Rassegna settimanale 24 - 30 luglio: Africa Subsahariana

Rassegna settimanale 24 – 30 luglio: Africa Subsahariana

25 luglio, Sud Sudan – Maggiori pressioni per porre fine alle violenze sessuali di massa

Le nazioni donatrici dovrebbero esercitare maggiori pressioni sul governo del Sud Sudan per porre fine alle violenze sessuali perpetrate su larga scala e con assoluta impunità, affermano gli attivisti dei diritti umani.

Un report pubblicato lunedì da Amnesty International afferma come la violenza sessuale sia dilagante ed esercitata su scala massiccia, catalogata come una perpetrata litania di stupro, schiavitù sessuale, tortura e castrazione ad opera sia delle forze governative che dall’opposizione. Sono migliaia le persone che hanno subito violenze dall’inizio del conflitto, dicembre 2013, secondo il report. La brutalità della violenza fa da eco alla situazione presente nel paese vicino, la Repubblica Democratica del Congo, dove un’epidemia incontrollata di violenza e bestialità è iniziata a partire del 1998. Il governo ha fallito nel debole tentativo di porre fine al dramma. Molte sono le persone che non riescono nemmeno a denunciare l’accaduto.

Fonte: The Guardian

Link: https://www.theguardian.com/global-development/2017/jul/25/foreign-governments-must-pressure-south-sudan-to-end-epidemic-of

27 luglio, Repubblica Democratica del Congo – Corruzione e violenza

La Repubblica Democratica del Congo è uno dei Paesi più ricchi dal punto di vista minerario (il più grande fornitore di cobalto e rame) ma al tempo stesso è uno dei meno sviluppati, collocandosi al 176esimo posto su 187, secondo lo United Nations Human Development Index (2015), a causa dell’instabilità politica e della corruzione. Lo dimostra un’indagine resa pubblica venerdì dall’organizzazione non governativa britannica Global Witness (GW) che ha analizzato i dati dell’Extractive industries transparency initiative (Eiti), grazie alla quale emerge come un’ingente somma di denaro si sia dispersa all’interno di una vasta rete corruttiva legata anche al presidente congolese Joseph Kabila. Per anni era emerso come le rendite del settore venissero dirottate verso compagnie offshore, questa volta è stato scoperto che molte delle royalty pagate alle imprese pubbliche, spariscono in un buco nero prima di raggiungere le casse dello Stato. La causa sarebbe la compagnia mineraria pubblica Gécamines, nella quale tra il 2013 e il 2015, sarebbero arrivati almeno circa 750 milioni di dollari destinati al Tesoro pubblico poi spariti nel nulla. La cifra potrebbe aumentare se si aggiungesse anche il mancato gettito fiscale delle province e di altri enti collegati. Gecamines, nazionalizzato dopo l’indipendenza del paese nel 1960, ha relazioni d’affari con le più importanti compagnie minerarie internazionali e riceve ogni anno oltre 100 milioni di dollari da compagnie private, ma di questa cifra solo una piccola percentuale arriva effettivamente nelle casse statali (nel 2014 secondo i dati dell’Eiti, Gécamines ha pagato solo 15 milioni di dollari di tasse, a fronte di un guadagno di 265 milioni dichiarato dal governo). Kabila risulta essere l’unico detentore del potere politico e dell’arbitraria garanzia istituzionale nei confronti degli investitori internazionali, il quale declina qualsiasi interferenza politica come interferenza coloniale, non lasciando intravedere alcun margine di miglioramento all’orizzonte.

A questo si aggiunge l’aumento esponenziale della violenza perpetrata dalle milizie. Nella provincia di Kasai nel sud del Paese, sono state uccise ben 3000 persone, inclusi molti americani ed italiani che lavoravano per le Nazioni Unite, e gli scontri hanno determinato l’esodo di 1,3 milioni di sfollati. La violenza inoltre è ricorrente tra le truppe governative e le milizie di autodifesa locali Mai-Mai Yakutumba nel sud est della provincia di Kivu, ed hano causato la sospensione delle operazioni nella miniera d’oro di Namoya gestita da Banro Corp.

Fonte: Global Observatory e Global Witness

Link: https://theglobalobservatory.org/2017/07/congo-drc-corruption-kabila-aid/

https://www.globalwitness.org/en/

Sud Sudan – Giappone: Dimissione della Ministra della Difesa giapponese

La ministra della Difesa giapponese Tomomi Inada ha presentato la lettera di dimissioni al premier Shinzo Abe, a seguito di una pesante campagna mediatica condotta dall’opposizione, che accusa la ministra di aver disposto l’insabbiamento di informazioni relative alla missione giapponese nel Sud Sudan. Nello specifico la ministra avrebbe coperto registrazioni riguardo ai rischi e ai pericoli affrontati dalle forze di peacekeeping in Sud Sudan. Il premier Abe ha accettato le dimissioni, che giungono pochi giorni prima del rimpasto di governo in cui la ministra sarebbe stata sostituita, e a poche ore dall’annuncio dell’inchiesta della commissione interna per fare luce sulla vicenda. Per il ministero è un periodo molto delicato visto l’acuirsi delle tensioni in Nord Corea, la quale ha appena testato un missile in grado di raggiungere l’Alaska. Lo scandalo si aggiunge ad un periodo non positivo per Abe, il quale ha dovuto affrontare una serie di sconfitte elettorali a livello locale ed una caduta di popolarità, scesa al livello più basso dal 2012.

Fonte: The Guardian

Link: https://www.theguardian.com/world/2017/jul/27/tomomi-inada-japanese-defence-minister-resign-south-sudan

28 luglio, Nigeria – Boko Haram non è stato ancora sconfitto

Almeno 50 sono le persone rimaste uccise nell’imboscata organizzata da Boko Haram durante un’esplorazione di un pozzo petrolifero da parte Nigerian National Petroleum Corporation (NNPC), nel nord est della Nigeria, nello stato del Borno, area del Magumeri. Tuttavia il numero delle vittime è destinato a salire. “15 di loro erano militari e 4 facevano parte dello staff accademico”.

Il colpo arriva a ridosso di alcune dichiarazioni da parte del governo sulla convinzione di aver messo fuori gioco il gruppo terroristico. I dettagli non sono ancora chiari, dato che i militari controllano l’accesso all’area. Le telecomunicazioni e altre infrastrutture sono state seriamente danneggiate o distrutte durante gli scontri, che hanno causato dal 2009 20,000 morti e più di 2.6 milioni di senza fissa dimora.

Fonte: All Africa

Link: http://allafrica.com/stories/201707290177.html

30 luglio, Senegal – Migliaia gli elettori esclusi dalle votazioni

La polemica sul ritardo nella consegna delle nuove tessere elettorali ha gettato dubbi sugli ultimi giorni di campagna elettorale per le elezioni legislative in Senegal, in programma oggi. L’opposizione ha chiesto che il voto venisse rinviato, perché le nuove tessere, che fungono anche da carta d’identità biometrica e patente, erano pervenute solo al 70% degli elettori fino a pochi giorni dalle elezioni. Tutt’ora centinaia di elettori non potranno accedere al voto. Il Presidente Macky Sall ha chiesto al Consiglio costituzionale di autorizzare i votanti a rendersi alle urne con una ricevuta d’iscrizione o un altro documento d’identità, ma quando gli elettori si sono recati alla cabina di voto del Point E a Dakar, non li è stato permesso di votare, poiché non aventi i necessari documenti di riconoscimento.

Fonte: Reuters

Link: http://www.reuters.com/article/us-senegal-politics-idUSKBN1AF0P3?il=0

Somalia – Attentato e vittime nelle vie principali della capitale

A Mogadiscio l’esplosione di un’autobomba ha provocato almeno sei morti e almeno 13 feriti, di cui la maggior parte civili. L’attentato è avvenuto nel viale Maka al-Mukaram, una delle principali arterie commerciali della capitale somala. L’ordigno sarebbe stato azionato a distanza. L’azione non è stata ancora rivendicata.

La Somalia, da decenni in preda ai disordini, ha un governo estremamente fragile, che si regge anche grazie al sostegno della comunità internazionale e ai 22.000 uomini dispiegati dall’Unione africana.

Fonte: Al Jazeera

Link: http://www.aljazeera.com/news/2017/07/car-bomb-explodes-police-station-mogadishu-170730090829579.html

 

Featured Image: http://www.africanews.com/2016/11/12/un-envoys-fears-escalation-of-ethnic-violence-in-south-sudan/