Rassegna settimanale 25 giugno-1 luglio 2018: Sudest asiatico

Rassegna settimanale 25 giugno-1 luglio 2018: Sudest asiatico

25 giugno, Cambogia – Tutto ciò che c’è da sapere sulle elezioni in Cambogia

Non sono nuove in Cambogia agitazioni politiche e governi autocratici. Per le elezioni generali del ventinove luglio, tutto ciò sta tornando alla ribalta, nonostante il primo ministro Hun Sen stia cercando disperatamente di mantenere il potere.

Ci sono stati appelli per un boicottaggio dai finanziatori internazionali e dai gruppi per i diritti che stanno dichiarando la morte della democrazia.

Comunque vada tra poco più di un mese, verrà chiesto a 15 milioni di Cambogiani di votare.

Qui di seguito tutto ciò che serve sapere alla vigilia dei ballottaggi:

Giocatori chiave

Dire che ci sono pochi giocatori chiave sarebbe un eufemismo.

C’è né uno – Hun Sen.

Difatti, l’attuale primo ministro, ha fatto in modo di essere l’unico cavallo in corsa, salvo un significativo volgersi degli eventi, sembrerebbe pronto ad estendere i suoi trentatré anni di governo.

All’età di sessantacinque anni, Hun Sen ha letteralmente passato guerre, lasciando il segno come comandante per il genocidio dell’esercito dei Khmer Rouge. Esso scappò successivamente in Vietnam con l’intensificarsi delle purghe e tornò nel 1979.

Nel 1985, a trentadue anni, era primo ministro – una posizione alla quale si è aggrappato con forza da allora, supervisionando un colpo di stato, evitando difficoltà politiche, accuse di tortura e corruzione.

Hun Sen ha continuato a vincere e ha reso molto chiaro che intende regnare altri dieci anni. Con la sua rigida routine mattutina fatta da levatacce ed ore sul tapis roulant potrebbe anche farcela.

L’opposizione?

Ormai sarà abbastanza chiaro che, essendoci solamente un giocatore chiave, non c’è una vera e propria opposizione.

Anche se in Cambogia ci sono teoricamente dozzine di partiti politici, solo due hanno dimostrato l’abilità di mobilizzare un gran numero di elettori – Il partito di Hun Sen, il Cambodia People’s Party (CPP) ed il Cambodian National Rescue Party (CNRP), hanno ottenuto rispettivamente il 48% ed il 44% del voto popolare nelle elezioni del 2013. Alla seconda posizione c’è il partito monarchico Funcinpec che, con il 3,7% dei voti, non riesce a guadagnare una singola posizione al governo da decenni.

Successivamente quell’elezione, Hun Sen, per prevenire la crescita del sempre più popolare CNRP, ridusse il partito fino al suo definitivo smantellamento.

Il leader Sam Rainsy venne costretto a dimettersi nel 2017, in seguito all’emendamento che escludeva i pregiudicati dalla guida di qualsiasi partito. Difatti Rainsy era stato processato in contumacia per numerose accuse di diffamazione durante la sua carriera.

Si fece avanti al suo posto Kem Sokha, ma la sua leadership ebbe vita breve, Hun Sen lo fece arrestare in settembre con l’accusa di tradimento.

Nei mesi successivi, la corte suprema ha relegato il CNRP ai libri di storia.

Con l’accusa di aver complottato con gli Stati Uniti, l’unico partito di opposizione con un po’ di credibilità era sparito. Fu una mossa che Charles Santiago, presidente dei parlamentari dell’ASEAN per i diritti umani, definì “il chiodo finale alla bara della democrazia cambogiana”.

La sentenza della corte includeva un divieto politico quinquennale per 118 membri del partito, rendendo sostanzialmente il movimento di opposizione morto.

Dal suo esilio in Francia Rainsy continua a far sentire la sua voce in merito alla politica cambogiana, con un appello per il boicottaggio delle elezioni del 29 luglio e per la creazione del Cambodia National Rescue Movement (CNRM), che cerca di aumentare la pressione sul regime di Hun Sen.

La repressione

Oltre a prevenire la crescita di partiti di opposizione credibili, il governo di Hun Sen ha mosso guerra contro dissensi e critiche. Tra le vittime si contano alcuni dei più rispettati mezzi di informazione ed ONG.

Un esempio rilevante è dato dal Cambodia Daily, costretto a pagare tasse per 6.3$US milioni. Il giornale aveva pubblicato in prima pagina “Discesa in una dittatura totale”.

Nello stesso periodo, il governo ha ordinato la chiusura di una dozzina di radio stazioni, accusate di violare la regolamentazione radiotelevisiva. Infatti, queste stazioni rappresentavano uno dei pochi spazi in cui era possibile un’opposizione politica. Programmi autorizzati come Voice of America e Radio Free Asia (RFA), erano entrambi finanziati dagli Stati Uniti e quindi accusati di reati fiscali.

Il Phnom Penh Post, uno degli ultimi giornali indipendenti, è stato comprato da entrambi i governi cambogiani e malesi.

In seguito all’acquisizione, personaggi chiave del personale sono stati immediatamente licenziati, compreso l’editore Kay Kimsong – inducendo un esodo del personale definito dal Human Rights Watch il “colpo sconvolgente alla libertà di stampa”.

Il coinvolgimento internazionale

In seguito alla dissoluzione del CNRP, sia Stati Uniti che Unione Europea hanno ritirato il loro sostegno alle elezioni del paese.

Entrambi i governi hanno dichiarato che, la repressione dell’opposizione, ha essenzialmente eliminato qualunque valida contestazione al CCP dominato da Hun Sen e la legittimità delle schede.

Essi hanno posto come condizioni basilari per la loro partecipazione il rilascio di Kem Sokha, la reintegrazione del CNRP e la fine delle restrizioni sui media e sulla società civile.

L’ultimatum non ha dato alcun risultato. La Cina, infatti, ha sfruttato la situazione per fornire denaro alla Cambogia e il materiale utile per le votazioni, inclusi computer, stampanti, fotocopiatrici, macchine fotografiche, urne elettorali e cabine per le votazioni.

La generosità cinese non si è fermata qui. Il Premier cinese Li Keqiang ha firmato con la Cambogia diversi accordi da miliardi di dollari per lo sviluppo di infrastrutture, dell’agricoltura e della sanità. Più recentemente Pechino ha impegnato 100 milioni di dollari per modernizzare l’apparato militare, permettendo l’immunità dalle sanzioni occidentali e il rafforzamento di Hun Sen.

Sarà libero ed equo?

L’opinione universalmente riconosciuta è no.

Essendo Hun Sen l’unico cavallo in corsa e con la stampa fortemente influenzata, è difficile avere un’elezione corretta.

Il cane da guardia per la corruzione il Transparency International ha annunciato mercoledì che non controllerà le elezioni nazionali, dichiarando che “l’ambiente politico e le condizioni” hanno reso impossibile sorvegliare i sondaggi.

Il direttore esecutivo del Transparency International Cambogia ha dichiarato all’Asian Correspondent:

“Salvo che non ci sia una soluzione per avere una genuina competizione politica con l’inclusione degli ex politici del CNRP in un’accettabile decente forma nelle imminenti elezioni, è dura prevedere la credibilità e legittimità delle elezioni”.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2018/06/everything-you-need-to-know-about-the-cambodia-election/#5Xq5OwED1VzyoPgd.97

26 giugno, Filippine – Indignazione nelle Filippine, Duterte chiama Dio “stupido”

Martedì ventisei giugno, il presidente filippino Rodrigo Duterte ha affrontato una crescente indignazione da parte della sua nazione a maggioranza cattolica, dopo aver chiamato Dio “stupido”.

Duterte si è scagliato contro la storia della creazione biblica, sollevando la questione di perché Dio avrebbe dovuto creare Adamo ed Eva per poi esporli alla tentazione.

Il peccato originale è qualcosa che per millenni i teologi cristiani hanno fatto fatica a spiegare. Duterte ha affrontato l’argomento spinoso con uno dei suoi modi tipicamente coloriti.

“Chi è questo stupido Dio?” ha chiesto venerdì il presidente. “Crei qualcosa di perfetto e poi pensi ad un evento che tenti e distrugga il tuo lavoro”.

I leader della chiesa cattolica nelle Filippine, tra cui l’ottanta percento della popolazione, hanno condannato la dichiarazione.

“Come può essere presidente di tutti i filippini se non rispetta le loro credenze cattoliche?”, ha scritto su Facebook il vescovo Pablo Virgilio David.

Il consiglio filippino della chiesa evangelica si è unito alla denuncia martedì dicendo che “è completamente inappropriato per il nostro presidente deridere il Dio della cristianità, fede venerata profondamente … dalla maggior parte dei filippini”.

Duterte si è difeso con un discorso lunedì; martedì il portavoce del presidente ha annunciato che esso avrebbe formato un comitato di tre persone per un “dialogo” con i gruppi religiosi.

“il tema sarà come mitigare la spaccatura tra il governo e la Chiesa”, Harry Roque ha dichiarato ai giornalisti.

Duterte si è trovato ripetutamente ai ferri corti con la chiesa cattolica, storicamente potente, specialmente a riguardo delle critiche sulla guerra alla droga che ha già causato migliaia di vittime.

Il presidente ha inoltre più volte attaccato la suora australiana Patricia Fox, che sta affrontando i procedimenti di espulsione dal paese, essendo essa stata impegnata nell’attivismo per i diritti umani, avrebbe quindi violato i termini del suo visto.

Gli organi di controllo hanno espresso preoccupazione che, gli omicidi legati alla guerra alla droga, abbiano incoraggiato un ambiente di impunità che si è riversato nelle aree non correlate ai narcotici.

Da dicembre, tre preti sono stati assassinati, incluso uno a cui è stato sparato alla testa nella chiesa durante la preparazione della messa.

Queste uccisioni hanno scatenato il dibattito se i sacerdoti debbano essere armati per la loro protezione personale, proposta contro il quale la Chiesa si è opposta.

Il furore che circonda Duterte riguardante il suo commento su Dio, segue la serie di insulti contro leader mondiali e istituzioni negli ultimi due anni; avendo chiamato il precedente presidente statunitense Barack Obama un “figlio di puttana”, rivolgendo un simile insulto a Papa Francesco e bollando l’Unione Europea come “stupida” per aver criticato la sua guerra alla droga.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/outrage-in-philippines-after-duterte-calls-god-stupid

27 giugno, Indonesia – Allerta in Indonesia per le elezioni regionali

Mercoledì 27 giugno, dieci milioni di indonesiani si sono diretti alle urne sotto stretta sorveglianza. L’Indonesia è la terza democrazia più grande al mondo nonché il più grande paese a maggioranza musulmana.

È probabile che queste elezioni di circa 171 sindaci, reggenti e governatori delle province, stabiliscano un banco di prova per le elezioni nazionali, parlamentari e presidenziali del 2019. Nonostante l’attuale presidente Joko Widodo stia cercando di ottenere un secondo mandato, alcuni leader islamici integralisti chiedono pubblicamente che si dimetta.

Joko si era impegnato nel proteggere il paese dal tradizionale pluralismo indonesiano e dall’islam moderato.

L’allerta è molto alta in seguito ad una serie di attacchi suicidi nella città di Surabaya il mese scorso. Con trenta persone uccise, è stato l’attacco islamico più letale da oltre un decennio.

Sono stati schierati migliaia di uomini tra polizia nazionale e militari per proteggere tutti coloro che confluiranno alle urne allestite in scuole, municipi e tende.

“Stiamo effettuando regolari operazioni di polizia ed abbiamo schierato accanto 171,000 militari”, ha dichiarato il portavoce della polizia nazionale Setyo Wasisto.

La scorsa settimana, uno dei più importanti sostenitori dello Stato Islamico è stato condannato alla pena di morte per il coinvolgimento in una serie di attacchi. Gli esperti hanno avvertito dei rischi di rappresaglie da parte dei suoi sostenitori.

Più di 160 milioni di persone sono previste alle urne, metà di essi sono sull’isola di Java, solo nella parte occidentale ci sono circa 47 milioni di abitanti, approssimativamente equivalente alla Spagna.

I sondaggi d’opinione, suggeriscono che i candidati dei partiti che sostengono Widodo vinceranno nelle province chiave di Java ovest. Tuttavia, dopo la controversa sfida per il governatorato di Jakarta dello scorso anno, gli osservatori sorveglieranno i segni dell’influenza islamica.

Nel 2017, i partiti d’opposizione si sono alleati con i gruppi islamici per guidare proteste culminate nella sconfitta elettorale e nella carcerazione del governatore di etnia cinese, Basuki Tjahaja Purnama, e dell’amministrazione cristiane. Basuki era alleato con il presidente Joko.

Una forte dimostrazione alle elezioni regionali di questa settimana, darebbe un incentivo per le prossime elezioni presidenziali, della quale è previsto una replica della sfida avvenuta nel 2014 tra Widodo ed il generale in pensione Prabowo Subianto.

Le urne apriranno alle sette del mattino e rimarranno aperte per sei ore. I primi conteggi dovrebbero iniziare a poche ore dalla chiusura dei sondaggi.

L’annuncio del risultato è previsto il 9 luglio.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/indonesia-on-high-alert-as-voting-starts-in-regional-elections

28 giugno, Cambogia – Il segreto del potere di Hun Sen? I suoi pericolosi seguaci

Il primo ministro cambogiano Hun Sen è al potere da oltre trentatré anni, esercitando il controllo con pugno di ferro e schiacciando i potenziali oppositori. Condotta però impossibile da perseguire da solo.

Secondo il gruppo Human Rights Watch (HRW), è proprio il sostegno dei suoi devoti seguaci e generali che ha permesso all’ex comandante dei Khmer Rouge di mantenere la sua posizione.

Per HRW almeno dodici generali avrebbero portato avanti “serie e sistematiche violazioni dei diritti umani” nel nome delle leggi sempre più dittatoriali del presidente cambogiano.

“Negli anni Hun Sen ha creato e sviluppato un nucleo di ufficiali delle forze di sicurezza che hanno brutalmente e violentemente portato avanti i suoi ordini”, ha dichiarato Brad Adams, il direttore per l’Asia dell’Human Right Watch.

“L’importanza dei generali della Cambogia è diventata ancora più evidente prima delle elezioni di luglio, in quanto essi si impegnano in azioni repressive contro giornalisti, oppositori politici e manifestanti antigovernativi – facendo apertamente campagne per Hun Sen.”

Fra queste accuse, l’ex generale dei Khmer Rouge Pol Saroeun ha lasciato il segno capitanando le strutture per la “rieducazione” dei militari accusati di aver tradito la rivoluzione.

Secondo il report, queste strutture sarebbero caratterizzate da detenzioni arbitrarie prive di processo, torture, crudeltà, trattamenti inumani e degradanti. Le strutture sono gestite dai militari a livello nazionale, regionale e locale.

Pol Saroeun è stato al fianco dui Hun Sen anche durante il colpo di stato del 1997 contro il partito monarchico Funcipec, con il quale il Cambodian People’s Party (CPP) stava condividendo il potere.

Avendo provato il suo temperamento, il generale ricevette la promozione come Supremo comandante del Royal Cambodian Armed Forces (RCAF), posizione che mantiene tutt’oggi.

Il rapporto rileva che, sebbene ci sia un calo degli abusi dei diritti umani da parte della RCAF, essi sono ancora associati a “uccisioni extragiudiziali e tentati omicidi, torture e altri gravi maltrattamenti, talvolta violenta confisca della terra”.

Pol Saroeun è rimasto leale al primo ministro ed ha lavorato per promuovere la sua causa elogiandolo davanti agli elettori ed usando la sua posizione per schiacciare i dissidenti.

“Hun Sen conta molto su coloro che lo circondano. Non sarebbe dove si trova oggi senza il supporto di queste figure chiave nelle forze di sicurezza che forniscono un baluardo contro qualsiasi potenziale sfida armata dall’interno o rivolta popolare di qualsiasi tipo “, ha dichiarato Sebastian Strangio, l’autore della ricerca Hun Sen’s Cambodia.

“Questi individui e queste istituzioni hanno supportato l’ascesa al potere di Hun Sen e continuano ad essere alla base del suo controllo sul paese oggi. Agiscono come la difesa finale contro ogni potenziale minaccia al suo potere. ”

Questo supporto proverà la sua vitale importanza nelle prossime settimane in previsione delle elezioni generali del 29 luglio.

Essi hanno già dimostrato di essere uno strumento fondamentale nell’erosione della democrazia perpetrata da Hun Sen, unico vero contendente alle elezioni.

I fedelissimi di quest’ultimo, fanno tutti parte del comitato centrale del CPP, il più alto organo politico del partito. Nonostante siano dipendenti pubblici con modesti salari ufficiali, ognuno di essi ha accumulato un’inspiegabile ricchezza, sottolinea il rapporto dell’HRW.

All’inizio del mese, gli Stati Uniti hanno imposto un divieto di viaggio e congelamento dei beni per il braccio destro di Hun Sen, il generale Hing Bun Hieng.

Secondo Adams, questo dovrebbe servire come “campanello d’allarme” a tutti gli ufficiali maggiori che hanno violato i diritti umani nel nome di Hun Sen.

L’Human Rights Watch sta chiedendo alla comunità internazionale di fare di più per tenere sotto controllo questi uomini.

“Nessun dittatore raggiunge o rimane in cima senza il supporto di altre persone spietate”, ha detto Adams.

“Sotto Hun Sen c’è un nucleo di generali che abusano e intimidiscono i cambogiani con lo stesso disprezzo per il pluralismo e la democrazia che Hun Sen ha esibito durante i suoi trentatré anni al potere. Come il loro capo, hanno bisogno di essere richiamati all’ordine ed essere ritenuti responsabili dei loro numerosi crimini “.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2018/06/the-secret-of-hun-sens-power-his-deadly-henchmen/#8gFoxX2qguGZq3Ql.97

29 giugno, Malesia – La Malesia e L’Indonesia dovrebbero congiuntamente respingere la pressione dell’UE sull’olio di palma

Venerdì 29 giugno, il primo ministro malese Mahathir Mohamadha, ha dichiarato che la Malesia e l’Indonesia, essendo essi i maggiori produttori mondiali di olio di palma, dovrebbero unire le forze contro le pressioni dell’UE.

Mahathir ha spiegato ha spiegato in un’intervista congiunta con il presidente indonesiano Joko Widodo, “il nostro olio di palma è minacciato dall’Europa e noi abbiamo bisogno di opporci insieme”.

L’Unione Europea è attualmente tra i maggiori mercati di esportazione di olio di palma per questi due paesi, ma la situazione muterà a causa degli obiettivi per il cambiamento climatico.

L’olio di palma è usato in un’ampia serie di prodotti, dalla produzione del cioccolato, allo shampoo, tuttavia negli ultimi anni l’industria è sotto osservazione essendo accusata di provocare deforestazioni e incendi.

“Gli stati europei erano coperti di foreste, loro hanno disboscato e nessuno ha discusso a riguardo. Ma quando noi ripuliamo i nostri terreni dicono che inquiniamo l’ambiente”, ha dichiarato il premier novantaduenne malese, che ha sorprendentemente vinto le elezioni.

Mahathir ha dichiarato che i vicini hanno fatto rivivere un progetto comune per lo sviluppo di una macchina da vendere nel Sud est Asiatico.

All’inizio del mese il premier ha dichiarato che ha sperato nell’inizio di un nuovo progetto di auto che segue Proton, la compagnia automobilistica fondata durante il suo primo mandato nel 1983.

Il progetto per una “Asean car” avrebbe dovuto essere sviluppata da Proton e dall’indonesiana PT Adiperkasa, ma il progetto fu accantonato. “Nel 2015 non siamo potuti procedere per alcune ragioni, ma ora il nostro piano è continuare il progetto”.

Fonte: The Straits Time
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/malaysia-indonesia-should-jointly-repel-eu-pressure-on-palm-dr-mahathir-mohamad

30 giugno, Malesia ed Indonesia – Malesia ed Indonesia si impegnano alla costruzione di forti legami bilaterali

Malesia ed Indonesia si sono impegnati ieri alla costruzione di forti legami bilaterali. Gli obiettivi saranno: risolvere i problemi di confine, migliorare la protezione per i lavoratori migranti e, possibilmente, ridare vita ad un vecchio progetto per una macchina Asean.

“Spero che la nostra amicizia potrà migliorare ed essere mantenuta perché ci sono comuni interessi se Indonesia e Malesia lavorano insieme in tutte le aree, includendo la politica, l’economia e rapporti bilaterali” ha dichiarato il primo ministro malese Mahathir Mohamad parlando con il presidente Joko Widodo ad Istana Bogor.

Mahathir ha aggiunto che entrambi i paesi affrontano simili sfide, come il piano dell’UE di eliminare gradualmente l’uso dell’olio di palma. Difatti, Indonesia e Malesia rappresentano i maggiori produttori ed esportatori.

Joko ha concordato che, sono obiettivi comuni, la battaglia contro la corruzione e la connessione tra i due paesi come soluzione per i problemi riguardanti le terre condivise e confini marittimi.

Il presidente ha anche discusso su quanto si potrebbe fare per la protezione dei lavoratori indonesiani in Malesia, lo sviluppo di scuole per i bambini indonesiani nel paese e l’attuale disputa territoriale sul mar cinese meridionale.

“Siamo ugualmente impegnati a risolvere (la disputa) attraverso il dialogo basato sul diritto internazionale”, ha affermato Joko.

Mahathir è arrivato a Jakarta giovedì per una visita in Indonesia di un paio di giorni, il suo secondo viaggio oltremare dalla sua sorprendente vittoria elettorale del 9 maggio.

Gli scambi bilaterali tra i due paesi negli scorsi due anni sono stati pari a 17.2 miliardi di dollari, rendendo la Malesia il settimo partner commerciale più grande per l’Indonesia, ed il terzo tra gli stati membri dell’Asean, preceduto solo da Singapore e Thailandia.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/malaysia-and-indonesia-pledge-to-build-on-strong-bilateral-ties

1 luglio, Malesia – Il problema dei matrimoni tra minori in Malesia

Le stime contano che in Malesia, sono circa 12 milioni le ragazze che vengono fatte sposare prima del raggiungimento dei 18 anni. Sono più di 32,000 ragazze al giorno. Circa 23 ragazze al minuto.

Quando una giovane ragazza diventa sposa, le conseguenze durano tutta la vita, per lei, per i suoi figli e per la nazione. Difatti esse vengono spesso isolate, la loro libertà limitata, sono spesso private di qualsiasi potere e dei diritti fondamentali alla salute, educazione e sicurezza.

Pur essendo diciotto anni lo standard minimo internazionale, in Malesia è ancora legale sposarsi prima di quell’età. Nello specifico, secondo il diritto civile malese, un “non-mussulmano” può sposarsi solo dall’età di diciotto anni, tuttavia è possibile scendere all’età di sedici previa autorizzazione del presidente o Menteri Besar. Per i giovani di religione musulmana, l’età minima è diciotto per i ragazzi e sedici per la controparte. Eccezioni possono essere fatte per ragazzi fatti sposare più giovani, purché abbiano il consenso della corte della Syariah.

In Malesia il matrimonio con e tra minori è ancora molto diffuso, bastando per il diritto consuetudinario, il consenso di un parente o guardiano legale.

Secondo i dati del 2000 ci sono stati 6,800 ragazze e 4,600 ragazzi, fatti sposare sotto i quindici anni. Più recentemente, la magistratura della Syariah ha rivelato che sono stati 10,240 i matrimoni di minori tra musulmani tra il 2005 ed il 2015; circa 1,024 bambini musulmani all’anno. Per i “non-musulmani” il registro nazionale ha contato circa 2,104 ragazze fatte sposare prima dei sedici anni tra il 2011 ed il 2015; circa 420 ragazze ogni anno.

I matrimoni infantili sono prevalenti nelle zone rurali a causa della povertà e mancanza di educazione. “La scarsa applicazione delle politiche e delle leggi relative al matrimonio dei minori e l’atteggiamento indulgente dei leader religiosi e comunitari che consentono alle ragazze di sposarsi è ancora un problema”, dichiara la dottoressa Easwary Hari Ramulu, membra del Sabah Women’s Action Resource Group (Sawo).

“I genitori che crescono una bambina potrebbero preferire far sposare la figlia, per timore che possa indulgere in rapporti prematrimoniali e portare vergogna alla famiglia rimanendo incinta fuori dal matrimonio”.

La dottoressa Easwary, aggiunge che il matrimonio in età infantile incide sul bambino mentalmente, fisicamente ed emotivamente. “Le spose bambine sono a maggior rischio si subire pericolose complicazioni della gravidanza e alla nascita, che possono mettere in pericolo madre e figlio”.

Ma non solo, “Molte spose bambine abbandonano gli studi o non hanno accesso all’istruzione, quindi queste ragazze non riceveranno le opportunità che un’educazione potrebbe dare loro” dichiara Amjad Rabi, senior social policy specialist dell’Unicef.

È fondamentale quindi per lo sviluppo della Malesia che si interrompano i matrimoni infantili.

“La Malesia ha bisogno che i suoi figli restino a scuola e più tardi diventino parte della forza lavoro. Abbiamo bisogno del contributo di tutti per essere un paese produttivo che spingerà la Malesia ad uno stato di sviluppo”.

I matrimoni infantili creano non solo un problema sociale, ma anche un circolo vizioso di povertà, concludendosi spesso questi matrimoni in divorzi, nella quale la moglie e bambini ne risentono maggiormente.

Fonte: Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/child-marriage-not-solution-to-social-problems-in-malaysia-say-civil-organisations

Feature Image Source: Minsvyaz