Rassegna settimanale 17-23 Luglio: Sud Est Asiatico

Rassegna settimanale 17-23 Luglio: Sud Est Asiatico

17 luglio, Tailandia – Le donne attiviste sono sottoposte a più pericoli

Essere un attivista e difendere i diritti umani può essere difficile e ogni tanto pericoloso. Per via di questo lavoro molti attivisti si ritrovano in situazioni dove la propria vita viene messa a rischio. Ci vuole passione, dedizione, pelle dura e coraggio per portare avanti una carriera difendendo i diritti umani.

A maggior ragione quando si lavora in un contesto geopoliticamente instabile. Particolarmente – secondo in nuovo report – se si è una donna.

Pranom Somwong continua a proteggere i diritti umani da più di quindici anni. Presso Protection International, una ONG che offre strumenti e strategie alle persone per difendere i diritti umani, sa qual è l’importanza di proteggere gli individui.

Da quando ha iniziato questo lavoro ha capito che non sarà mai del tutto al sicuro. Questa la ragione per la quale tende a sottolineare l’importanza di prendere certe precauzioni ed incoraggia a proteggersi.

“Sin dal colpo di stato del 2014, le “women human rights defenders” (WHRD) sono sempre più a in pericolo di violenze, discriminazione e altre forme di violazione dei diritti umani. Abbiamo sofferto in maniera collettiva dai rischi che sono emersi con il governo militare” ha spiegato Pranom.

“Abbiamo risorse molto limitate per far fronte a tutti i rischi e cambiamenti ai quale le WHRD sono sottoposte, e con tutti questi rischi, è difficile per noi creare sforzi rivolti sul lungo periodo”.

Il nuovo report spiega che le donne sono più vulnerabili mentre svolgo le proprie attività sui diritti umani in Tailandia. Da minacce online agli attacchi fisici, è molto più rischioso per una donna. Nelle zone rurali in particolar modo, le possibilità di essere aggredite e maltrattate sono molto più elevate. Anche online, le WHRD sono più soggette ad insulti e minacce da parte di persone che sperano così di minare la loro produttività.

Con la collaborazione dell’International Federation for Human Rights (FIDH), Protection International (PI) e Asia Pacific forum on Women, Law and Development (APWLD) un’attenta analisi dell’articolo 18 della “Convention on the Elimination of All Forms of Discrmination against Women (CEDAW) ha portato alla luce importanti inconsistenze ed incoerenze.

Il report infatti mette in rilievo un apparente contraddizione tra ciò che è critto nel CEDAW e la realtà in molte aree della Tailandia, dove i diritti delle donne vengono spesso trascurati.

In una dichiarazione il vice presidente FIDH Guissou Jahangiri ha dichiarato “La giunta militare, composta da soli uomini, ha creato un ambiente sempre più ostile nei confronti delle donne attiviste”.

“Per rispettare gli obblighi del CEDAW, la giunta deve far importanti passi avanti per combattere le discriminazioni e proteggere le donne che lavorano per difendere i diritti umani”.

A seguito del colpo di stato del 2014 la sicurezza per i difensori dei diritti umani ha iniziato a farsi sempre più incerta. Da allora, le WHRD sono soggette ad un aumento di violenze, discriminazione e altre forme di violazione dei propri diritti. Il report sottolinea egualmente come sono state metodicamente escluse da ogni forma di dibattito o consultazione pubblica.

Le donne nelle zone rurali sono particolarmente a rischio. Un importante aumento di minacce accompagnate da brutali aggressioni hanno creato un’atmosfera di paure e preoccupazioni per molte WHRD nell’intero paese.

Il 19 novembre 2012 una tragedia ha colpito la comunità di attivisti di tutto il paese.

Nella comunità di Khlong Sai Pattana, nella provincia di Surat Thani, due donne sono state freddamente uccise mentre si stavano recando al mercato locale.

Le donne – Montha Chukaew di 50 anni e Pranee Boonrat 54 anni –  stavano portando avanti una campagna per delle terre coltivabili e si sono trovate implicate in una disputa mortale. Entrambe erano membri del gruppo “Southern Peasants’ Federation of Thailand”, implicato in una disputa con potenti compagnie produttrici di olio di palma.

Non solo le donne sono state uccise per la causa che stavano difendendo, ma i loro corpi sono stati mutilati per intimidire la comunità.

Poco dopo i due assassini sono stati arrestati. Tuttavia, con grande rabbia per la comunità di attivisti, i sospettati sono stati rilasciati poco dopo per “mancanza di prove”, malgrado i numerosi testimoni che avrebbero identificati i due assassini.

La giustizia è spesso sfuggente in questo tipo di casi. Invece per quanto riguarda le autorità è spesso l’indifferenza ed il disprezzo che emergono.

Questa è una delle preoccupazioni maggiori da parte degli attivisti: il bisogno imperativo per le forme più basilari di protezione e supporto. Il report sottolinea la necessità di protezioni da parte della polizia contro le molestie, le minacce, le ritorsioni e la violenza.

Le donne come Pranom sono consapevoli dei rischi, per attivisti come lei la sicurezza è necessaria. Infatti, ritiene importante che il governo prenda le sue responsabilità, così come i cittadini. “WHRD dovrebbero poter lavorare in un ambiente sicuro e protettivo” ha dichiarato.

“Vorremmo che più organizzazione e gruppi in sostegno delle WHRD nelle situazioni più difficili e abbiamo bisogno di sostenerli nel portare avanti le loro attività con risorse e azioni locali”.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2017/07/thailand-womens-rights-defenders-higher-risk-threats/#5AT1r8mLulxV5B7k.97

18 luglio, Birmania – Il governo Birmano respinge di nuovo la missione ONU

Il consigliere per le questioni di sicurezza di Aung San Suu Kyi ha fatto sapere agli agenti diplomatici che la missione delle Nazioni Uniti non farebbe altro che “aggravare” la situazione. Il governo si è rifiutato di concedere il visto ai tre esperti che si dovevano recare nel paese per investigare sulle accuse di tortura, stupri, uccisioni e crimini contro l’umanità. Durante la scorsa settimana l’ambasciatore americano alle Nazioni Unite aveva espressamente chiesto al regime di accettare la missione.

Le condizioni di vita della minoranza musulmana Rohingya, di oltre un milione di persone, si sono deteriorate da quando l’esercito ha deciso di portare avanti delle rappresaglie dopo un attacco ad un avamposto militare. I Rohingya sono considerati immigrati illegali anche se risiedono stabilmente nel paese da più generazioni. Secondo alcune stime sarebbero 75.000 i rifugiati in Pakistan.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2017/07/burma-un-probe-can-aggravate-rakhine-tension-envoys-told/#3B1LPrMCPEqdICfr.97

Filippine – Il Presidente Duterte vuole prorogare la legge marziale

Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha chiesto al congresso di prorogare la legge marziale sull’isola di Mindanao fino al 31 dicembre. L’isola è al centro dell’attenzione da ormai due mesi, da quando cinquecento di ribelli sostenitori dello Stato Islamico hanno preso d’assalto la città di Marawi. Il portavoce del presidente ha dichiarata che “la sicurezza pubblica ha bisogno che il congresso proroghi fino al 31 dicembre […] la proclamazione della legge marziale… sull’intera isola di Mindanao.”

Il congresso dovrebbe riunirsi in una sessione speciale il 22 luglio per deliberare sulla questione. La costituzione concede al presidente di proclamare la legge marziale per 60 giorni, al di là di questa data dovrebbe quest’ultimo richiede il consenso del congresso, controllato dagli alleati dello stesso Duterte e che sembrerebbe anche avere il consenso dell’opposizione. Quando è stato chiesto la ragione di una proroga di cinque mesi il portavoce ha risposto che Duterte “possiede altre fonti e informazioni che lo hanno portato a questa conclusione” e che ci sarebbero “altre forze” che operano al di là della frontiera Filippina.

Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/duterte-seeks-to-extend-martial-law-in-philippines-as-marawi-battle-wears-on

19 luglio, Indonesia – Il governo scioglie ufficialmente alcuni gruppi religiosi

Il governo indonesiano ha ufficialmente sciolto il gruppo religioso fondamentalista Hizbut Tahrir Indonesia (HTI) in quanto minaccia per la sicurezza nazionale e l’ideologia nazionale dello stato con la più alta popolazione musulmana al mondo. Freddy Harris, un alto funzionario indonesiano, ha dichiarato a riguardo che “la nostra decisione di revocare lo status giuridico è avvenuta dopo importanti considerazioni e importanti ricerche”.

Il gruppo religioso dichiara apertamente di voler rovesciare la democrazia ed instaurare al suo posto un califfato globale, senza però impiegare metodi violenti. L’organizzazione è vietata nella maggior parte dei paesi a maggioranza musulmana, ma la messa al bando è eccezionale nel paese.

I gruppi religiosi hanno svolto un ruolo importante nel processo e la condanna dell’ex governatore di Jakarta, Basuki “Ahok” Tjahaja Purnama per l’accusa di blasfemia. Manifestazioni di massa sono state capeggiate dai gruppi religiosi più intransigenti come l’Islamic Defenders Front, che a differenza del HTI non contesta l’esistenza stessa dello stato indonesiano. Tutte queste agitazioni fanno temere il peggio per un paese che è sempre voluto apparire come tollerante e pluralistico.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2017/07/indonesia-govt-officially-disbands-islamist-group-hizbut-tahrir/#2xqB3TMoUd6I5CTW.97

20 luglio, Tailandia – Si è concluso più importante processo sul traffico di essere umani

Di più dev’esser fatto per assicurarsi che i trafficanti di esseri umani siano portati davanti alla giustizia e che i migranti Rohingya siano protetti ha dichiarato un gruppo per la difesa dei diritti umani dopo il processo di 62 persone condannate per traffico di persone e omicidi.

Una corte di Bangkok ha dichiarato colpevoli le 62 persone, incluso un generale, ufficiali di polizia e civili nel più importante processo tailandese per traffico di esseri umani.

Il processo è iniziato nel 2015 dopo la scoperta di una trentina di corpi seppelliti vicino alla frontiera con la Malesia in quello che si pensi sia un campo dove erano detenuti i migranti fino a quando i famigliari pagassero il riscatto.

La scoperta portò ad oltre 100 arresti.

I corpi seppelliti erano probabilmente dei Rohingya, una minoranza musulmana perseguitata in Birmania, molti dei quali tentano di trovare rifugio in Malesia. Lo stato tailandese non ha ancora rilasciato un report completo sulle tombe e sui risultati delle analisi forense.

“Il processo e le condanne erano solo il primo passo” ha dichiarato Sunai Phasuk, un ricercatore di Human Rights Watch. “Il governo deve continuare in questa direzione continuare le investigazioni. Non dovrebbe lasciare nulla da parte.”

Tra i condannati erano presenti anche dei cittadini birmani.

La condanna più lunga, 94 anni, è per Soe Naing, noto come Anwar, un Rohingya che la polizia ha definito come la persona al centro del campo di detenzione nella giungla.

La Tailandia è stata a lungo una fonte, destinazione e paese di transito per il traffico di uomini, donne e bambini provenienti da paesi più poveri come la Cambogia, Laos, Birmania per lavorare come operai o per prostituirsi.

Il mese scorso, il dipartimento di stato americano ha lasciato la Tailandia sulla lista Tier 2, appena sopra il livello più basso, Tier 3, nel suo report annuale sul traffico di esseri umani.

Il dipartimento di stato ha dichiarato che il paese non ha fatto abbastanza per combattere il traffico di persone e che quindi non avesse condannato ufficialmente i “complici nel traffico”.

Questo processo appena concluso potrebbe aiutare lo stato tailandese ad uscire dal Tier 2 l’anno prossimo.

Anche se si alcuni gruppi di attivisti si sono dichiarati soddisfatti del risultato, hanno aggiunto che altre azioni devono essere intraprese per proteggere i 5000 Rohingya in Tailandia e investigare i campi, dove molti di loro sono vittime di violenze, malattie e fame.

La polizia, i militari e i volontari nel 2015 non cercarono nelle colline intorno alle tombe, questo malgrado tutti gli indizi che molte altre tombe si trovino lungo il confine.

“Le autorità tailandesi non dovrebbero fare come se tutte quelle tombe non esistessero” ha dichiarato Amy Smith, direttore esecutivo di Fortify Rights.

“Abbiamo documentato un’operazione massiccia di decine di migliaia di Rohingya su un periodo di 3 anni. La posta in palio è senza dubbio più alta di questo processo”.

Weerachon Sukondhapatipak, un portavoce del governo, ha dichiarato che lo stato avrebbe indagato su queste voci. “Il governo userà gli strumenti a propria disposizione per ridurre il traffico di persone”.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2017/07/thailand-leave-no-stone-unturned-62-found-guilty-trafficking/#YEiHf1lvpAAkLUo7.97

21 luglio, Filippine – Il presidente Duterte non vuole più parlare di pace con i ribelli maoisti

Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha dichiarato di non essere più interessato a portare avanti le discussioni di pace con le guerriglie Maoiste. Durante una visita a sorpresa a Mindanao, a soli 2 chilometri dalla zona di conflitto, il presidente ha spiegato alle truppe che una volta cacciati i ribelli dell’ISIS gli sforzi militari verranno reindirizzati contro le milizie maoiste. “Non voglio parlare di pace” ha dichiarato il presidente, “Niente più parole, combattiamo”.

“C’è un aumento delle attività comuniste, dopo aver concluso qui, riorienteremo le nostre forze contro di loro” ha aggiunto il presidente spiegando che le forze comuniste si stanno approfittando della confusione della battaglia per Marawi per attaccare le forze governative a Mindanao. Sei agenti di polizia sono stati uccisi dalle truppe maoiste in un’imboscata.

Il presidente filippino sta affrontando la sua più importante crisi di sicurezza, le sue truppe sono sotto pressione cercando di imporre la legge marziale su un isole di 22 milioni di abitanti. Ci sono alcune preoccupazione che i ribelli dell’ISIS abbiano stretto una forma di accordo con le forze maoiste.

Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/philippine-leader-to-go-after-maoist-rebels-after-scrapping-talks

22 luglio, Filippine – Il congresso filippino estende la legge marziale

Il senato filippino ha accettato di estendere la durata della legge marziale sull’isola di Mindanao fino alla fine di quest’anno, dando così al presidente tempo aggiuntivo per gestire la crisi di Marawi. In totale 261 senatori si sono dichiarati a favore, superando ampiamente la soglia minima richiesta. Il risultato non è una sorpresa vista che gli alleati del presidente Duterte controllano la camera, e in questo caso poteva anche contare sul sostegno dell’opposizione.

Questa decisione non è però sostenuta da tutti, un gruppo di manifestanti hanno interrotto la sessione entrando e cantando in congresso “mai più la legge marziale”. Gli attivisti erano membri del National Union of Students of the Philippines e hanno dichiarato “Questa estensione (della legge marziale) continuerà a legittimizzare la militarizzazione e la presenza americana a Mindanao. Non ha fatto altro che creare rifugiati, persone scomparse, stupri, uccisioni e altre violazioni dei diritti umani.”

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2017/07/philippine-congress-extends-martial-law-end-2017/#3UPl4or7Mk8xpCZj.97

23 luglio, Filippine – La battaglia per Marawi entra nel suo terzo mese

Due mesi dopo che cinquecento ribelli abbiano lanciato l’assalto sulla città di Marawi, i combattimenti non sono ancora del tutto finiti. Alcuni ufficiali di alto rango hanno ammesso di aver sottovalutato i combattenti pro ISIS, che si sono rivelati più addestrati e meglio equipaggiati del previsto. Nei giorni precedenti è stata stato infatti prolungata la legge marziale fino alla fine dell’anno.

Duterte non si è ancora espresso su come mettere fine alla crisi. All’interno della città rimangono una settantina di ribelli trincerati tra le macerie insieme ad un numero non definito di ostaggi. In totale sono già morte 500 persone, inclusi 45 civili e 105 truppe del governo e il presidente vuole assolutamente evitare la morte di ulteriori civili.

Secondo numerosi esperti il governo filippino dovrebbe profondamente ripensare la propria strategia, “dobbiamo lottare contro la diffusione del terrorismo non solo tramite l’intelligence ed il contro-terrorismo, ma attaccarci anche alle cause” ha spiegato Rodolfo Mendoza. L’isola di Mindanao è spesso stata soggetta a alti livelli di povertà criminalità, pirateria e banditismo.

Fonte:  The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/marawi-stand-off-enters-third-month-underlining-crisis-in-philippines

Featured Image Source: Wikimedia