takeki-fujito

La voce degli Ainu 1. Intervista alla moglie dell’artista Takeki Fujito

Sabrina Battipaglia – esperta della cultura Ainu – ha intervistato Shigeko, moglie dell’artista Ainu Takeki Fujito e madre di Kohei Fujito.

Fujito Takeki (1934–2018) è nato da genitori Ainu nella città di Bihoro, nel nord-est dell’Hokkaido, ed è cresciuto nella città di Asahikawa, nel centro di Hokkaidō. Dall’età di circa 12 anni iniziò a scolpire sotto la tutela di suo padre, che fu tra i primi intagliatori di orsi Ainu dell’inizio del XX secolo.
E’ molto rispettato sia a livello nazionale che internazionale come artigiano del legno che rappresenta l’Hokkaidō e come artista che trasmette le tradizionali tecniche di scultura degli Ainu.

1 – Come è stato vivere accanto a uno scultore e collezionista d’arte europea come il Signor Takeki Fujito? Che tipo di uomo è stato?

La sua mattinata iniziava alle 10:30. Appena sveglio si preparava una grande tazza di cioccolata calda e solo dopo, con il suo adorato cane scendeva al piano di sotto nel suo atelier. Qui iniziava il suo lavoro di artigiano del legno, intagliando sculture con un andamento ritmico e costante fino alle 19:00 ogni giorno. Dopo pranzo, si concedeva un pisolino e alle 15.00, beveva un tè pomeridiano perché amava tanto i dolci. Dopo cena, si metteva di nuovo al lavoro fino alle 22:00. Mi concedeva di aiutarlo nella pulizia del suo atelier, che risistemava in maniera rigorosa ogni giorno, in modo da poter ricominciare il giorno successivo.

 

2 – Ricordi quale fu la sua prima scultura? Ne ha mai realizzata una per lei?

In genere, la maggior parte degli artigiani inizia col creare un piccolo orsetto delle dimensioni di un palmo, e così è stato anche per lui. L’orso ha un significato importante nella cultura Ainu, tanto da avergli dedicato una cerimonia, la “Iyomande” (“il sacro invio dell’orso”), durante la quale tradizionalmente veniva cresciuto un piccolo orso come fosse un membro della propria famiglia e poi inviato di nuovo verso il mondo degli dèi attraverso un rituale ben preciso che ne prevedeva la sua uccisione. L’orso era considerato un messaggero che poteva mettere in comunicazione gli uomini con le divinità. Per quanto mi riguarda, mi ha fatto dono di 2 piccoli cuccioli d’orso seduti insieme.

 

3 – Quando era giovane ha svolto altri lavori per via delle difficoltà economiche o da subito ha cominciato a lavorare il legno?

Takeki è cresciuto ad Asahikawa nel villaggio di Chikabumi, dove si è sviluppata la principale scuola di artigiani di intaglio del legno e che poi ha istruito tutti gli altri artigiani dell’Hokkaidō. La loro presenza ha fatto si che, in maniera del tutto naturale, facesse la conoscenza di questi grandi maestri e ne apprendesse le tecniche che sono state parte importante della sua formazione. Egli dunque, non ha mai avuto altre opzioni. Essere un intagliatore di orsi ci si nasce, difatti egli è cresciuto in un ambiente in cui anche suo padre era un intagliatore di orsi. Ma a parte ciò, il lavoro di intaglio non gli è mai pesato perché in fondo gli è sempre piaciuto.

 

4 – Dato che il laboratorio del Signor Takeki è sempre stato in casa vostra, come gestiva questo, come si preparava per le esposizioni e se aveva riti scaramantici?

 Come ho detto in precedenza, il suo atelier era molto pulito e ordinato. Quando iniziava un nuovo lavoro, era solito pregare attraverso un piccolo rituale tradizionale detto Kamui-nomi, durante il quale si rivolgeva alle divinità chiedendo loro di riuscire a realizzare un ottimo lavoro.

Per quanto riguarda le esposizioni invece, la loro realizzazione dipendeva dal volume di opere previste. Nel caso di una serie per esempio, come quella che ha realizzato sui lupi, lo ha visto impegnato anche più di 1 anno.

 

5 – Nel corso del tempo, il governo giapponese ha modificato il suo atteggiamento nei confronti degli Ainu. Da un divieto di praticare la propria cultura a seguito dell’assimilazione forzata a partire dall’Era Meiji (1868) e via via attraverso leggi che invece la “accettavano” e la proteggevano. So che le origini Ainu del Signor Takeki sono state in passato spesso difficili in termini di discriminazione.
Le va di raccontare qualcosa a riguardo?

Egli è cresciuto assieme ad altri Ainu e dunque non si è reso conto del peso della discriminazione quando era ancora bambino. Crescendo invece, con l’aumentare delle interazioni con persone non Ainu, ha cominciato ad assistere ad atteggiamenti discriminatori e addirittura di incitamento ad essa. Quest’ultimo aspetto lo ha reso sempre molto furioso.

 

6 – Nell’aprile 2019, il Parlamento giapponese ha approvato la New Ainu Policy (NAP) che ha sostituito l’Ainu Cultural Promotion Act (ACPA) del 1997. Si tratta di una Legge sulla promozione di misure per realizzare una società in cui l’orgoglio del popolo Ainu è rispettato. Cosa pensi dell’identità Ainu di ieri e di oggi?

Takeki ha ricevuto un “Ainu Pride”, un premio che lo distinse dagli altri Ainu di allora, molto probabilmente perché essi non erano stati così coraggiosi in quel momento storico. Alcuni anni fa il manga “Golden Kamuy” di Satoru Noda, ha ottenuto un grande riconoscimento in Giappone e successivamente tanti sono stati i giovani che hanno avuto modo di saperne di più sulla cultura indigena e di scoprire attraverso le parole della protagonista Ashirpa, il mondo genuino e pacifico degli Ainu. Al giorno d’oggi, le persone notano e si concentrano maggiormente sugli aspetti positivi degli Ainu, credo questo sia dovuto al mondo di internet e alla facile diffusione degli argomenti.

 

7 – Nel 2020 è stato inaugurato il nuovo Museo e Parco “Upopoy” a Shiraoi. Lei pensa che possa togliere qualcosa al villaggio Akan?

Si tratta del primo Museo Nazionale dedicato esclusivamente alla cultura Ainu e che raccoglie oggetti di artigianato sia del passato che del presente. Inoltre, come nel villaggio Akan, è possibile fare workshop di ricamo, di intaglio del legno, assistere a performance di danza e musica, assaporare il cibo tradizionale. Onestamente, non sono mai stata all’Upopoy, ma posso dire che un progetto relativo ad un Museo Nazionale come questo in Giappone è sicuramente sinonimo di progresso. Dall’altro lato, devo ammettere che ho sentito molti Ainu lamentarsi a riguardo, poichè ritengono che esso mostri solo l’aspetto superficiale della nostra cultura. Per questo motivo, spero dunque che a poco a poco il Museo acquisisca non la forma di un luogo esclusivamente turistico, ma di uno spazio su misura che rispetti la cultura tradizionale Ainu.
In verità, sono molto preoccupata che questa situazione possa andare per il verso non sperato.

 

8 – Per concludere, vorrei che condividesse con noi un suo desiderio come Ainu e per gli Ainu delle generazioni future.

La parola d’ordine è imparare dal passato. Vorrei che le giovani generazioni Ainu imparassero a conoscere la propria cultura e la propria storia, ma soprattutto a perseguire ciò a cui sono davvero interessati. Inoltre, mi auguro che i giovani si facciano strada nel mondo del lavoro come persone Ainu, non rinnegandosi ma rimanendo orgogliosi delle proprie origini, perché la cultura Ainu non è estinta, bensì è viva.

 

(Featured Image Source: foto di Sabrina Battipaglia)