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La politica culturale cinese: tutela del patrimonio e valorizzazione dei Musei come strumenti di coesione sociale e diplomazia culturale

– Daniela Caruso-**

1. Storia, formazione e caratteristiche delle politiche culturali

Il periodo che va dal 1949 al 1956, ha rappresentato per la storia della Cina un momento di transizione importante le cui caratteristiche furono la graduale abolizione del sistema voluto dal Kuomintang e l’attuazione di una politica estera bilaterale verso l’Unione Sovietica e i paesi socialisti. Nel 1949, venne istituito il Ministero della Cultura e, pur mantenendo ancora le imprese culturali private sotto la guida del nuovo regime, si cercò di accelerare la transizione verso il socialismo. [1] A partire dal 1956, ne venne implementata la partnership con il settore pubblico per eliminare progressivamente la proprietà privata dalla loro produzione.  Così, dal 1957 fino al 1978, l’ideologia della lotta di classe divenne il contenuto principale delle politiche culturali sulle quali la guerra fredda aveva il suo peso.  In quel momento la politica che gli Stati Uniti utilizzavano nei confronti della Cina e la divisione ideologica tra Pechino e Mosca spinsero il governo ad adottare la lotta di classe come nucleo delle politiche culturali. La “Rivoluzione culturale” (文化大革命, Wénhuà dàgémìng) fu uno storico esempio delle deviazioni dell’estremismo ideologico di questo periodo. Tuttavia, nel dicembre 1978, il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese durante la Terza Sessione Plenaria dell’Undicesimo Comitato Centrale, iniziò a spostare l’attenzione dello Stato dalla lotta di classe alla costruzione economica. Gli anni che vanno dal 1979 al 2000 vedono la preparazione del sistema di mercato ed anche le politiche per la cultura hanno vissuto una seconda transizione. In seguito alle riforme, iniziava a nascere anche un mercato dell’intrattenimento nelle ZES (Zone Economiche Speciali), cioè in quelle aree, soprattutto costiere, che diventavano porti aperti e luoghi di sperimentazione delle nuove politiche economiche. La quantità di popolazione che si spostava dalle campagne alle città poneva nuove problematiche da risolvere e, soprattutto, una domanda di lavoro incessante. In questo quadro, veniva implementato il mercato al dettaglio di giornali e riviste e la creazione di luoghi di intrattenimento e librerie per risolvere le pressioni sociali sull’occupazione. Contemporaneamente, il governo adottava una politica più aperta verso la cinematografia allentando il monopolio statale e permettendo ai singoli di appaltare proiezioni di film nelle zone rurali. Nell’aprile 1985, l’Ufficio Generale del Consiglio di Stato cinese pubblicava il “Rapporto sulle statistiche dell’industria terziaria dell’Ufficio Nazionale di Statistica”, che includeva l’istruzione, la cultura e la radiodiffusione in questa categoria industriale.[2] Fu il primo documento politico che definiva le caratteristiche delle imprese culturali segnando così l’espansione della riforma all’industria della produzione culturale e dei servizi. Nel 1992, quando durante il XIV Congresso Nazionale si decise di attuare la riforma del sistema attraverso l’economia di mercato socialista, il governo introdusse anche quella politica sintetizzata nell’ espressione “la cultura per costruire il palcoscenico e l’economia per cantare l’opera“,(文化搭台经济唱戏, Wénhuà dā tái jīngjì chàngxì ) cominciando così  ad esplorare come spostare il proprio ruolo dal costruire la cultura alla sua gestione.[3]

A partire dal 2001 anno in cui la Cina aderiva al WTO, le riforme e l’innovazione delle politiche culturali venivano indirizzate verso l’obiettivo di promuovere le industrie culturali; da questo momento in poi le politiche culturali non sarebbero state più tenute a soddisfare solo il bisogno economico interno ma anche ad adempiere all’impegno di aprire il mercato culturale interno all’Organizzazione Mondiale del Commercio. L’abolizione e la revisione della politica originaria e la creazione di un sistema coerente con il nuovo status diventavano, in questa fase, forza trainante. Naturalmente si trattava di scelte ancora tutte da costruire e c’erano da risolvere contraddizioni strutturali ed ostacoli istituzionali.[4] Durante il XVI Congresso (ottobre 2002) si propose formalmente “lo sviluppo proattivo delle imprese culturali e delle industrie culturali” aprendo un’era di riforme e di innovazione: questo passaggio indicava chiaramente che Pechino aveva deciso di lasciar evolvere il “sistema unico” (imprese culturali) a un “sistema a doppio binario” (imprese culturali + industrie culturali). [5]

Dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008 che non ha risparmiato il suo impatto sullo sviluppo del paese la promozione della cultura è rientrata ufficialmente nella strategia economica nazionale. Si trattava di una decisione importante e che cambiava la velocità di marcia del settore. Dal 2012, la riforma del sistema culturale ha continuato definendo soprattutto aspetti tecnici e giuridici importanti che sono stati affrontati dalle risoluzioni emanate durante la VI sessione plenaria del XVII Comitato Centrale del Partito.

2. La formulazione ed il funzionamento delle politiche culturali

Dopo l’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio, venivano strutturati una serie di piani e di politiche atti a promuovere un rapido sviluppo delle industrie culturali. Alla fine del 2012, dei 36 documenti di politica dell’industria culturale promulgati dal governo centrale, i piani di sviluppo, la promozione dell’industria, la regolamentazione e le politiche di incentivazione rappresentavano rispettivamente il 26%, 29% e 39%, mentre il restante 6% comprendeva statistiche e classificazioni relative. Da tali documenti emerge che le componenti principali della politica cinese sono stati, in questa fase, essenzialmente di pianificazione e promozione nonché progettate per guidare lo sviluppo rapido e sano del settore. Lo scopo è stato quello di concentrarsi sulla definizione della direzione e degli obiettivi futuri; i contenuti della pianificazione hanno incluso linee guida di base per la direzione dello sviluppo, gli obiettivi, i compiti principali e le misure specifiche. Così, la formulazione dei piani quinquennali per la cultura in linea con quelli nazionali di sviluppo economico e sociale, sono diventati meccanismi importanti che testimoniano la volontà di inserire la cultura tra i principali fattori di progresso del paese. Tali politiche coprono una vasta gamma di questioni, come l’organizzazione di fiere dell’industria culturale, la costruzione di piattaforme commerciali, l’ampliamento del mercato, la costruzione di parchi culturali e creativi, la promozione dello sviluppo interindustriale ed una politica museale molto spinta che sarà trattata in seguito.

La formulazione di tali politiche è naturalmente legata al sistema istituzionale. Il processo decisionale è sotto la guida del Partito Comunista Cinese, dell’Assemblea Nazionale del Popolo e del Consiglio di Stato. I ministeri e le commissioni centrali sono invece responsabili della gestione e del funzionamento delle politiche a livello locale.  Le istituzioni politiche, possono essere divise in tre livelli. In primo luogo, c’è l’orientamento strategico proposto dagli organi dirigenti del Comitato centrale del PCC; in secondo luogo, le macro politiche di sviluppo dell’industria culturale emesse dal Consiglio di Stato. Il terzo livello è costituito dalle politiche promulgate e attuate dai vari ministeri e commissioni sotto il Consiglio di Stato. Dal 2001 al 2012, sul totale delle politiche culturali statali cinesi, il Consiglio di Stato, il Ministero della Cultura, il Comitato Centrale del Partito, il Ministero delle Finanze, l’Amministrazione Statale della Radio, del Cinema e della Televisione e l’Amministrazione Generale della Stampa e della Pubblicazione hanno pubblicato il 70% dei documenti.[6] Il Comitato Centrale è essenzialmente responsabile della progettazione apicale dell’intero sistema e decide la strategia nazionale, il suo sviluppo, la riforme del sistema e così via. I documenti che produce rappresentano quindi la base sulla quale lavora l’amministrazione del settore. Il Dipartimento Centrale di Propaganda guida lo sviluppo delle imprese culturali e delle industrie culturali, mentre l’Assemblea Nazionale del Popolo, che è il più alto organo legislativo, è responsabile della formulazione e della promulgazione delle leggi nonché della revisione delle convenzioni internazionali. Il Consiglio di Stato invece è l’organo apicale dell’amministrazione statale; è responsabile dell’emanazione dei regolamenti e delle norme amministrative, della formulazione e dell’attuazione delle politiche culturali formulate dal partito e dall’ Assemblea, della promozione dello sviluppo culturale e dell’organizzazione degli scambi internazionali e della cooperazione. La formulazione della politica culturale centrale coinvolge vari ministeri tra cui il Ministero della Cultura, massima istituzione del settore [7] e, fino al 2018 l’Amministrazione statale della stampa, delle pubblicazioni, della radio, del cinema e della televisione della Repubblica (SARFT, State Administration of Radio, Film and Television). Quale filiale del Consiglio di Stato aveva la funzione di amministrare le notizie, l’editoria, la radiodiffusione, il cinema e la televisione. Tuttavia, con la riforma del Consiglio di Stato del 2018, le sue funzioni sono state assegnate al nuovo Ufficio Nazionale della Radio e della Televisione direttamente controllata dal Consiglio di Stato. La CCTV (China International Television), la Central People’s Broadcasting Station e la China International Broadcasting Station sono state integrate nella Central Radio and TV Station, che, come istituzione del Consiglio di Stato, è sotto la guida del Dipartimento Centrale della Propaganda. Allo stesso tempo, il Ministero della Cultura e l’Amministrazione Nazionale del Turismo sono stati integrati nel Ministero della Cultura e del Turismo.  Le politiche culturali promulgate dal governo centrale vengono attuate dai governi locali che a livello di prefettura, città e contea hanno alcuni poteri legislativi. Alle amministrazioni territoriali è riconosciuta l’autorità di gestione sulle imprese e lo sviluppo dell’industria locale con l’impegno di formulare politiche basate sugli interessi e sullo sviluppo territoriale; quasi tutte le amministrazioni, ad esempio, hanno implementato la protezione del patrimonio culturale immateriale locale. La struttura gerarchica della formazione della politica culturale cinese è mostrata nella figura che segue:

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Attualmente, la Cina ha un sistema di politica di pianificazione relativamente completi e ramificati di cui il piano nazionale generale rappresenta la base mentre i ministeri centrali, i governi locali ne costituiscono il corpo principale. Tale sistema ha svolto un importante ruolo di orientamento e di leva nello sviluppo dell’industria culturale. Secondo i dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica della Repubblica Popolare Cinese, dal 2011 al 2015, la cultura e le industrie correlate sono cresciute rapidamente, con un tasso medio di crescita annuale superiore al 14%. Dal 2013, il Ministero delle Finanze e il Ministero della Cultura hanno iniziato ad attuare il programma di sostegno. Nel 2013, i fondi di sovvenzione per 92 progetti dell’industria culturale erano 460 milioni di RMB, e i prestiti bancari erano 77 miliardi. Nel 2014, 670 milioni di prestiti finanziari sono stati scontati e ne sono stati previsti altri 800. Nel 2015, il valore aggiunto dell’industria cinese dei servizi culturali aveva già raggiunto 13,64 miliardi di RMB con un aumento del 14,1% rispetto all’anno precedente rappresentando il 50,1% del valore aggiunto[8]. La tabella che segue mostra una sintesi della strutturazione delle politiche culturali in base ai piani quinquennali partendo dal 2001, anno in cui, come si è visto, con l’ingresso della Cina nel all’Organizzazione Mondiale del Commercio tutto è cambiato.

Al XIV Piano Quinquennale che è quello in corso e si concluderà nel 2025, è invece dedicata un’analisi specifica.

ANNO PIANO QUINQUENNALE PIANIFICAZIONE

MINISTERIALE

PIANIFICAZIONE LOCALE
2001 X Piano Quinquennale
Piano quinquennale per lo sviluppo di Imprese culturali, Piano quinquennale per lo sviluppo delle industrie culturali
 

 

 

 

Le 31 province, le regioni autonome e i comuni hanno tutti i propri piani di sviluppo per l’industria culturale. Hong Kong, Macao e Taiwan compresi

2006 XI Piano Quinquennale Piano quinquennale per la costruzione di politiche culturali
2012 XII Piano Quinquennale Piano di sviluppo per la Industria della stampa e dell’editoria”, “Piano quinquennale per la costruzione del sistema di servizio pubblico per la stampa e l’editoria” “Piani multipli per l’Industria Culturale nel XII quinquennio” e “Schema del Piano di Riforma e Sviluppo Culturale per il XII quinquennio
2016 XIII Piano Quinquennale Tredicesimo Piano quinquennale per la riforma e lo sviluppo della Cultura”

 

 

3. Il XIV Piano Quinquennale

Nel marzo del 2021è stato pubblicato il XIV Piano Quinquennale che stabilisce gli obiettivi di sviluppo, i compiti e le misure principali per il periodo 2021-2025.[9] Il piano fissa gli obiettivi principali dello sviluppo culturale e del mercato turistico, tra cui anche il miglioramento della  protezione dei beni culturali e l’implementazione di un sistema di accoglienza efficiente. Secondo Yan Xiaodong, alto funzionario del ministero “Verranno fatti sforzi per fornire servizi culturali pubblici di qualità superiore ed efficienti e una maggiore accessibilità e sostenibilità nei prossimi cinque anni“.[10] Il ministero continuerà ad aggiornare la struttura dell’industria culturale e a promuovere l’impiego di nuove tecnologie e la digitalizzazione. Approfondirà anche la cooperazione culturale internazionale e rafforzerà la cooperazione con i paesi lungo la Via della Seta. Il piano sottolinea anche l’importanza della rete e della tecnologia, la promozione della gestione intelligente delle attrazioni e l’innovazione dei servizi pubblici legati al turismo. La proposta può considerarsi unica tra tutti i documenti emanati in materia poiché include anche obiettivi economici per il 2035. Al paragrafo IX che ha per titolo “Sviluppare fiorenti imprese e industrie culturali e aumentare il Soft Power culturale della nazione” vengono delineati i principali settori della cultura in cui Pechino ha deciso di investire orientando le sue politiche: “Dobbiamo aderire alla posizione guida del marxismo …, avere una solida fiducia nella nostra cultura, aderire alla costruzione culturale guidata dai valori fondamentali socialisti e rafforzare la costruzione di civiltà spirituale socialista. Dobbiamo concentrarci sulla missione di alzare le nostre bandiere, raccogliere il sostegno pubblico, promuovere le nuove generazioni con solidi valori etici, rivitalizzare la cultura cinese e presentandone un’immagine positiva. Dobbiamo anche promuovere la soddisfazione dei bisogni culturali delle persone e promuovere la costruzione della Cina come potenza culturale”. “Rafforzeremo la costruzione della cyber-civiltà e svilupperemo una cultura online positiva e sana.  Bisogna inoltre innalzare il livello dei servizi culturali pubblici; svilupperemo fiorenti attività di informazione ed editoria, radio e TV, arte e cultura, filosofia e scienze sociali; realizzeremo progetti per elevare la qualità delle opere letterarie e artistiche, rafforzare le produzioni creative con temi realistici, pubblicare costantemente opere letterarie e artistiche di alta qualità che riflettano la nuova atmosfera dell’epoca e celebrino la nuova creatività della gente… (è necessario) promuovere la costruzione integrata di sistemi di servizi culturali pubblici rurali-urbani, implementare progetti innovativi a beneficio culturale delle persone, svolgere ampiamente attività culturali di massa e promuovere gli sforzi verso la digitalizzazione della cultura pubblica”. E ancora, si legge nel piano: “rafforzare la conservazione, lo studio e l’uso dei reperti, rafforzare la conservazione sistematica del nostro importante patrimonio culturale e naturale e del nostro patrimonio culturale immateriale; rafforzare la conservazione e la trasmissione dell’artigianato tradizionale e costruire musei culturali nazionali per la Grande Muraglia, il Canal Grande, la Lunga Marcia, il Fiume Giallo e altri. Realizzeremo campagne nazionali per il benessere fisico e mentale con lo scopo di migliorare la salute di tutti e ci impegneremo per organizzare con successo le Olimpiadi invernali di Pechino e i Giochi paraolimpici invernali. Bisogna anche migliorare il moderno sistema delle industrie culturali. Si deve insistere nel coniugare benefici sociali ed economici, approfondire la riforma delle istituzioni culturali, rafforzare la costruzione del sistema del mercato culturale e ampliare l’offerta che deve essere eccellente. Bisogna attuare le strategie di digitalizzazione, regolamentare lo sviluppo dei parchi dell’industria culturale e promuovere la costruzione di cinture regionali dell’industria culturale; incoraggiare lo sviluppo integrato della cultura e del turismo, istituire una serie di attrazioni turistiche di livello mondiale, creare cluster del turismo e del tempo libero e quartieri dalle caratteristiche culturali peculiari.[11] Appare evidente che l’impegno è massimo, soprattutto va notata la consapevolezza che Pechino debba sistemare alcune questioni; innanzitutto c’è il problema della tutela del patrimonio spesso messo in pericolo dallo sviluppo impetuoso ed irrazionale dei flussi turistici. Poi, vanno osservate la necessità di conservare usi e tradizioni millenarie che, soprattutto in alcune zone, sono a rischio di estinzione, nonché l’attenzione verso le aree rurali spesso rimaste indietro nella corsa allo sviluppo. In ultimo (non per importanza) Pechino deve trovare il modo di gestire la digitalizzazione ed i canali di visibilità ed implementazione offerti dalla rete non allentando il controllo e la censura dei contenuti. Così, sul piano interno, tenere le briglie di un paese grande, popoloso e complesso e, sul piano internazionale, costruire una potenza culturale mondiale, sono tra le molte sfide che la leadership dovrà affrontare nei prossimi anni. E’ complicato fare previsioni, ma è pur vero che il governo possiede un sistema di pianificazione relativamente stabile e che svolge un ruolo di orientamento importante. Naturalmente le chiusure conseguenti la pandemia di COVID 19, nonché la postura internazionale irrigidita dai continui attacchi esterni su alcune questioni di politica interna, hanno rallentato il processo programmatico soprattutto per ciò che riguarda lo sviluppo dell’incoming turistico da altri paesi. Tuttavia gli investimenti e la spinta sul piano interno restano e la Cina può comunque contare sulla mobilità interna tra una chiusura e l’altra.  C’è da osservare se ci sarà un ridimensionamento degli obbiettivi e degli investimenti, ma sembra poco probabile.

4. Lo Sviluppo del mercato culturale

Dopo l’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio, è stato gradualmente aperto l’accesso al mercato dell’industria culturale e con una serie di provvedimenti è stato chiarito che il capitale privato poteva entrare in aree rilevanti dell’industria culturale.[12]

Le imprese private sono quindi cresciute rapidamente, per esempio, Wanda Group nel campo della distribuzione cinematografica, Huayi Brothers Film Company in quello della produzione cinematografica, Shengda Network nel campo per i giochi online, Hangzhou Songcheng Group nel campo dei parchi a tema; l’apertura ordinata dei mercati e l’espansione dei canali di finanziamento promuovono e sostengono anche questo tipo di industria.  Nel 2010, la People’s Bank of China, il Ministero delle Finanze, il Ministero della Cultura, il SARFT, la Commissione di Regolamentazione Bancaria, la Commissione di regolamentazione delle assicurazioni e altri dipartimenti emettevano congiuntamente le “Opinioni guida sulla rivitalizzazione, lo sviluppo e la prosperità dell’industria culturale e di sostegno finanziario”, con lo scopo di soddisfare le esigenze dello sviluppo delle industrie culturali e l’apertura ai capitali. Si trattava del primo piano politico macro finanziario emesso da diversi ministeri; attraverso di esso il Ministero delle Finanze formulava le “Misure provvisorie per l’amministrazione dei fondi speciali per lo sviluppo delle industrie culturali” (2010), che stabiliva chiaramente quale fosse il ruolo dei governi centrali e locali nell’uso e nella gestione dei fondi speciali per lo sviluppo delle industrie culturali. Allo stesso tempo, Pechino ha incoraggiato le imprese culturali private autorizzandole a raccogliere fondi sia in patria e all’estero. Secondo l’analisi comparativa delle imprese nella Cina continentale, a Hong Kong e negli Stati Uniti, già nel 2013 il numero totale di imprese quotate nei tre luoghi era del 64% di cui il 62% era costituito da imprese culturali quotate a livello nazionale, il 22% provenivano dagli Stati Uniti e il 16% da Hong Kong, dando così vita ad un modello tripartito del mercato.  Nel 2014 il Consiglio di Stato il Comitato Centrale, il Ministero della Cultura, il Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione e il Ministero delle Finanze hanno emesso congiuntamente le “Opinioni di attuazione sul sostegno allo sviluppo delle piccole e micro imprese culturali”. Questo documento mirava a sostenere lo sviluppo delle piccole imprese e la costruzione di servizi culturali non privati, incoraggiando le micro imprese culturali a partecipare agli appalti pubblici. Le politiche di sostegno a questo tipo di imprese includono la promozione della costruzione di vettori imprenditoriali nonché il miglioramento e l’implementazione del sostegno fiscale e tributario.  Oltre all’adozione di politiche liberali a livello economico, il governo cinese attribuisce grande importanza al rafforzamento dell’identità: questa tendenza è stata enfatizzata durante il XIX Congresso che ha sottolineato come la civiltà tradizionale cinese debba essere un prerequisito per la promozione della trasformazione creativa della cultura. Non sono state nemmeno dimenticate le ricadute della cultura sul piano della coesione sociale e dell’identità nazionale. La citata riforma istituzionale del Consiglio di Stato del 2018 spiega indirettamente l’importanza che si attribuisce alla gestione degli affari culturali: tra i cambiamenti, la responsabilità della gestione della stampa, delle pubblicazioni e dei film è stata affidata al Dipartimento Centrale della Propaganda e su questa base le agenzie e le organizzazioni del governo hanno anche rafforzato la revisione e la supervisione sulla produzione culturale.

La tecnologia è diventata un supporto fondamentale per lo sviluppo dell’industria culturale. Nel 2012, il Ministero della Scienza e della Tecnologia, il Ministero della Cultura, il GARFT e altri 12 dipartimenti hanno formulato congiuntamente lo “Schema del programma nazionale di innovazione culturale e tecnologica” che ha pianificato l’integrazione di cultura e tecnologia. Sulle sue basi, nel 2016, il Consiglio di Stato ha poi emesso un “Piano di sviluppo per l’industria emergente strategica nazionale durante il XII periodo quinquennale”. Questo piano mirava a promuovere lo sviluppo dell’industria creativa attraverso la tecnologia digitale più avanzata nonché l’uso dei nuovi media.  Partendo dall’ assunto che il consumo a lungo termine rappresenta un fattore decisivo di sviluppo nel 2015, il Ministero della Cultura e il Ministero delle Finanze attuavano il “Progetto pilota per la promozione del consumo culturale dei residenti urbani e rurali”. C’è da notare che l’investimento pubblico è ancora la fonte principale ed il suo ammontare indica l’importanza che il governo attribuisce agli effetti sociali della cultura. I finanziamenti attuali includono agevolazioni fiscali, sussidi e cofinanziamento.

5. Per un approccio integrato tra sviluppo economico e conservazione del patrimonio

Come risultato di uno sviluppo regionale squilibrato, dell’industrializzazione rapida e dell’urbanizzazione veloce, il paese sta affrontando alcune sfide socioeconomiche e ambientali di dimensioni senza precedenti. Anche se attualmente ha 55 siti UNESCO ex equo con l’Italia nonché 42 patrimoni intangibili, (prima in Asia), la Cina ha perso circa il 70 per cento delle sue città storiche e circa 50.000 tra rovine, templi e altri siti culturali. Con il rapido sviluppo dell’industria e del turismo e sotto l’influenza delle attività umane l’inquinamento atmosferico e lo sviluppo eccessivo sono diventati i potenziali pericoli per la sicurezza del patrimonio culturale. Ad esempio, il numero annuale dei visitatori delle grotte di Mogao a Dunhuang ha avuto un grande impatto ambientale e il loro stato di conservazione era peggiorato a causa dell’urto con la modernizzazione e urbanizzazione.[13] Nonostante gli sforzi del governo per preservare la ricca eredità culturale della nazione, l’interesse locale nell’implementazione del patrimonio culturale è limitato; fino a quindici anni fa gli veniva assegnato un ruolo così marginale che la sua conservazione poteva essere facilmente compromessa se si frapponeva al percorso “naturale” dello sviluppo verso una Cina moderna e prevalentemente urbana. La velocità della crescita e la mancanza di competenze adeguate per la implementazione del patrimonio culturale hanno condotto ad una serie disastri con conseguenze serie. Per esempio, l’urbanizzazione ad alta densità e l’aumento del valore della terra hanno spinto sulla demolizione di parti storiche delle città e dei villaggi tradizionali nelle zone rurali; i siti erano in continuo pericolo di distruzione e di degrado a causa della mancanza di risorse umane e finanziarie per la loro protezione. A volte, gli interventi destinati a preservare il patrimonio culturale o anche per dare vita a modelli di sostenibilità sono falliti miseramente. Un esempio di sviluppo pianificato andato però fuori strada può essere trovato nella città di Kashgar (Xinjiang), con duemila anni di storia conservati nell’architettura e nei costumi locali. Qui, il patrimonio culturale non è stato messo a rischio solo dai cambiamenti ambientali ma anche per i provvedimenti del governo centrale: nel 2010 la città è stata designata come zona economica speciale e vi sono stati investiti milioni per trasformare la vecchia Kashgar, una volta il più importante centro commerciale lungo antica Via della Seta, in un nuovo centro regionale. Contemporaneamente, fino all’85% della città antica è stata demolita e circa cinquantamila persone trasferite.  Così, nel tentativo di aumentare i flussi finanziari verso le aree minoritarie che sono concentrate nella Cina centrale e occidentale rimaste per molti anni ai margini dello sviluppo, sono stati fatti danni irreparabili.[14] Un altro esempio ben noto di perdita di autenticità è la riqualificazione de quartiere Xintiandi nel centro di Shanghai, dove i residenti locali sono stati sfollati, la maggior parte degli edifici originali demoliti e solo un numero limitato di facciate originali conservate; la maggior parte degli edifici del quartiere sono stati ricostruiti ricopiando l’architettura tradizionale e ospitano costose boutique, ristoranti e caffè.  C’è da dire però che con il tempo è stato elaborato un concetto nuovo di valorizzazione e sono progressivamente maturate proposte e politiche atte a riparare i danni.[15]

Naturalmente, vanno valutate le variabili culturali che condizionano l’approccio alla considerazione e alla gestione del bene tradizionale.  Nel pensiero cinese tradizionale l’idea di trasformazione e quindi di nascita, crescita e fine sono fondamentali. Se tutto è soggetto ad un cambiamento naturale e ad un irrefrenabile declino va da sé che ciò che è antico al massimo va sistemato piuttosto che valorizzato e protetto; sarebbe infatti del tutto innaturale immortalare quello che per natura è destinato all’ estinzione.  Questa idea è uno dei motivi per cui i concetti di protezione e valorizzazione hanno fatto fatica a maturare almeno fino a quando l’immagine di rinnovamento della nazione e una nuova postura internazionale sono spuntate dai documenti e dai discorsi politici. L’attuale leadership riconosce questa condizione e considera la conservazione del patrimonio culturale e i cinque principi dello sviluppo economico (globalizzazione, localizzazione, diversità, sostenibilità e responsabilità) del tutto compatibili, rendendo così la salvaguardia una priorità nazionale.  Un’area di particolare interesse in questo contesto è l’industria del turismo, pilastro strategico dell’economia nazionale; la partnership tra la Cina e la Banca Mondiale[16] è stata importante  per costruire legami più forti tra la conservazione e lo sviluppo economico locale, creare lavoro, proporre formazione professionale e, contribuendo all’autosufficienza dell’economia locale, sostituire i beni importati con quelli prodotti localmente. L’identificazione e la valorizzazione del carattere locale possono aiutare le comunità a differenziarsi dalle altre, fornendo loro un vantaggio competitivo. Tuttavia bisogna sempre tener conto che il rapido aumento del numero di turisti può avere un impatto negativo sulla conservazione se la capacità recezione viene superata.[17] Un esempio ne è l’isola di Chongming a nord di Shanghai: l’isola alluvionale più grande del mondo nonché tappa di notevoli specie di uccelli migratori sarà trasformata in una eco-città; annunciata per il 2010, la città sostenibile di Dongtan non sarà pronta fino al 2050. Si tratta di una vera e propria eco-city il cui progetto però sembra aver trascurato gli aspetti politici, economici e sociali locali concentrandosi principalmente sulla sostenibilità ambientale.[18] L’ecoturismo doveva giocare un ruolo importante in questa trasformazione, ma quando la municipalità di Shanghai ha approvato la costruzione di un ponte-tunnel verso l’isola per migliorare l’accessibilità del flusso turistico, l’isola è stata sommersa dai visitatori in pochissimo tempo e le aree protette sono state trasformate in parcheggi e zone di intrattenimento quasi da un giorno all’altro. Gli agricoltori locali sono stati costretti a ridimensionare le loro attività e gli habitat della fauna selvatica affrontano la continua minaccia di estinzione; Dongtan ha così finito per essere stata pubblicamente denunciata come una eco-città ”contraffatta”[19] mentre la Banca Mondiale ha raccomandato fortemente di evitare in futuro gli stessi errori.[20] Intanto il megaprogetto si è bloccato nel settembre 2006 dopo che i funzionari chiave sono stati arrestati per corruzione e sembra che non sarà concluso prima del 2050.

I modelli di conservazione del patrimonio culturale stabiliti a livello internazionale possono essere fuori scala in termini di infrastrutture, risorse e gestione se vengono applicati nel contesto dei paesi in via di sviluppo. I problemi sorgono quando un élite internazionale (o istruita internazionalmente) è autorizzata a prendere decisioni basate su valori che non sono necessariamente allineati con quelli delle comunità sulle quali si va a lavorare. Il patrimonio culturale è spesso danneggiato proprio a causa dell’imposizione di stili associati con le nozioni di sviluppo globale piuttosto che locale; rimanere in contatto con le condizioni e le priorità originarie è quindi imperativo. Un esempio di sviluppo culturalmente sensibile si trova nella proposta del Heyuan Wanlu Lake Xiangshui International Eco-Tourism Resort, nella provincia del Guandong[21] che ha facilitato la trasformazione culturale e sociale da villaggio agricolo Hakka[22] a resort turistico di lusso. Rimanendo aperto al pubblico e in convivenza con la popolazione del villaggio, il cuore del resort raccoglie e rende accessibili momenti di vita quotidiana tradizionale. In una zona rurale remota con il turismo come principale prospettiva economica e con un patrimonio culturale famoso ma senza strutture architettoniche originali rimaste, l’obiettivo principale di questo progetto era conferire al nuovo un senso di specificità locale attraverso trasformazione estetica, radici culturali e condivisione. Ciò che le storie di successo della conservazione del patrimonio culturale in Cina e altrove sembrano avere in comune il fatto che sono radicati in una profonda comprensione delle specificità locali tenendo in forte considerazione le caratteristiche e i bisogni a lungo termine dei residenti locali e il modo in cui abitano il loro ambiente. Al fine di assicurare l’esito positivo dei programmi i decisori politici dovrebbero costruire legami con le organizzazioni non governative potenzialmente esistenti, coinvolgere e utilizzare la competenza di esperti provenienti da vari contesti disciplinari favorendo schemi che si basino su un’attenta analisi, interventi minimi e cambiamenti graduali. La pietra miliare per la conservazione integrata del patrimonio nel suo habitat è stata la “Dichiarazione di Xi’an”, emanata durante la XV Assemblea Generale dell’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites) nell’ottobre 2005. [23][24] Un altro provvedimento importante è stato il cambiamento di rotta verso la politica per grandi siti archeologici che, dal 2005, ha iniziato a coprire la conservazione regionale, con obiettivi più ampi per “migliorare lo stile di vita e la qualità della vita della gente“, e “cercare uno sviluppo armonioso e sostenibile attraverso il beneficio sociale, regionale e ambientale“.[25]

Con l’espansione del concetto di patrimonio culturale le sfide per la sua protezione si sono moltiplicate. In particolare, la visione è maturata verso l’idea di “equilibrio globale” ed il passaggio dall’ idea di “monumento storico” a quella di “significato culturale” è stata importante.  I metodi tradizionali di protezione includono l’emanazione di leggi e regolamenti, l’istituzione di programmi di protezione e il rafforzamento degli strumenti pedagogici.  Dalla fine degli anni ’90, la tecnologia dell’informazione è stata ampiamente utilizzata e la digitalizzazione di reperti, libri antichi ed archivi è divenuta il fulcro della protezione. Alcune culture che stanno scomparendo possono continuare a vivere grazie alla tecnologia digitale che fornisce un supporto tecnico; ad esempio, il progetto “Digital Dunhuang” ha ridotto l’impatto fisico del flusso turistico   alle grotte di Mogao.[26] Oppure si è intervenuti per ricostruire alcuni elementi andati perduti, così come è accaduto per la ricostruzione virtuale del Vecchio Palazzo d’Estate. La digitalizzazione trasforma, riproduce e restaura in forme condivisibili e riproducibili così che possa essere interpretata in una nuova prospettiva, conservata ed utilizzata per nuove esigenze.[27] Ad esempio, attraverso la creazione di un database strutturato, modulare e standardizzato di informazioni sul patrimonio culturale, il rilascio su siti web, micro-blog, WeChat e altre piattaforme di comunicazione, l’ampiezza e l’efficienza della diffusione delle informazioni sono state migliorate e, di conseguenza, anche la difficoltà di accesso da parte del pubblico è stata ridotta.

Nelle tabelle che seguono è elencato il patrimonio culturale cinese secondo la classificazione UNESCO del 2003, che lo divide in tre tipologie: materiale, naturale, misto e immateriale.

PATRIMONIO CULTURALE DELLA R.P.C.
Materiale (38)
1. Antico complesso edilizio nelle montagne Wudang (1994)
2. Antica città di Ping Yao  (1997)
3. Antichi villaggi nell’Anhui meridionale – Xidi e Hongcun (2000)
4. Rovine archeologiche della città di Liangzhu (2019)
5. Capitali e tombe dell’antico regno Koguryo (2004)
6. Giardini classici di Suzhou (1997,2000)
7. Paesaggio culturale delle terrazze di riso Honghe Hani (2013)
8. Sculture rupestri di Dazu (1999)
9. Fujian Tulou (2008)
10. Centro storico di Macao (2005)
11. Ensemble storico del Palazzo Potala, Lhasa (1994, 2000, 2001)
12. Monumenti storici di Dengfeng in “Il centro del cielo e della terra” (2010)
13. Palazzi imperiali delle dinastie Ming e Qing a Pechino e Shenyang (1987, 2004)
14. Tombe imperiali delle dinastie Ming e Qing (2000, 2003, 2004)
15. Kaiping Diaolou e villaggi (2007)
16. Kulangsu, un insediamento internazionale storico (2017)
17. Grotte di Longmen (2000)
18. Parco Nazionale Lushan (1996)
19. Mausoleo del primo imperatore Qin (1987)
20. Grotte di Mogao (1987)
21. Il monte Qingcheng e il sistema di irrigazione Dujiangyan (2000)
22. Monte Wutai (2009)
23. Stazione di montagna e i suoi templi periferici, Chengde (1994)
24 Città vecchia di Lijiang (1997)
25 Sito dell’Uomo di Pechino a Zhoukoudian (1987)
26. Quanzhou: Emporio del mondo nella Cina di Song-Yuan (2021)
27. Vie della seta: la rete di rotte del corridoio Chang’an-Tianshan (2014)
28. Sito di Xanadu (2012)
29. Palazzo d’Estate, un giardino imperiale a Pechino (1998)
30. Tempio e cimitero di Confucio e il palazzo della famiglia Kong a Qufu (1994)
31. Tempio del cielo: un altare sacrificale imperiale a Pechino (1998)
32. Il Grande Canale (2014)
33. La grande muraglia (1987)
34. Siti Tusi (2015)
35. Lago occidentale paesaggio di Hangzhou (2011)
36. Yin Xu (2006)
37. Grotte di Yungang (2001)
38. Zuojiang Huashan Rock Art Cultural Landscape (2016)
Naturale (14)
1. Sito fossile di Chengjiang (2012)
2. Danxia (2010)
3. Fanjingshan (2018)
4. Area di interesse paesaggistico e storico di Huanglong (1992)
5. Hubei Shennongjia (2016)
6. Area di interesse storico e paesaggistico della Valle di Jiuzhaigou (1992)
7. Sito degli uccelli migratori lungo la costa del Mar Giallo-Golfo Bohai della Cina (Fase I) (2019)
8. Parco Nazionale del Monte Sanqingshan (2008)
9. Qinghai Hoh Xil (2017)
10. Centro del panda gigante del Sichuan – Wolong, Monte Siguniang e Monti Jiajin (2006)
11. Carso della Cina meridionale (2007,2014)
12. Tre fiumi paralleli delle aree protette dello Yunnan (2003)
13. Area di interesse storico e paesaggistico di Wulingyuan (1992)
14. Xinjiang Tianshan (2013)
  Misto (4)
1. Area panoramica del Monte Emei, inclusa l’area panoramica del Buddha Gigante di Leshan (1996)
2. Monte Huangshan       (1990)
3. Monte Taishan (1987)
4. Monte Wuyi (1999)

 

Elenco del patrimonio culturale immateriale
1. Opera Kun Qu
2. Guqin e la sua musica
3. Muqam uiguro dello Xinjiang
4. Urtiin Duu, canzone popolare tradizionale lunga
5. Ballate  del gruppo etnico Dong
6. Ensemble di fiati e percussioni di Xi’an
7. Sericoltura e artigianato in seta
8. Nanyin
9. Artigianato del broccato di  Nanjing
10. Artigianato tradizionale della fabbricazione della carta Xuan
11. Opera di Yueju
12. Tradizione epica Gesar
13. Cottura  tradizionale del celadon di  Longquan
14. Arti Regong
15. Opera tibetana
16. Manas
17. Arte mongola del canto, Khoomei
18. Hua’er
19. Danze dei contadini di etnia coreana
20. Calligrafia cinese
21. Arte dell’incisione dei sigilli
22. Intaglio della carta
23. Artigianato delle strutture architettoniche in legno
24. Festa della barca del drago
25. Costumi  Mazu
26. Tecnica di stampa ad incisione
27. Tecniche tessili tradizionali Li: filatura, tintura, tessitura e ricamo
28. Disegno e pratiche tradizionali per la costruzione di ponti ad arco in legno cinesi
29. Festa del Nuovo Anno Qiang
30. Meshrep
31. Tecniche di costruzione delle giunche
32. Stampa a caratteri mobili in legno
33. Opera di Pechino
34. Agopuntura e moxibustione, Medicina Tradizionale Cinese
35. Ombre cinesi
36. Narrazione Hezhen Yimakan
37. Taijiquan
38. Cerimonia Ong Chun/Wangchuan/Wangkang, rituali e pratiche correlate per mantenere la connessione sostenibile tra l’uomo e l’oceano
39. Strategie per la conservazione e la formazione dell’arte burattinaia del Fujian

 

40. Conoscenze astronomiche e pratiche di osservazione dei movimenti annuali del sole
41. Zhusuan cinese, conoscenza e pratiche di calcolo matematico attraverso l’abaco
42. Il bagno medicinale Lum di Sowa Rigpa, conoscenze e pratiche per la salute la prevenzione e la cura della popolazione di origine tibetana

FONTE UNESCO 2021. https://whc.unesco.org/en/statesparties/cn

Si tratta di uno dei paesi con le categorie più complete di patrimonio culturale nonché con il maggior numero di siti doppi (DH, Dual Heritage) del mondo. Dalla cartina si può evincere la collocazione geografica del patrimonio; quello materiale (MCH, Material Cultural Heritage) si trova principalmente nelle regioni orientali e centrali e la sua presenza diminuisce gradualmente da est a ovest; distribuito principalmente a Pechino, Hebei, Henan, Shanxi e altre province, aumenta gradualmente da sud a nord. La Cina possiede anche il più alto numero di siti naturali (NH, Natural Heritage) riconosciuti come patrimonio mondiale che si trovano principalmente nelle regioni centro-occidentali e meridionali; mentre i doppi sono i meno numerosi distribuiti soprattutto nell’ area orientale.

mappa-cina

Fonte: Zhejiang Gongshang University: http://orcp.hustoj.com/collections/world-heritage-list china/https://whc.unesco.org/en/statesparties/cn

Il governo ha giocato un ruolo di primo piano nella protezione. Di seguito sono stati sintetizzati tutti i principali provvedimenti legislativi a tutela del patrimonio culturale emanati a partire dal 1961. Successivamente, aderendo alle convenzioni internazionali sono state formulate nuove leggi ed il concetto di tutela si è esteso dai reperti ai siti storici, considerando anche il loro rapporto con l’ambiente circostante. Nel frattempo, sulla base delle caratteristiche geografiche Pechino ha adottato strategie efficaci anche per i patrimoni immateriali locali in modo da crearne archivi e banche dati. Gli oggetti di protezione del patrimonio nel corso degli anni sono stati ampliati estendendosi ai villaggi antichi, patrimoni industriali, percorsi culturali ed altre tipologie di manifestazione della cultura tradizionale.

DOCUMENTI ANNI TEMI CATEGORIE LINGUA
Legge della Repubblica Popolare Cinese sulla protezione delle reliquie culturali 1982 -Autorizzazione, permessi e licenze

– Commercio

– Licenza di scavo

– Esportazione

– Importazione

– Inventario, registro

– Manutenzione

– Area protetta o bene

– Sanzioni

– Trasferimento di proprietà

 

– Patrimonio culturale immobile

– Beni culturali mobili

– Patrimonio culturale subacqueo

 

CINESE
Legge della Repubblica Popolare Cinese sulla protezione delle reliquie culturali 2002 -Autorizzazioni, permessi, licenze

– Commercio

– Licenza di scavo

– Esportazione

– Importazione

– Inventario, registro

– Manutenzione

– Promozione e sviluppo

– Area protetta o bene

–  Sanzioni

– Trasferimento di proprietà

 

– Patrimonio culturale immobile

– Beni culturali mobili

– Patrimonio culturale subacqueo

 

CINESE
Legge sulla conservazione dei reperti  (modificata nel 1935) 1935 – Area protetta o bene

 

– Beni culturali mobili INGLESE
Legge del 1961

 

1961 – Beni culturali mobili CINESE
Regolamenti che disciplianano  la conservazione di località panoramiche, resti antichi e reliquie 1928 – Area protetta o bene – Beni culturali mobili e immobili INGLESE
Norme che regolano gli scavi archeologici 1935 -Autorizzazione, permessi, licenza

– Licenza di scavo

 

– Beni culturali mobili INGLESE
Regole relative alla partecipazione di organizzazioni accademiche straniere o di privati agli scavi 1935 -Autorizzazione, permessi, licenza

– Licenza di scavo

 

– Beni culturali mobili

– Beni culturali immobili

 

INGLESE
Norme amministrative per l’esame e l’approvazione dell’entrata e dell’uscita dal paese dei reperti 2007 -Autorizzazione, permessi, licenza

– Esportazione

– Traffico illecito

– Importazione

– Area protetta o bene

– Patrimonio e bene culturale mobile CINESE
Certificazione di copia di beni e reperti – Beni culturali mobili CINESE
Permesso di uscita dei beni culturali della Repubblica Popolare Cinese – Licenza di ricerca ed esportazione – Beni culturali mobili CINESE
Domanda per l’esame e la verifica dei beni culturali -Autorizzazione, permessi, licenza

– Esportazione

– Beni culturali mobili CINESE
Legge della Repubblica Popolare Cinese sulla protezione delle reliquie culturali (modificata nel 2002 e nel 2007) 2007 – Area protetta o bene – Patrimonio culturale immobile

– Beni culturali mobili

CINESE
Regolamento della Repubblica Popolare Cinese sull’amministrazione della protezione del patrimonio culturale subacqueo 1989 – Patrimonio culturale subacqueo CINESE
Regolamento per l’attuazione della legge della Repubblica Popolare Cinese sulla protezione delle reliquie culturali 2003 – Beni culturali mobili e immobili CINESE
Registro dei beni di cui è vietata l’uscita dal paese -Autorizzazione, permessi, licenze

– Esportazione

-Beni culturali mobili CINESE
Registrazione a verifica dei beni culturali di uscita temporanea – Autorizzazione, permessi, licenza – Beni culturali mobili CINESE
Regolamento sulla protezione delle località storiche e ad alto valore culturalei 2008 – Aree e beni  protetti – Patrimonio culturale immobile

 

CINESE
Regolamento per la  protezione della Grande Muraglia 2006 – Area protetta o bene – Patrimonio culturale immobile CINESE

FONTE: UNESCO, https://whc.unesco.org/pg_friendly_print.cfm?cid=246&id=cn&laws=1&

Il 21 giugno del 2021 sono stati introdotti nuovi regolamenti per la gestione degli oggetti conservati nei musei statali allo scopo di garantirne la legittimità della provenienza. Secondo l’Amministrazione Nazionale dei Beni Culturali (NCHA, National Cultural Heritage Administration) con i nuovi regolamenti i musei statali dovranno istituire dipartimenti specifici per gestire le collezioni e i piani per il loro ampliamento, rendendo poi tutto pubblico in rete.  Così Zhang Yiwu, professore di studi culturali presso l’Università di Pechino: “I nuovi regolamenti stabiliscono passi più specifici per standardizzare la gestione dei musei. “I nuovi regolamenti possono essere visti come una mossa nuova di zecca per migliorare la competitività globale (anche) dei musei statali, al fine di costruire il nostro paese in una potenza museale entro il 2035″.[28] Il numero di musei statali ha raggiunto 5.788 nel 2020,[29] ma la crescita di quelli privati è stata meno notevole perché sono molto meno competitivi a causa della mancanza di una gestione e manutenzione standardizzata e dei problemi di provenienza degli oggetti collezionati.  Infine, secondo Zhang “I musei privati sono stati ignorati per molto tempo dal governo cinese ed il ministero della cultura dovrebbero includerli in una pianificazione a lungo termine.”[30]

6. Musei fiorenti

Nell’antica Cina non esisteva il concetto di museo, tuttavia la storiografia moderna sembra concordare che il Tempio di Confucio, fondato in quella che fu la sua casa nel 478 a.C. e dove ci sono le sue reliquie, può essere considerato come il primo museo nazionale della storia cinese.  Si trattava infatti non solo di un edificio in cui erano raccolti gli oggetti legati al filosofo ma anche di un luogo pubblico da visitare durante le commemorazioni, studiare i testi classici o rendere omaggio al personaggio. Indipendentemente dalla correttezza di questo punto di vista è fuor di dubbio che il culto degli antenati, l’importanza data alla storia e l’enfasi sulla protezione della cultura tradizionale abbiano favorito lo sviluppo dell’immagine del museo come luogo di memoria.  Già 3600 anni fa, la famiglia reale e gli aristocratici della Dinastia Shang (商朝) iniziarono a raccogliere e proteggere preziose antichità. La Dinastia Zhou ne ereditò la tradizione nominando funzionari speciali per catalogare e gestire le collezioni. Durante le Dinastie Qin(秦朝;) e Han(汉朝)  si crearono luoghi di raccolta  per conservare trofei di guerra, opere d’arte, libri e oggetti antichi. Da allora, le famiglie imperiali così come le gerarchie amministrative, gli studiosi e le famiglie più abbienti, hanno partecipato all’ usanza ormai molto in voga di raccogliere oggetti curiosi, opere calligrafiche e dipinti. A partire dalla dinastia Song (宋朝) il governo imperiale iniziò a rivedere i libri sull’apprezzamento, la classificazione e la protezione delle collezioni. Anche se la Cina ha una lunga storia di raccolta, protezione e ricerca delle reliquie culturali le sue collezioni nelle passate dinastie si concentravano principalmente sulla protezione degli oggetti e prestavano insufficiente attenzione, ad esempio, alle collezioni di scienze naturali. Sono sempre esistiti due tipi musei: quelli voluti ed organizzati dagli stranieri e poi quelli istituiti dai cinesi stessi. La maggior parte dei musei fondati dai primi stranieri in Cina erano ospitati dalla chiesa nelle città costiere ed erano fondamentalmente musei di storia naturale. Per esempio, Han Bailu, missionario della chiesa gesuita francese fondò il Museo Sikowei a Shanghai nel 1868 al fine di promuovere il lavoro missionario attraverso attività culturali. Quelli istituiti dai cinesi invece, cominciarono ad apparire verso metà-fine ottocento ed erano essenzialmente concepiti per imparare le conoscenze della scienza e della tecnologia occidentali. Nel 1905, Zhang Qian, pioniere della costruzione di musei cinesi fondò il Museo di Nantong,[31] che può davvero essere considerato il primo museo moderno. Nel gennaio 1912 fu istituito il governo provvisorio di Nanchino e Cai Yuanpei era il ministro dell’istruzione. Nell’attuazione della riforma dell’educazione, fu creato un dipartimento che si occupava separatamente di musei, biblioteche, gallerie d’arte, giardini zoologici e botanici e la raccolta di reperti. Nello stesso anno il Ministero dell’Educazione decise per la prima volta di istituire un museo di storia a Pechino iniziandone a preparare la costruzione nel luglio 1912. Nel 1914, il Ministero dell’Interno raccolse molti oggetti che erano appartenuti alla dinastia Qing e li collocò nel tempio Wu Ying presso la Città Proibita. Più tardi, fu istituita la Sala delle Esposizioni delle Antichità, primo museo all’interno del palazzo imperiale, e questa fu anche la prima volta che la Città Proibita venne aperta al pubblico. Dal 1915 al 1927, anche grazie all’eredità del movimento del 4 Maggio, i musei aumentarono notevolmente anche perché il concetto di identità nazionale, l’interesse per la scienza e molti altri valori moderni si stavano radicando tra gli intellettuali. C’è da dire che in questo periodo lo scopo dell’istituzione di musei era soprattutto didattico e non è un caso che fossero gestiti dal Dipartimento di Educazione Sociale; nel decennio che va dal 1927 al 1937 furono quindi creati un certo numero di musei provinciali e municipali.[32] Tuttavia, quando fu fondata la Repubblica Popolare Cinese, nel 1949, ce n’erano solo 21 distribuiti soprattutto nella capitale.[33] Dopo la fondazione della nuova Cina, venne istituito all’interno del Ministero della Cultura un organo amministrativo specializzato nella gestione museale e, dal 1950 in poi, sorse un certo numero di musei locali: nel 1957, c’erano 72 musei gestiti dal dipartimento preposto.[34] Gli anni che vanno dal 1961 al 1978 sono stati anni molto complessi: la Rivoluzione Culturale aveva causato danni particolarmente gravi per l’istruzione, la scienza e la cultura e ad essi non furono sottratti i musei; nonostante queste vicende però, nel 1973, venne istituita Amministrazione per il Patrimonio Culturale con lo scopo di recuperare le perdite avvenute durante la Rivoluzione Culturale.  A partire dal 1978, le politiche museali sono entrate in un periodo di rapido sviluppo e modernizzazione e, nel 1990, il numero di visitatori aveva superato i 100 milioni. Nel 1992, il Comitato Centrale del Partito e il Consiglio di Stato hanno proposto ai governi locali di aumentare le spese per il recupero e la protezione del patrimonio culturale, gettando solide basi perché fosse diffusa una cultura nuova e destinata alla gente. Nel 1997, il Consiglio di Stato ha deciso di costruire una serie di musei chiave ma anche di fornire guida e supervisione ai musei non statali, quelli cioè che timidamente iniziavano a nascere per iniziativa privata: era il 1996, quando il Dipartimento per la Cultura approvava la nascita di quattro musei privati che tempo si sarebbero moltiplicati.[35] In seguito, si è provveduto anche a lanciare una politica di protezione per le culture e le tradizioni delle minoranze etniche oggi particolarmente valorizzate.  Al fine di rafforzare i beni museali, nel 2008 il governo ha lanciato la certificazione di qualità valutando 83 musei nazionali, nel frattempo, si iniziava a prestare maggiore attenzione all’utilizzo della tecnologia e alla digitalizzazione del patrimonio. Durante l’XI Congresso del Partito (2008), il premier Wen Jiabao dichiarava che i musei rappresentavano un importante elemento della cultura socialista e della promozione dell’identità nazionale.[36] Oggettivamente, l’idea dell’importanza del museo è ormai consapevolizzata da un pubblico che cresce sempre di più; in una Cina sviluppata e globalizzata   le istituzioni museali sono diventate elementi centrali nelle strategie pubbliche e le sfide da affrontare sono tante.  L’obiettivo principale è quello di promuovere il patrimonio cinese sia a livello nazionale che internazionale; la legislazione identifica uno dei ruoli principali nei musei quale base per l’educazione patriottica attraverso la commemorazione e la celebrazione della storia cinese.  L’ identità nazionale, la coesione sociale e l’immagine proiettata verso l’esterno sono fortemente supportate dalle vaste collezioni che diventano simboli di vigorosa connotazione culturale sia a livello interno che sulla scena globale.  Un nuovo museo aperto ogni due giorni in media negli ultimi cinque anni, con il numero totale di musei a livello nazionale in aumento da 4.692 nel 2016 a 5.788 nel 2020.[37] Cifre importanti che sono state rese pubbliche durante la conferenza nazionale sulla riforma dei musei tenutasi dal 23 al 24 luglio del 2021 a Jinan. I dati hanno mostrato che il numero annuale di visite è aumentato da 700 milioni a 1,2 miliardi durante il periodo del XIII piano quinquennale, dal 2016 al 2020. Durante lo stesso periodo, la Cina ha raggiunto l’obiettivo di sviluppo di costruire un museo ogni 250.000 persone, mentre diverse regioni come quelle di Pechino, dello Shaanxi e del Gansu hanno in media un museo ogni 110.000 – 130.000 persone.[38]

Tutto ciò può essere spiegato da una serie di fattori. In primo luogo, c’è il risultato di favorevoli misure in termini di politica finanziaria e culturale; gli incentivi sono stati accompagnati da altre iniziative:  alla fine degli anni novanta le amministrazioni locali hanno iniziato a guardare al modello di Bilbao[39] per attirare  turisti con nuovi punti di riferimento culturali attraverso l’estensione di musei esistenti;  l’apertura di musei commerciali o industriali da parte di (ex) aziende statali e l’inaugurazione di musei specializzati, per esempio in  scienza e tecnologia, storia naturale, arte, arte contemporanea, arte popolare, etnologia, patrimonio industriale, patrimonio del 21° secolo, patrimonio immateriale, così come la moltiplicazione dei musei privati sono stati determinanti.  Naturalmente l’incremento del budget assegnato alla cultura è stato fondamentale: fondi pubblici per 140 miliardi di yuan (21,7 miliardi di dollari) sono stati destinati alla conservazione del patrimonio culturale dal 2011 al 2015. Oltre al sostegno del governo centrale i musei statali hanno anche ricevuto sovvenzioni dai governi locali, mentre i musei privati possono richiedere i finanziamenti su base progettuale. Lo sviluppo museale poi è stato anche conseguenza dell’aumento degli scavi archeologici poiché, in genere, nuove scoperte portano all’istituzione di musei del sito.  Tuttavia, secondo un documento pubblicato il 24 maggio del 2021, sono necessarie ulteriori riforme per collocare queste istituzioni in un ruolo più importante nello sviluppo generale della nazione. Dopo tre anni di lavoro preparatorio, nove ministeri hanno rilasciato congiuntamente un documento che offre linee guida per promuovere la riforma e lo sviluppo del settore. Secondo le linee, entro il 2035, la nazione avrà “un sistema museale a pieno titolo con caratteristiche cinesi che ha funzioni sociali ben sviluppate“. Inoltre, entro quella data, la Cina si affermerà fondamentalmente come uno dei principali paesi del mondo in termini di musei, al fine di contribuire allo sviluppo museale globale.[40] Sostanzialmente con il documento si mira a rafforzare il coordinamento dello sviluppo museale tra diversi livelli di istituzioni nazionali e locali per creare maggiore diversificazione.  Poiché si affronta ancora il problema di uno sviluppo non equilibrato, anche il sistema museale deve essere ottimizzato e bisogna dare più sostegno alle zone rurali, alle comunità locali e alle aree di confine mentre è necessario passare da una crescita quantitativa a quella qualitativa. Saranno sostenuti il miglioramento delle collezioni e del sistema di acquisizione, la capacità di conservazione così come il ruolo che i musei possono e devono avere nell’educazione pubblica e nella comunicazione internazionale. Secondo il documento circa 10-15 di essi diventeranno il fulcro del processo di riforma e saranno di livello internazionale, guidando l’ulteriore sviluppo del settore. Le informazioni digitalizzate sulle collezioni saranno introdotte nel database generale delle risorse educative per essere utilizzate al meglio dagli studenti, mentre le mostre virtuali saranno più ampiamente promosse negli spazi pubblici sia nelle aree urbane che in quelle rurali. Infine, Pechino si prepara ad identificare gruppi di musei che possano costituire cluster, così da creare vere e proprie città in modo da spingere lo sviluppo regionale. L’ambizione è quella di creare un “sistema museale con caratteristiche cinesi” e di diventare “potenza musealeentro il 2035.[41]

 7. La Diplomazia dell’Arte

Nella sua forma più elementare il potere rappresenta “la capacità di fare cose e controllare gli altri, di far fare agli altri ciò che altrimenti non farebbero“. Così scriveva Joseph Nye nel suo studio fondamentale sui mutevoli contorni del potere americano alla fine della guerra fredda.[42] Nye, il teorico del “Soft Power” si riferiva a quella forma di potere che consiste nell’attrarre gli altri volentieri verso la propria posizione, favorendo in loro l’empatia, l’auto-identificazione e l’aspirazione. La cultura riflette il significato di una società e segnala i suoi valori che insieme alle sue pratiche e alle sue politiche comprendono le proprie risorse di Soft-Power.[43] Quali custodi di elementi culturali concreti la Cina vede nella promozione culturale e nell’ istituzione dei musei il potenziale per mediare a livello globale perché lavorando in partnership con istituzioni e governi si può facilitare il dialogo tra i popoli ammorbidendo le relazioni internazionali. È innegabile che la cultura possieda risorse di Soft-Power in abbondanza; così collezioni museali ad esempio, includono prove delle più alte conquiste della civiltà materiale e renderle disponibili promuove il potere persuasivo della diplomazia pubblica. La narrazione è dettata dagli oggetti mostrati e dai loro mezzi di esposizione, ma la prescrittività della storia è resa meno percepibile attraverso l’occhio del pubblico che riflette ed interpreta ma non può sottrarsi al messaggio. Così, il museo emerge come un consumato e sottile propagatore di influenze che promuove un’agenda di sua invenzione. Oltre alle specifiche narrazioni attraverso mostre e programmi, i musei possono diventare anche portatori di valori creativi e dinamismo con grande impatto sull’ ambiente circostante, rinvigorendo l’economia,[44] innescando processi virtuosi e creando modelli che aiutano altre città a ridefinire se stesse attraverso le loro offerte culturali.[45] Allo stesso modo in cui un ministero degli esteri coltiva alleanze, anche i musei, attraverso relazioni costruite in anni di attenta diplomazia possono guadagnarsi la fiducia necessaria per assicurarsi il prestito di tesori culturali di grande valore; rispecchiando la pratica diplomatica tra gli stati, i musei si impegnano nella “costruzione di relazioni politiche non ufficiali“.[46] Così, “un grande museo d’arte oggi è un’istituzione pesantemente politica, spesso coinvolta o implicata nelle relazioni internazionali e assennata sul potere“.[47] La connessione è chiara: i musei fungono da intermediari in una preziosa forma di capitale politico internazionale che, se adeguatamente utilizzato, può aiutare a sviluppare relazioni strategiche tra gli stati. Il settore culturale opera alla maniera di un regime internazionale, con attori ben definiti, musei, curatori, ministeri della cultura, che ricoprono ruoli prestabiliti e con regole e norme che governano le sue operazioni, dalle procedure di indennità richieste per trasferire l’arte attraverso i confini alle convenzioni dell’UNESCO che assicurano la legalità della provenienza. Se la cultura è davvero parte integrante del Soft Power allora gli attori del regime culturale hanno il loro ruolo da svolgere. E la cultura diventa un’entità politica: i monumenti e gli oggetti di significato culturale incarnano l’identità, il valore e la comunità, ignorarli è quindi un modo efficace di vittimizzare un paese, bullizzarlo sul piano politico.  Inoltre, lavorare con un proprio pari verso un obiettivo condiviso è invariabilmente più attraente che affrontare l’ostacolo burocratico di negoziare relazioni internazionali con i ministeri degli esteri o soddisfare gli obblighi di una convenzione internazionale. Non si può negare che beni culturali siano attori che esercitano un’influenza sul sistema internazionale, che operano secondo una struttura istituzionale liberale e che dimostrano la loro efficacia nell’affrontare questioni di importanza globale; il loro potere risiede in gran parte nel loro Soft Power, la cui potenza deriva da forti reti di relazioni e profonde riserve di fiducia del pubblico. Date queste premesse è evidente che la scelta di Pechino di spingere la cultura ed investire sui musei non è peregrina o adottata esclusivamente sulla base del forte orgoglio nazionale; un paese tradizionalmente pacifico, che pianifica e guarda “oltre” non può non capitalizzare le sue immense risorse culturali per utilizzarle sul doppio piano. A livello interno l’enfasi sulla cultura favorisce il patriottismo, l’identità nazionale e, di conseguenza la coesione sociale. Sul piano internazionale spinge le relazioni pacifiche e di amicizia, costruisce ponti e favorisce l’espansione economica.  Come si è discusso, il proliferare delle operazioni culturali ha molteplici obiettivi politici. Innanzitutto rappresentano uno strumento educativo e supportano l’identità nazionale, conservano la tradizione culturale, ne promuovono l’approfondimento e la ricerca e proiettano una forte immagine del Paese nel mondo incoraggiando gli scambi internazionali.[48] Mentre la politica culturale è stata utilizzata per il controllo diretto prima del boom economico cinese, essa ora rientra nell’approccio del Soft Power che mira a reinterpretare il passato dandogli una narrazione di orgoglio, continuità storica e apprezzamento estetico. Se la cultura è utilizzata  per convalidare l’autorità politica attraverso la memorizzazione e la celebrazione della storia e della civiltà cinese,[49] i musei aiutano a costruire l’identità promuovendo il nazionalismo attraverso la celebrazione del patrimonio culturale, l’interpretazione della storia nazionale e l’educazione patriottica.[50] Un altro obiettivo dei musei è quello di  classificare, proteggere e conservare l’arte e i tesori nazionali; la legge sulla protezione delle reliquie culturali  che è stata adottata nel 1982 e successivamente rivista nel 1992, 2002 e nel 2015 afferma che  gli scopi della politica dei musei sono di “proteggere le reliquie culturali e lo splendida eredità storica e culturale della nazione cinese, promuovere la ricerca scientifica, condurre l’educazione al patriottismo e alla tradizione rivoluzionaria, e costruire una società socialista con progresso culturale, ideologico e materiale”  Le politiche generali che cercano di proteggere e conservare il passato sono integrate da regolamenti specifici per definire, valutare e catalogare le reliquie e per conservare i siti culturali. Inoltre, sui musei si è puntato anche per lo  sviluppo locale del  turismo poiché incoraggiano il consumo della cultura  sostenendone le industrie; nel 2010 Pechino annunciava che sarebbero state i pilastri dell’economia nazionale e questo si sarebbe espresso proprio  attraverso la commercializzazione dei prodotti culturali; l’obiettivo era che le industrie legate al settore superassero il 5% del PIL entro il 2015;[51] come parte di questa più ampia politica culturale ci si aspetta che i musei sostengano le economie locali e si adattino alle forze dinamiche del mercato.[52] Infine, la cultura è considerata parte integrante del progresso sociale che gioca un fattore chiave nel garantire la qualità della vita e la realizzazione di ogni individuo. Questo significa che siti culturali e musei sono visti come strutture pubbliche chiave utilizzate per organizzare i centri urbani e la vita della città e connettendo la società al patrimonio storico e artistico.[53]

8. Conclusioni

Come si evince da questa panoramica la politica cinese ha attuato molte misure per adattare il suo immenso patrimonio culturale alle esigenze dell’economia di mercato.

Il sistema di gestione della cultura viene di volta in volta articolato per rispondere ad esigenze nazionali non solo economiche, ma anche sociali. Contemporaneamente la necessità di rimandare, sul piano internazionale, l’immagine di un paese coeso intorno ai suoi simboli e dalla statura culturale enorme è cogente nella misura in cui esso diventa sempre di più importante sulla scena globale.  Così patrimonio artistico, turismo e musei diventano simbolo di questa visione. E se l’attrattività turistica è uno dei motori dell’economia interna è altrettanto vero che l’ospitalità e l’accoglienza diventano simboli da riflettere all’ esterno. Contemporaneamente, le politiche culturali e, in ultima analisi, i musei stessi, sono concepiti sia per impattare sulla coesione sociale attraverso l’identificazione di paese-civiltà, che come strumento per promuovere le relazioni internazionali in una visione che ritrova nell’ arte un importante strumento di diplomazia culturale.

Che la diplomazia moderna, almeno concettualmente, non si basi più esclusivamente su politica ed economia ma aggiunga alla sua azione un pilastro culturale di natura transnazionale è un fatto; le relazioni culturali in senso lato dovrebbero completare i dialoghi politici con i paesi terzi, contribuire alla prevenzione dei conflitti, rafforzare la diplomazia pubblica e la dimensione delle relazioni stesse consentendo la cooperazione tra le parti interessate. Ciò dovrebbe anche consolidare la percezione dei singoli stati come attori internazionali e, attraverso il Soft Power, far leva sui beni culturali migliorandone l’immagine.  Si tratta di rafforzare il dialogo tra i popoli utilizzando la cooperazione come generatore di comprensione reciproca; un veicolo per condividere valori e promuovere interessi nonché una fonte primaria per sviluppare la fiducia e incoraggiare la fecondazione incrociata tra le società.

Note sull’autore

** Daniela Caruso è sinologa, da diversi anni si occupa delle trasformazioni storiche della Cina contemporanea con un particolare sguardo all’evoluzione del welfare, ma anche delle politiche culturali e scientifiche. Attualmente è docente di Studi sulla Cina presso l’Università Internazionale per la Pace delle Nazioni Unite, la cui struttura di Roma è delegata a rappresentarla nel Sud Est europeo, nel Medio Oriente, nel bacino del Mediterraneo e nell’Africa Settentrionale e Sub-sahariana. È stata visiting professor alla Tshingua University di Pechino dove ha tenuto seminari di comunicazione interculturale. Membro dell’European Association for Chinese Studies (EACS), membro direttivo del WCSA (World Complexity Science Academy), docente presso L’École des hautes études en sciences sociales e il dipar timento di Scienze Politiche “Jean Monnet” dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, ha coordinato progetti di ricerca internazionali inerenti l’interculturalità, le politiche sanitarie in Cina, le migrazioni e le relazioni tra la Cina e il Mediterraneo. Autrice di numerose pubblicazioni in lingua inglese, le sue due ultime monografia in lingua italiana, “Quarant’anni di Cina.- la storia di un’ascesa che sta cambiando il mondo” del 2019 così come quella in uscita, “La Cina tra identità nazionale e globalizzazione. Promozione e impresa culturale come strumenti di diplomazia e coesione sociale” del 2022 sono pubblicate da Eurilink University Press.

 

Note

[1] Si veda il “Programma comune”, che è stato adottato dal Partito Comunista Cinese in cooperazione con vari partiti democratici. “Il “Programma comune” svolgeva un ruolo di costituzione ad interim; http://www.commonprogram.science .

[2] Istituto nazionale di statistica della Repubblica Popolare Cinese 1985.  (中华人民共和国国家统计局, Zhōnghuá rénmín gònghéguó guójiā tǒngjìjú); https://data.stats.gov.cn

[3] Per una lettura critica sui temi fondamentali del XIX Congresso si leggano: Christian Ploberger 2010.  China’s Reform and Opening Process – A Fundamental Political Project, Asian Social Science Vol. 6, No. 11; November. www.ccsenet.org/ass; Daniela Caruso, op.cit. pp.61-64.

[4] Il terziario non sufficientemente sviluppato ha rappresentato uno dei principali problemi da affrontare.

[5] Le imprese culturali sono associate ai settori più tradizionali come il patrimonio culturale, le arti visive e dello spettacolo, l’editoria, la musica, il cinema, la radio, la televisione, la stampa e la fotografia, mentre le industrie culturali comprendono anche il nuovo settore dell’economia digitale come i software e i servizi informatico- Non esiste ancora una definizione condivisa di quali attività debbano essere comprese in questa industria che, per la stessa ragione, viene denominata in molti modi.  La questione verrà analizzata in modo più articolato nel capitolo III.

[6] Il Consiglio di Stato rappresentava il 9%, il Comitato Centrale del Partito e il Ministero delle Finanze rappresentavano il 7%, l’Amministrazione Statale della Radio, del Cinema e della Televisione e l’Amministrazione Statale della Stampa e delle Pubblicazioni rappresentavano il 5% .Televisione e l’Amministrazione statale della stampa e delle pubblicazioni hanno rappresentato separatamente il 5%, l’Ufficio nazionale di statistica il 4%, e la China Insurance Regulatory Commission, la People’s Bank of China, e il Ministero del Commercio, l’Amministrazione delle Dogane, l’Amministrazione Statale delle Imposte hanno rappresentato il 3%.

[7] Il Ministero della Cultura ha uffici interni come l’Ufficio Amministrativo, la Politica e Dipartimento di regolamentazione, Divisione Pianificazione e Finanza, Divisione del Personale, Dipartimento delle Arti, Dipartimento della Cultura e della Tecnologia, Dipartimento dei Mercati Culturali, Dipartimento della Cultura e dell’Industria, Dipartimento della Cultura Pubblica, Divisione del Patrimonio culturale immateriale, Ufficio di collegamento culturale estero (Hong Kong, Macao e Taiwan Ufficio degli Affari di Hong Kong, Macao e Taiwan).

[8] National Bureau of Statistics 2015. China Statistics Yearbook:  http://www.stats.gov.cn/tjsj/ndsj/2015/indexeh.htm.

[9] Per un’esaustiva sintesi dei principali obiettivi di sviluppo relativi al XIV Piano Quinquennale si consulti il sito ad esso dedicato: http://english.www.gov.cn/w/14thfiveyearplan/.

[10] Cit. in Xinxua 2020.  China releases new five-year plan for culture, tourism. 6 Feb; http://www.xinhuanet.com/english/2021-06/02/c139985395.htm.

[11] Proposta del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese per l’elaborazione del 14° Piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale nazionale e obiettivi a lungo termine per il 2030 (中共中央关于制定国民经济和社会发展第十四个五年规划和二〇三五年远景目标的建议, Zhōnggòng zhōngyāng guānyú zhìdìng guómín jīngjì hé shèhuì fāzhǎn dì shísì gè wǔ nián guīhuà hé èr líng sānwǔ nián yuǎnjǐng mùbiāo dì jiànyì; http://www.gov.cn/xinwen/2021-03/13/content_5592681.htm

[12] Per esempio nel 2004 il Ministero della Cultura ha promulgato le “Opinioni sull’incoraggiamento, il sostegno e la guida dell’economia non pubblica nello sviluppo delle industrie culturali”, e “Guidare l’economia di proprietà non pubblica nello sviluppo delle industrie culturali”.  Ancora, nel 2005 Il Consiglio di Stato ha emesso le “Decisioni sul capitale non pubblico nell’ industria culturale” e “Opinioni di attuazione per incoraggiare e guidare il capitale privato in ambito culturale” nel 2012. Si legga a tal proposito:  Hong Xiao 2017. A Brief Analysis of Financial Support to Chinese Cultural Industry Development, Journal of Mathematical Finance, n. 7, pp.180-187. https://www.scirp.org/journal/paperinformation.aspx?paperid=74085

[13] Rong Li 2011. Current State, Problems and Countermeasures of the World Heritage Protection in China, Heritage Protection, pp. 38-44.

[14] ICOMOS 2008-2010. Heritage at risk, pp-48-51; https://www.icomos.org/images/HR_2008-2010_final.pdf.

[15] Jiangang Shi, Xinru Min, Hongyun Si, Daizhong Tang,  Wei Miao 2019. The Transition from Housing Demolition to Conservation and Renovation in Shanghai: Challenges and Countermeasures, Land, Vol. 8 n.11; https://www.mdpi.com/2073-445X/8/11/175.

[16] The World Bank 2011. Conserving the Past as a Foundation for the Future: China-World Bank Partnership,6 Dec; https://www.worldbank.org/en/news/feature/2011/12/06/conserving-past-as-foundation-for-future.

[17] Il turismo si può considerare sostenibile se «le attività turistiche si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali ed attraenti per un tempo illimitato, senza alterare l’ambiente naturale, sociale ed economico e arrivando a soddisfare tutti gli attori del processo» Marta Bottero, Elisabetta Cimnaghi, in: “La capacità di carico turistica di un’area protetta: confronto tra due diversi modelli di calcolo”, XXX Conferenza Italiana di Scienze Regionali, Firenze, 2009, p.1.

[18] Justino Rodriguez Vargas 2013.  Sustainable Urban Planning in China: The Case of Dongtan.; https://www.eoi.es/blogs/justinorodriguez/2013/05/24/sustainable-urban-planning-in-china-the-case-of-dongtan/

[19] Qiu Bai 2011. Low-carbon development and eco-city, Public speech delivered at 2nd China, International Eco-City Forum, Tianjin, China, 24 September. 20 World Bank 2009. Sino-Singapore Tianjin eco-city: A case study of an emerging eco-city in China, World Bank Technical Assistance Report, Washington.

[21] Cfr: https://www.marketreportsonline.com/516986-toc.html.

[22] Gli hakka ( 客家), è un popolo cinese di etnia Han, che vive nelle tre province cinesi del Guangdong, Jiangxi, e Fujian.  Si legga in proposito l’ interessante articolo proposto al link: https://asiasociety.org/northern-california/defining-hakka-identity-history-culture-and-cuisine.

[23] Per leggere la Dichiarazione completa: https://www.icomos.org/charters/xian-declaration.pdf.

[24] https://www.icomos.org/en.

[25] SACH (State Administration of Cultural Heritage), Overall Dayizhi Conservation Plan in the 11th FYP Period, “Cultural relics approach” p.3.

[26] Nel 2016 è stata messa online una prima parte del database delle risorse del Digital Dunhuang (https://www.e-dunhuang.com.) Immagini ad alta definizione e tour panoramici di circa trenta grotte di Mogao, mostrano come la Cina abbia metabolizzato un’idea di conservazione del patrimonio culturale innovativa grazie all’ uso dell’alta tecnologia.

[27] Cfr:Yi-Wen Wang 2009. National cultural heritage digitization, Beijing People’s Publishing House Press.

[28] Global Times 2021. “China opens a new museum every 2 days over past 5 years”, 23 Jun; https://www.globaltimes.cn/page/202106/1226941.shtml.

[29] Xinhua 2021.” Over 1,000 new museums open in China during past 5 years”, 18 May; http://www.xinhuanet.com/english/2021-05/18/c_139953799.htm

[30] Global Times 2021, cit.

[31] Qin Shao 2004. Exhibiting the Modern: The Creation of the First Chinese Museum, 1905-1930, The China Quarterly, n.179, 684–702. http://www.jstor.org/stable/20192376 e Qin Shao 2004: Culturing Modernity: The Nantong Model, 1890-1930, Stanford University Press.

[32] Zhang Kun 2018. History of China’s early museums, http://en.chinaculture.org/2018-07/24/content_1238689.htm

[33] Tracey Lie Dan Lu 2014. Museums in China: Power, Politics and Identities, Routledge  p.118.

[34] Ibidem

[35] Song Xiangguang  2008. The Development of Private Museums in China, Museum International. Vol. 60, n.1 pp. 40-48

[36] The national People’ congress of People’s Republic of China 2008. Full Text: Report on the Work of the Government; http://www.npc.gov.cn/zgrdw/englishnpc/Speeches/2008-03/19/content_1420778.htm.

[37] XINHUA 2021. “China sees mushrooming of new museums in 5 years”, 4 Nov. http://www.xinhuanet.com/english/2021-07/26/c_1310087192.htm.

[38] CGTN 2021. “Over 1,000 new museums open in China during past 5 years” 26 Jul.; https://news.cgtn.com/news/2021-07-26/Over-1-000-new-museums-open-in-China-during-past-5-years-12dxzUq4Y1i/index.html.

[39] La città basca di Bilbao ha subito un notevole recupero dal suo declino industriale alla fine del XX secolo grazie a un piano di rinnovamento urbano su larga scala con un investimento di 228.3 milioni di dollari.  L’apertura del Guggenheim Museum nel 1997 è stata la pietra miliare di questo piano e la città ora accoglie circa un milione di visitatori all’anno. Si legga a tal proposito: Fernando Monge, Jorrit De Jong, Linda Bilmes 2020. The “Bilbao Effect” The Collaborative Architecture that Powered Bilbao’s Urban Revival, Bloomberg&Harvard.

https://assets.websitefiles.com/60f998ee966fd623d55b7838/6116edf51297645f35d4315d_0001TC%2BThe%2BBilbao%2BEffect.pdf

[40] The State Council the People’s Republic of China 2021.  “Museums key to nation’s overall growth” 4 Nov. http://english.www.gov.cn/statecouncil/ministries/202105/26/content_WS60ada437c6d0df57f98da32d.html

[41] NCHA 2021. “Guiding Opinions on Promoting Reform and Development of Museums“. Cit. in: CGTN 2021 China plans to become a museum powerhouse by 2035, 25 May. http://www.china.org.cn/arts/2021-05/25/content_77525536.htm.

[42] Joseph S. Nye 1990. “Soft Power”, Foreign Policy, no. 80, pp. 153–71.

[43] JOSEPH S. NYE 2008. “Public Diplomacy and Soft Power,” The Annals of the American Academy of Political and Social Science, vol. 616, Public Diplomacy in a Changing World (March), pp. 94–109.

[44] Gail Dexter Lord, Ngaire Blankenberg 2015. Cities, Museums, and Soft Power. New York. AAM Press, p.38.

[45] Rowan Moore 2017. “The Bilbao Effect: How Frank Gehry’s Guggenheim Started a Global Craze,” The Guardian (October 1), https:// theguardian.com/artanddesign/2017/oct/01/bilbao-effect-frank-gehry-guggenheim-global-craze.

[46] Kirsten Bound, Rachel Briggs, John Holden, Samuel Jones 2007. Cultural Diplomacy, Demos p.12

[47] Christine Sylvester 2016. Art/Museums: International Relations Where We Least Expect It, Routledge p.6.

[48] Il governo cinese incoraggia fortemente i partenariati internazionali e ne ha avviati diversi di un certo calibro. Tra questi ricordiamo quelli siglati con il Centro Pompidou per il “West Bund Museum Project”, che ha aperto a Shanghai nel 2019 la terza sede satellite dell’istituzione parigina. E poi, sempre nel 2019, c’è sato l’accordo con la   Galleria degli Uffizi, quando l’istituzione fiorentina ha concordato una partnership espositiva di cinque anni con le autorità culturali di Hong Kong inaugurando così per la prima volta una partnership a lungo termine con un’istituzione straniera. Infine è utile ricordare la nascita della IAMS “Alleanza Internazionale dei Musei della Via della Seta “(丝绸之路国际博物馆, Sīchóu zhī lù guójì bówùguǎn liánméng ). Fondata il 18 maggio 2017 è un meccanismo di cooperazione internazionale non governativo, non-profit che rappresenta una piattaforma di comunicazione nel campo dei musei per i paesi e le regioni lungo la Via della Seta.

[49] Kirk A. Denton 2014. “Exhibiting the Past: Historical Memory and the Politics of Museums in Postsocialist China” University of Hawai Press. Questo testo offre un’analisi originale dei documenti politici ufficiali delle autorità cinesi sul passato della nazione, con un’attenzione particolare ai musei.  L’analisi tratta il museo come un oggetto politico, notando che i musei e i siti commemorativi sono implicati in un processo altamente politicizzato di memorizzazione e rappresentazione del passato, e sono trattati da molteplici forze ideologiche tra cui il maoismo, il liberalismo e il neoliberismo.

[50] Gideon Shelach-Lavi 2019. “Archaeology and Politics in China: Historical Paradigm and Identity Construction in Museum Exhibitions.” China Information vol.33 n. 1.  Pp.23–45.

[51] Michael Keane, Elaine Jing ZHAO 2014. “The Reform of the Cultural System: Culture, Creativity and Innovation in China.” In:  “Cultural Policies in East Asia”, Palgrave Macmillan pp.155–173

[52] Shi-lian Shan 2014. “Chinese Cultural Policy and the Cultural Industries”, City, Culture and Society, vol 5, n. 3, pp. 115–121.

[53] Laishun An 2015. “Cranking up the Soft Power Engine of Chinese Museums.” In: Gail Dexter Lord, Ngaire Blankenberg, “Cities, Museums and Soft Power”, AAM Press, pp.145–152.

 

(Featured image source: Unsplash Aston Yao)