Funabashi, The History and Future of Women’s Participation in Politics in Japan, Women’s Asia: Voices from
Japan, No 13 Summer 2004, in http://www.ajwrc.org/english/sub/voice/13-2-2.pdf
[5] Alexander Jacoby, Takako Doi obituary, The Guardian, 5/10/2014 in http://www.theguardian.com/world/2014/oct/05/takako-doi
[6] Yuko Nakano, Among Equals? Women in Japanese Politics, CSIS, 11/07/2013, in http://csis.org/files/publication/130711_Nakano_WomenInJapanesePolitics_JapanPlatform.pdf
[7] Ibidem
[8] Alisa Gaunder, Running for National Of ice in Japan: The Institutional and Cultural Constraints Faced by Women
Candidates, 200
[9] Ray Christensen, An Analysis of the 2005 Japanese General Election: Will Koizumi’s Political Reforms Endure?, Asian
Survey 46 (4), 2006
[10] Yuko Nakano, cit.
[11] Mure Dickie, Vibrant ‘Ozawa Girls’ to refresh Diet, Asia-Pacific, 7/10/2009, in http://www.ft.com/cms/s/0/96384eb8-b364-11de-ae8d-00144feab49a.html
[12] Yuko Nakano, cit.
[13] Ibidem
[14] Japan PM Shinzo Abe boosts women in cabinet, BBC, 3/09/2014, in http://www.bbc.com/news/world-asia-29041644
[15] Danielle Daley, Prime Minister Abe’s Cabinet: Why He Appointed More Women, The Women in Public Service Project, 1/10/2014, in http://womeninpublicservice.wilsoncenter.org/2014/10/01/prime-minister-abe-cabinet-why-he-appointed-women/
[16] Giappone, terremoto nel governo. Due ministre danno le dimissioni, La Stampa, 20/10/2014, in http://www.lastampa.it/2014/10/20/esteri/giappone-terremoto-nel-governo-due-ministre-danno-le-dimissioni-1ZM3yqu3Jt2m2EO5EOf58N/pagina.html
[17] LDP member admits making sexist jeers against Tokyo assemblywoman, Japan Today, 23/05/2014, in http://www.japantoday.com/category/politics/view/ldp-member-admits-making-sexual-jeers-against-tokyo-assembly-woman
[18] Abe apologizes for LDP member’s sexist jeering, Japan Times, 24/05/2015, in
http://www.japantoday.com/category/politics/view/abe-apologizes-for-ldp-members-sexist-jeering
[19] Japan PM Shinzo Abe boosts women in cabinet, cit
[20]Eric Johnston, Women in Japanese Politics: why so few after so very long?, Japan Times, 06/03/2020 in
https://www.japantimes.co.jp/news/2020/03/06/reference/women-in-japanese-politics/#.XoyCHsgzbIV
[21]Tokyo elects Yuriko Koike as first female governor, BBC News, 01/08/2016 in https://www.bbc.com/news/world-asia-36935083
[22]Vindu Mai Chotani, Five Years On, Where Does Abe’s “Womenomics” Stand?, Journal of International Affairs, Columbia University, 30/07/2017 in https://jia.sipa.columbia.edu/online-articles/five-years-where-does-abe%E2%80%99s-%E2%80%98womenomics%E2%80%99-stand
[23]Women in Japanese Politics: why so few after so very long?, cit.
[24]Ibid.
[25]Interview: Are ‘Womenomics’ Working in Japan?, Asia Society, 10/03/2015 in https://asiasociety.org/blog/asia/interview-are-womenomics-working-japan

 

(Featured image source: Flickr Akira Kamikura)