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Rassegna settimanale 1-7 novembre 2021: Sud-est asiatico

1 novembre , Cambogia – Gli Stati Uniti e gruppi per i diritti umani condannano l’incarcerazione di un adolescente in Cambogia per dei post sui social media

Gli Stati Uniti e i gruppi per i diritti umani hanno condannato la sentenza a otto mesi di carcere che vede protagonista un adolescente cambogiano a causa di messaggi condivisi su Facebook e Telegram nei quali venivano insultati funzionari del partito al governo. Questa sentenza arriva nel mezzo dell’ampia repressione portata avanti nei confronti dell’opposizione, della società civile e dei media iniziata nel periodo precedente le elezioni del 2018.
Sovann Chhay, 16 anni, che secondo un gruppo per i diritti umani soffre di un disturbo dello spettro autistico ed è, oltre che attivista, anche figlio di un membro dell’opposizione detenuto, è stato condannato a otto mesi dei quali sconterà quattro mesi e quindici giorni in carcere mentre la parte restante in sospensione della pena.
L’ambasciatore degli Stati Uniti in Cambogia Patrick Murphy ha criticato la sentenza dichiarandosi “rattristato nel sentire che il tribunale municipale di Phnom Penh ha condannato un bambino al carcere per quelle che sembrano essere accuse di natura politica” e domandandosi “ in che modo incarcerare il figlio adolescente di un esponente dell’opposizione possa dimostrare rispetto per i diritti umani”.
Il ragazzo avrebbe dovuto essere scarcerato questo mese, ma resterà in libertà vigilata per altri due anni, durante i quali sarà tenuto a comparire davanti al tribunale ogni volta che sarà convocato; ad informare il tribunale se cambia indirizzo; e a dover ottenere il permesso per lasciare il paese, tra le altre condizioni, stando a quanto affermato dal gruppo per i diritti umani locale Licadho.
Anche Phil Robertson, vicedirettore per l’Asia di Human Rights Watch, ha commentato la condanna di Sovann Chhay definendola “oltraggiosa e inaccettabile sotto molti punti di vista” e “segna un nuovo minimo storico nella caccia alle streghe portata avanti dal primo ministro Hun Sen contro i suoi avversari politici”.

Fonte: The Straits Times
Link:https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/us-rights-groups-condemn-jailing-of-teenager-in-cambodia-over-social-media-posts

2 novembre, Filippine – L’indagine della Commissione per i Diritti Umani delle Filippine sulla guerra alla droga rafforza le accuse di abusi da parte della polizia

Un’indagine della Commissione per i Diritti Umani (CHR) delle Filippine sulle uccisioni legate alla guerra alla droga portata avanti dal presidente Rodrigo Duterte ha rivelato che decine di persone sono state colpite alla testa, al petto e all’addome, suggerendo così da parte della polizia un’intenzione di uccidere e non solo di difendersi.
Il rapporto della commissione, che rafforza i risultati del ministero della giustizia indicanti i crimini compiuti in decine di operazioni rivelatesi mortali, è l’ultimo a sfidare la narrativa del governo sulla guerra alla droga.
La commissione ha detto di aver esaminato 579 episodi di “uccisioni extragiudiziali legate alla droga” e di violenza avvenuti dal 2016 al febbraio 2020, 451 dei quali erano presumibilmente legati a operazioni di polizia e hanno coinvolto 705 vittime, delle quali almeno 87 hanno subito ferite multiple da arma da fuoco alla testa, al petto, al tronco e all’addome, mentre su alcuni è stata usata la forza bruta.
L’ufficio di Duterte non ha risposto immediatamente alle richieste di commento, mentre la polizia ha dichiarato che esaminerà il rapporto della CHR.
Duterte ha sempre difeso la polizia e ha sostenuto che tutte le persone uccise erano spacciatori di droga che resistevano all’arresto. Gli ufficiali di polizia coinvolti in 77 incidenti oggetto dell’indagine sono stati raccomandati per essere “premiati, ricompensati o soggetti a riconoscimento”.
Le Filippine sono state messe sotto pressione dalle Nazioni Unite per indagare sulle accuse di omicidi sistematici di sospettati di traffico di droga, e la Corte Penale Internazionale ha recentemente annunciato che indagherà sulla campagna antidroga di Duterte.

Fonte: Reuters
Link: https://www.reuters.com/world/asia-pacific/philippines-rights-bodys-drug-war-probe-bolsters-police-abuse-allegations-2021-11-02/

3 novembre, Sud-Est Asiatico – L’ADB pianifica la chiusura delle centrali a carbone nelle Filippine e in Indonesia

L’Asian Development Bank (ADB) ha lanciato un piano per accelerare la chiusura delle centrali a carbone in Indonesia e nelle Filippine al fine di ridurre la più grande fonte di emissioni di carbonio.
La proposta, denominata Energy Transition Mechanism (ETM), prevede di creare partenariati pubblico-privato per acquistare gli impianti e chiuderli entro 15 anni, molto prima quindi rispetto alla normale data di cessazione della loro attività. L’annuncio è stato fatto alla conferenza sul clima COP26 che si sta svolgendo a Glasgow, in Scozia, che vede la partecipazione dei leader mondiali incalzati dall’urgenza di presentare piani d’azione più ambiziosi per il clima.
L’ ADB sta ora lanciando un progetto pilota in Indonesia e nelle Filippine che la vedrà lavorare al fianco dei governi locali su uno studio di fattibilità per definire il giusto modello di business per ciascun paese. Circa il 67% dell’elettricità dell’Indonesia e il 57% della produzione di energia delle Filippine provengono infatti dal carbone.
La completa realizzazione del progetto, in aggiunta alla dichiarazione da parte del Vietnam di puntare a chiudere il 50% degli impianti a carbone nei prossimi 10-15 anni, permetterebbe così di ridurre di 200 milioni di tonnellate le emissioni annuali di CO2, che equivarrebbe a togliere 61 milioni di automobili dalle strade.

Fonte: Reuters
Link: https://www.reuters.com/business/sustainable-business/adb-sets-plan-retire-coal-fired-power-plants-philippines-indonesia-2021-11-03/

4 novembre, Indonesia – L’Indonesia fa dietrofront sull’accordo zero deforestazione della COP26

Il ministro dell’ambiente indonesiano ha respinto come “inappropriato e ingiusto” il piano globale per porre fine alla deforestazione entro il 2030, giorni dopo che il suo paese, sede di un terzo delle foreste pluviali del mondo, era tra gli oltre cento che hanno firmato l’accordo sulla deforestazione nell’ambito dei lavori della COP26. Tale accordo sarebbe infatti in contrasto con i piani di massiccio sviluppo dell’Indonesia, voluti dal presidente Joko Widodo, e gli obiettivi globali andrebbero ritoccati, secondo quanto affermato dal ministro Siti Nurbaya Bakar, che ha partecipato al vertice di Glasgow. Il ministro ha dichiarato poi come le definizioni di deforestazione differiscano ampiamente e che sarebbe ingiusto applicare standard europei all’Indonesia. Ha evidenziato al contrario gli obiettivi, su scala molto più ridotta, propri dell’Indonesia, che prevedono di arrivare ad assorbire più gas serra di quelli emessi entro il 2030 riducendo al minimo la deforestazione e ripristinando le foreste.
Il dietrofront quasi immediato di un paese centrale per salvare le foreste pluviali tropicali del mondo ha scatenato l’indignazione sui social media in Indonesia e tra gli attivisti ambientali, che hanno trovato la dichiarazione del ministro assolutamente deludente e completamente in contrasto con gli accordi firmati, come sottolineato da Kiki Taufic, a capo della campagna per la salvaguardia delle foreste di Greenpeace Indonesia.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/indonesia-signals-about-face-on-cop26-zero-deforestation-pledge

5 novembre, Thailandia – La richiesta di revisione della legge di lesa maestà suscita un raro dibattito

Nove partiti politici thailandesi nei giorni scorsi hanno preso posizione sulla riforma della severa legge di lesa maestà, portando all’ordine del giorno un dibattito che sarebbe stato impensabile solo fino a pochi anni fa. Il catalizzatore della discussione è stato il movimento di protesta antigovernativo guidato dai giovani che è emerso alla fine dello scorso anno e che ha richiesto apertamente la riforma della monarchia, una mossa audace in un paese che tradizionalmente reputa il re semi-divino e al di sopra delle critiche. La modifica della legge sulla lesa maestà, che prevede pene fino a 15 anni di carcere, è stata infatti per decenni un argomento vietato in Thailandia, dove la corona è ufficialmente al di sopra della politica e deve essere, costituzionalmente, oggetto di venerazione.
Il partito di opposizione Pheu Thai questa settimana ha acceso la discussione in merito a questo argomento tabù, portando i principali partiti a prendere posizione rapidamente in seguito alla proposta di una revisione parlamentare legata al fatto che la legge di lesa maestà viene usata anche con scopi politici per perseguire gli oppositori, anche se tale accusa è stata negata dal governo conservatore e filomonarchico del primo ministro Prayuth Chan-ocha.
Da quando sono iniziate le proteste studentesche lo scorso anno, almeno 155 persone, tra cui 12 minorenni, sono state accusate di lesa maestà, secondo un conteggio effettuato dal gruppo Thai Lawyers for Human Rights.

Fonte: Reuters
Link: https://www.reuters.com/world/asia-pacific/call-review-thai-royal-insults-law-sparks-rare-debate-2021-11-05/

6 novembre, Myanmar – Investigatore ONU: crimini contro l’umanità perpetrati sotto la giunta del Myanmar

Il capo dell’organismo delle Nazioni Unite che indaga sui crimini più gravi in Myanmar ha affermato che le prove preliminari raccolte da quando i militari hanno preso il potere a febbraio mostrano un attacco diffuso e sistematico contro i civili “equivalente ad un crimine contro l’umanità”.
Nicholas Koumjian ha detto ai giornalisti delle Nazioni Unite che il Meccanismo Investigativo Indipendente per il Myanmar, di cui è a capo, ha ricevuto oltre 200.000 segnalazioni dalla presa di potere dell’esercito e ha raccolto oltre 1,5 milioni di elementi di prova che vengono analizzati “in modo tale che un giorno i maggiori responsabili dei gravi crimini internazionali in Myanmar possano essere chiamati a risponderne”. Nel determinare che i crimini contro i civili sembrano essere diffusi e sistematici, Koumjian ha dichiarato che gli investigatori hanno riscontrato una risposta misurata delle forze di sicurezza alle manifestazioni nelle prime sei settimane circa dopo il golpe militare seguita poi da “un aumento della violenza e dell’uso di metodi molto più violenti per reprimere i manifestanti”, e ciò accadeva contemporaneamente in luoghi diversi, lasciando così logicamente presupporre fosse il risultato di una politica centrale. Sono inoltre stati presi di mira particolari gruppi, specialmente per arresti e detenzioni che sembrano essere avvenuti senza un giusto processo, nei quali sono inclusi ovviamente giornalisti, operatori sanitari e oppositori politici.

L’organismo investigativo delle Nazioni Unite è stato istituito dal Consiglio per i Diritti Umani con sede a Ginevra nel settembre 2018 con il mandato di raccogliere, conservare e analizzare le prove dei più gravi crimini internazionali e delle violazioni del diritto internazionale commessi in Myanmar, al fine di preparare una documentazione che possa facilitare i procedimenti penali presso tribunali nazionali, regionali o internazionali volti a perseguire genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Gli investigatori stanno cooperando con la Corte Penale Internazionale nell’indagine sui crimini commessi contro la minoranza musulmana Rohingya e con la Corte Internazionale di Giustizia nel caso avviato dal Gambia per conto dell’Organizzazione per la cooperazione islamica che accusa il Myanmar di genocidio contro i Rohingya.

Fonte: AP News
Link: https://apnews.com/article/crime-myanmar-united-nations-c8d30050193ccc2affc15c508ee4be3d

7 novembre, Malesia – Il Primo Ministro malese ha scritto al suo corrispettivo singaporiano Lee Hsien Hong per chiedere clemenza nel caso che vede coinvolto un trafficante di droga

Il primo ministro malese Ismail Sabri Yaakob ha scritto al primo ministro di Singapore Lee Hsien Loong per chiedere clemenza nei confronti di un cittadino malese che sarà giustiziato per traffico di droga. Il caso di Nagaenthran K. Dharmalingam, 33 anni, ha attirato l’attenzione internazionale nelle ultime settimane, quando gruppi di attivisti per i diritti umani hanno chiesto di fermare la sua esecuzione, facendo leva sulla sua disabilità intelletiva.
Il primo ministro Ismail ha chiesto al governo singaporiano di esaminare la possibilità di sospendere l’esecuzione di Nagaenthran e ha di nuovo fatto richiesta che gli venga concessa la grazia, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa malese Bernama.
Nagaenthran era stato arrestato dalle autorità di Singapore per il contrabbando di 42,72 g di eroina nell’aprile 2009. Era stato catturato al checkpoint di Woodlands mentre entrava a Singapore dalla Malesia, con il pacchetto contenente la droga legato ad una coscia, e nel novembre 2010 era stato condannato a morte dalla Corte Suprema, secondo quanto stabilito dal Misuse of Drugs Act che prevede la condanna a morte nel caso in cui la quantità di eroina importata sia superiore a 15 grammi.
Il processo di appello per il suo caso è arrivato alla fase finale e la sua richiesta per ottenere la grazia è stata respinta nel giugno 2020, con l’esecuzione della sentenza prevista per il 10 novembre di quest’anno.
Gli avvocati di Nagaenthran sostengono sia affetto da disabilità intellettiva, ma il Ministero degli Affari Interni di Singapore (MHA) ha dichiarato venerdì scorso che la Corte Suprema aveva già preso in esame l’eventualità che l’imputato fosse incapace di intendere e di volere nel momento in cui ha commesso il reato, giungendo alla conclusione, dopo aver consultato esperti in psicologia e psichiatria, che fosse invece consapevole di ciò che stava facendo e confermando così la condanna a morte.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/malaysias-pm-writes-to-singapores-lee-hsien-loong-for-leniency-in-drug-traffickers-case

 

(Featured image source: Flickr World VBank Photo Collection)