Rassegna settimanale 12-18 marzo 2018: Giappone e Corea del Sud

Rassegna settimanale 12-18 marzo 2018: Giappone e Corea del Sud

12 Marzo, Corea del Sud – Moon cerca di incrementare il dialogo con Cina, Giappone e Russia

La Corea del Sud cerca cooperazione con i propri Stati vicini nel tentativo di aprire la strada al summit tra il leader nordcoreano Kim Jong-un e il Presidente americano Donald Trump, previsto per la fine di maggio.

La delegazione coreana che ha incontrato Kim e Trump la scorsa settimana si reca ora in visita dai capi di Stato di Cina e Giappone per condividere i dettagli dell’incontro. Di ritorno da Washington, il capo del Consiglio Nazionale di Sicurezza, Chung Euj-yong, si è diretto lunedì a Pechino, mentre il direttore dell’Intelligence Nazionale, Suh Hoon, si è recato a Tokyo, subito dopo aver riportato i dettagli dell’incontro con Trump al Presidente coreano Moon Jae-in.

Chung si è incontrato con il Presidente cinese Xi Jinping a Pechino, lunedì. Il Presidente Xi avrebbe riferito a Chung di essere favorevole a un dialogo tra Washington e Pyongyang e di voler sviluppare relazioni stabili e “salutari” con la Corea del Sud. Inoltre, tramite Chung, il Presidente Moon avrebbe poi invitato Xi a visitare Seoul.

Martedì Chung si recherà a Mosca. Non è chiaro se riuscirà o meno a incontrare il Presidente russo Vladimir Putin, a causa delle imminenti elezioni presidenziali di domenica, alle quali Putin è candidato.

Pechino e Mosca hanno accolto positivamente il cambio repentino di posizione di Pyongyang. I due Stati si erano anche impegnati per facilitare un summit tra le due Coree.

Nel frattempo, Suh ha già parlato con il ministro degli Esteri giapponese, Taro Kono, subito dopo l’arrivo a Tokyo e incontrerà il Primo ministro Shinzo Abe martedì.

Tokyo attribuisce il nuovo atteggiamento del regime nordcoreano alle sanzioni internazionali imposte dalla Comunità Internazionale e sottolinea la necessità di mantenere ancora la massima pressione sul Paese.

In occasione dell’incontro con la delegazione coreana il 5 marzo, il leader nordcoreano ha espresso la propria disponibilità alla denuclearizzazione in cambio dell’assicurazione di sicurezza. Avrebbe riferito che il regime è disposto a discutere la questione con gli USA e che nessun tipo di provocazione sarà messa in atto durante il periodo di dialogo. L’incontro si è concluso con la promessa di un ulteriore summit tra le due Coree nel mese di aprile.

Subito dopo la delegazione si è diretta a Washington per riferire il risultato alla Casa Bianca. Il Presidente Trump ha accettato l’invito di Kim al dialogo e l’incontro è previsto per la fine di maggio, a soli pochi mesi dall’ostile scambio di battute tra i due leader che ha suscitato ovunque nel mondo il timore di un conflitto armato.

Le discussioni tra Corea del Nord e Corea del Sud, Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia iniziarono nel 2003 e l’ultimo round si tenne nel 2007. Pyongyang disse che avrebbe messo fine ai propri test nucleari, tuttavia, nel 2009 si sottrasse dalle promesse fatte e riprese il proprio programma nucleare.

Stando a quanto si dice, Moon starebbe considerando anche di tenere conversazioni telefoniche con i capi di stato di USA, Cina, Giappone e Russia. “Si tratta di un’opportunità preziosa per aprire la strada alla denuclearizzazione della penisola coreana, alla pace duratura e alla prosperità,” ha spiegato Moon lunedì.

“Dall’incontro tra le due Coree e gli Stati Uniti che avrà luogo tra due mesi scaturiranno cambiamenti decisivi. Ma siccome ciò che puntiamo a realizzare nel breve tempo di due mesi, è qualcosa che il mondo non è riuscito ad ottenere fino a d’ora, è difficile essere ottimistici riguardo ai risultati e per questo procediamo con cautela.”

Fonte: The Korea Times
Link: http://www.koreatimes.co.kr/www/nation/2018/03/356_245515.html

 

13 Marzo, Giappone – Il ministro delle Finanze, Taro Aso, lotta per la sopravvivenza politica del LDP, mentre lo scandalo di clientelismo minaccia di dividere il partito

Il ministro delle Finanze, Taro Aso, cerca di rimanere in piedi dopo lo scandalo di clientelismo che ha paralizzato la Dieta e che minaccia di dividere il partito di governo, assestando un duro colpo all’amministrazione di Abe.

Il Primo ministro Shinzo Abe e Aso, suo vicinissimo alleato, si trovano a dover affrontare pressioni a causa dell’ammissione del Ministero delle Finanze di aver fatto sparire 14 documenti relativi alla vendita sospetta di un terreno statale all’operatore scolastico nazionalista Moritomo Gakuen nel 2016, e che avrebbe avuto legami con la moglie di Abe, Akie, tra febbraio e aprile 2017.

Il sospetto di aver nascosto i fatti ha investito il Partito Liberal Democratico e potrebbe danneggiare le speranze di Abe per la prossima candidatura come leader del partito alle elezioni di settembre. Perdere la leadership del partito potrebbe rovinare le possibilità di Abe di diventare il Primo ministro più longevo del Paese. I legislatori dell’opposizione stanno chiedendo anche ad Aso di prendersi la sua parte di responsabilità e molti analisti pensano che le sue dimissioni siano ormai inevitabili.

Martedì, Aso ha promesso di esaminare i documenti relativi alla vendita controversa del terreno e controllare che non siano compromessi, dal momento che i partiti di opposizione hanno sollevato critiche contro il governo. “Il mio dovere come ministro delle Finanze è quello di capire perché è successo ed evitare che questo si possa ripetere in futuro,” ha riferito ai giornalisti.

Aso ha anche annunciato che probabilmente non parteciperà al G-20 dei ministri delle Finanze a Buenos Aires la prossima settimana. Il motivo di questa assenza il 19 e 20 marzo dal G-20 sarebbe riconducibile “alla presente situazione parlamentare”, come ha spiegato Aso ai giornalisti.

“È importante offrire piena collaborazione con le investigazioni in corso. Per prevenire che questa cosa si verifichi ogni anno, continueremo a indagare a fondo della questione e faremo il possibile per riconquistare la fiducia della popolazione,” ha dichiarato Aso, sottolineando l’intenzione di affrontare la situazione turbolenta.

Un legislatore del LDP, che è voluto rimanere anonimo, ha riferito che “probabilmente sarà molto difficile” per Aso viaggiare oltreoceano “in questa situazione.” Altri funzionari del partito e del governo hanno spiegato che è più probabile che Aso rimanga a casa e lasci partecipare al suo posto al G-20 Masatsugu Asakawa, principale diplomatico finanziario del Giappone.

Lo scandalo ha già causato una situazione di stallo nella Dieta, con i partiti dell’opposizione che minacciano di boicottare le trattative per il budget del prossimo anno d’imposta, e posticipando così le riforme per la crescita economica a lungo termine.

Il loro criticismo è aumentato ulteriormente martedì, dopo che il quotidiano Yomiuri Shimbun ha riportato la notizia del suicidio di un funzionario del Ministero delle Finanze, che avrebbe lasciato una nota scritta nella quale accusava il ministro di averlo forzato ad alterare i documenti.

Sempre martedì, il capo degli affari della Dieta del LDP, Hiroshi Moriyama, ha negato le richieste dell’opposizione di convocare Akie Abe e Nobuhisa Sagawa, capo dell’Agenzia Tributaria Nazionale, che ha presieduto l’Ufficio delle Finanze, dopo aver parlato con Kiyomi Tsujimoto, capo degli affari parlamentari del Partito Democratico Costituzionale, principale partito d’opposizione.

La paralisi della Dieta potrebbe anche lasciare vacanti due posti di deputati per la Banca del Giappone quando scadrà il mandato il 19 marzo, dal momento che la nomina ha bisogno dell’approvazione dei legislatori.

“La tempesta di fuoco che avvolge questa mistificazione e questa vendita di terra continuerà a ostacolare l’azione dell’amministrazione nel portare avanti l’agenda politica,” ha spiegato Tobias Harris, vicepresidente dell’Intelligence Teneo, compagnia mondiale di consulenza.

Con il timore di una guerra commerciale globale come punto focale di questo G-20 a Buenos Aires, l’assenza di Aso sarebbe l’ennesima conferma di quanto lo scandalo sia, in effetti, un ostacolo ingombrante per il governo di Abe.

Lunedì, Aso ha accusato i burocrati dell’occultamento dei documenti. Tuttavia, in questo caso raro, diversi pezzi grossi del partito al governo hanno apertamente criticato Abe durante lo scandalo e avvertito i politici – non solo i burocrati – di prendersi le proprie responsabilità.

Un sondaggio del quotidiano Sankei Shimbun ha mostrato che il 71% dei soggetti intervistati è convinto che Aso dovrebbe dimettersi, mentre il supporto all’amministrazione di Abe sarebbe sceso di 6 punti percentuali dal mese di febbraio, fino al 45%.

“Aso dice che non si dimetterà per prendersi le responsabilità dell’insabbiamento dei documenti. Ma questo approccio non funzionerà per molto ancora,” ha riferito Harris. Secondo gli analisti, dal momento che Aso è a capo di una potente fazione all’interno del LDP, se egli fosse forzato a dare le dimissioni e si dovesse sentire tradito potrebbe erodere le possibilità di Abe di vincere un’altra candidatura.

Solo pochi analisti a questo punto sostengono che lo scandalo possa portare alla caduta di Abe, alcuni pensano potrebbe compromettere l’attenzione del Primo ministro sulla crescita del Paese e sulle politiche economiche deflazioniste, note con il nome di Abenomics e diventate un emblema del suo governo. L’economia giapponese sta attraversando il periodo più lungo di crescita in 28 anni, grazie alla densa domanda globale e alle spese di capitale.

Lo scandalo ha avuto ripercussioni anche sui mercati, nonostante l’indice Nikkei si sia alzato allo 0.66% martedì. “Se Aso dovesse dare le dimissioni, questo darebbe mano libera alla sua fazione politica, portando una corsa alla leadership del LDP estremamente fluida. Nel peggiore dei casi, Abe potrebbe non vincere la sua terza candidatura,” spiega Hidenori Suezawa, analista alla SMBC Nikko Securities. “Se Abe dovesse cadere, cadrebbe anche l’Abenomics e si tornerebbe punto a capo.”

Fonte: The Japan Times
Link: https://www.japantimes.co.jp/news/2018/03/13/national/politics-diplomacy/aso-fights-political-survival-cronyism-scandal-threatens-divide-ruling-party/#.WqfMmkxFzIU

 

14 marzo, Corea del Sud – Due ex Presidenti della Corea del Sud sono ora indagati

Mercoledì, l’ex Presidente della Corea del Sud, Lee Myung-bak, è stato interrogato con l’accusa di corruzione, appropriazione indebita ed evasione, un anno dopo l’arresto di un altro ex leader per corruzione. Mr. Lee, che fu Presidente dal 2008 al 2013, ha affrontato le telecamere che lo aspettavano all’ingresso dell’ufficio distrettuale di Seoul, dove era stato convocato per essere interrogato come sospettato di illeciti.

Nel corso delle indagini, i capi d’accusa hanno interrogato e arrestato diversi aiutanti di Mr. Lee, compresi parenti e uomini d’affari. L’interrogatorio a Mr. Lee è volto allo sforzo di raccogliere quante più prove possibili contro di lui.

“Essere qui mi demoralizza,” ha riferito Mr. Lee, 76 anni, scusandosi per aver causato “preoccupazione” tra i coreani. “Spero di essere l’ultimo Presidente a trovarsi qui.”

Da quando la Repubblica di Corea ha avuto origine nel 1948, tutti i suoi presidenti hanno visto le proprie reputazioni danneggiate verso la fine del mandato o durante il ritiro, per scandali legati alla corruzione che hanno coinvolto i presidenti direttamente, i loro parenti o i loro aiutanti.

Mr. Lee è il quinto ex presidente che viene interrogato per corruzione dagli anni Novanta. “Arrestatelo!” qualcuno grida vedendo l’auto di Mr. Lee avvicinarsi all’edificio.

Il successore di Mr. Lee, Park Geun-hye, è stato il primo Presidente coreano ad essere accusato dal Parlamento a dicembre 2016, nel bel mezzo di uno scandalo per corruzione. L’accusa ha chiesto alla Corte di Seoul di condannare Mr. Park a 30 anni di reclusione per aver accumulato 21 milioni di dollari corrompendo grandi aziende, come la Samsung, che è stata accusata invece di aver costretto i propri uomini d’affari a fare donazioni di 72 milioni di dollari a due fondazioni di proprietà di un “amico”. Una giuria composta da tre giudici emanerà il verdetto per Mr. Park il 6 aprile.

Mr. Lee invece è indagato per aver accumulato più di 10 milioni di fondi illegali durante il periodo in cui era candidato alle elezioni e anche dopo essere diventato Presidente, tra cui tangenti da parte di diverse fonti, come la Samsung ad esempio e il Servizio d’Intelligence Nazionale.

In una conferenza stampa a gennaio, Mr. Lee ha chiamato in causa motivazioni di tipo politico che starebbero dietro queste indagini, accusando il Presidente attuale, Moon Jae-in, di usare i Pubblici Ministeri dello stato per fare “vendetta politica”. Ovviamente, Moon ha negato le accuse.

Il migliore amico di Moon, l’ex presidente Roh Moo-hyun, perse la propria moglie nel 2009, subito dopo essere stato interrogato per sospetti di corruzione che coinvolgevano la sua famiglia. Mr. Moon e altri sostenitori di Mr. Roh avevano accusato l’allora Presidente conservatore Mr. Lee di aver indagato Mr. Roh per umiliarlo e per screditare i liberali. Anche dopo la sua morte, Mr. Roh rimane una figura iconica per molti liberali coreani.

Le accuse di corruzione contro Mr. Lee vennero presentate per la prima volta durante la campagna elettorale del 2007, alla successione di Mr. Roh. Queste includevano il fatto che Mr. Lee, ex CEO della Hyundai, avesse nascosto gli interessi di una proprietà in nome di parenti. Era stato anche accusato di aver usato il potere presidenziale per mettere fine ad una faccenda legale connessa a queste proprietà e per aver fatto pagare alla Samsung 5 milioni di spese di avvocati.

Tre ex presidenti della Corea del Sud hanno sono stati in prigione, tra cui Ms. Park. L’ex dittatore militare Chun Doo-hwan venne condannato a morte e il suo amico e successore, Roh Tae. Woo, fu condannato a 22 anni e mezzo di reclusione per corruzione, ammutinamento e sedizione nel 1996. Le sentenze furono poi ridotte e i due furono successivamente assolti e rilasciati nel 1997.

Fonte: The New York Times
Link: https://mobile.nytimes.com/2018/03/13/world/asia/lee-myung-bak-south-korea-corruption.html?rref=collection%2Fsectioncollection%2Fasia&action=click&contentCollection=asia&region=stream&module=stream_unit&version=latest&contentPlacement=7&pgtype=sectionfront&referer=https://www.nytimes.com/section/world/asia?action=click&contentCollection=world&region=navbar&module=collectionsnav&pagetype=sectionfront&pgtype=sectionfront

 

15 Marzo, Giappone – La Corte Suprema rompe la regola delle custodie internazionali e pronuncia una sentenza a favore di un padre giapponese, residente negli USA

Giovedì, la Corte Suprema ha emesso verdetto a favore del padre giapponese residente negli Stati Uniti, che da tempo cercava di ricongiungersi con il figlio adolescente, sottratto dalla ex moglie e riportato in Giappone nel 2016, mettendo così fine al rifiuto della stessa di rispettare un precedente ordine giudiziario che giudicava il rimpatrio del minore un “confinamento illegale”.

La sentenza in questione è la prima emessa dalla Corte Suprema riguardo a casi in cui le procedure di rientro pronunciate dai tribunali sono state rifiutate. Si potrebbe leggere in questa decisione l’intenzione di lanciare un forte messaggio alla legislatura giapponese, spesso ritenuta impotente rispetto ai casi di sottrazione internazionale di minori, nonostante l’adesione del Paese alla Convenzione dell’Aia del 1980, e dopo la serie di critiche contro l’indifferenza rispetto alle procedure di ritorno emessi dalle corti.

La Corte Suprema ha quindi rimandato il caso all’Alta Corte di Nagoya. Quest’ultimo caso ha visto coinvolta una coppia giapponese residente negli Stati Uniti, la cui relazione matrimoniale ha iniziato a deteriorarsi nel 2008. Secondo la sentenza, la moglie avrebbe deciso per conto proprio di portare via il figlio all’età di 11 anni, nel gennaio del 2016, e di riportarlo in Giappone, dove vivono da allora.

Su richiesta del marito, la Corte di Tokyo ha emesso una procedura di ritorno del figlio a settembre dello stesso anno, come stabilito dalla Convenzione dell’Aia del 1980, ma la moglie non ha rispettato la disposizione. Quando l’ufficiale nominato dalla Corte è intervenuto per recuperare il bambino l’anno seguente, la moglie si è rifiutata di aprire la porta, costringendo il funzionario ad entrare dalla finestra. La madre in questione avrebbe poi lottato per trattenere il figlio, il quale avrebbe riferito di voler rimanere in Giappone.

Giovedì, la Corte ha rigirato il caso all’Alta Corte di Nagoya, sottolineando la volontà del ragazzo di restare in Giappone. L’ultimo verdetto ha giudicato il minore in una posizione difficile per poter esprimere un pensiero oggettivo sul volere o meno rimanere con la madre, facendo riferimento alla forte fiducia nei suoi confronti e all’eccessiva influenza psicologica che lei esercita su di lui e sulla sua vita in Giappone. L’apparente mancanza di libertà di scelta, così riporta la sentenza, costituirebbe un tentativo della madre equiparabile ad una forma di detenzione.

“Alienare i figli dal genitore lasciato indietro è un comportamento comune dei genitori che sottraggono i figli” ha spiegato John Gomez, presidente della ONG Kizuna Child-Parent Reunion, facendo notare come i tribunali bassi ignorino questa “inappropriata influenza psicologica e questa alienazione che questi genitori “sottrattori” esercitano e inducono.

“Prima, quando i bambini davano la propria opinione, dicendo di non volere tornare, allora la procedura di ritorno veniva fermata. Ma ora, con questa consapevolezza, viene riconosciuta la realtà e la necessità di non fermarsi alle parole, ma prendere in considerazione il contesto in cui sono state dette e le dinamiche che hanno portato a esprimere quel desiderio piuttosto che un altro,” ha continuato Gomez. “E’ uno sviluppo davvero importante.”

Il Giappone ha aderito in ritardo alla Convenzione dell’Aia del 1980, sottoscrivendola solo nel 2014 e segnando un passo avanti verso il superamento della fama di Paese “buco nero” delle sottrazioni internazionali di minori. La questione, tuttavia, è a lungo rimasta effettivamente inalterata all’interno della legislazione giapponese.

Secondo il Ministero degli Esteri, da quando il trattato è entrato in auge, nell’aprile del 2014, ci sono stati sei casi in cui sono state disposte procedure di ritorno, tuttavia nessuna di queste è stata poi andata a buon fine.

La Legge prevede una multa per i genitori che si rifiutano di rispettare gli ordini di rimpatrio dei figli. Se i genitori dovessero rifiutarsi ulteriormente, ufficiali nominate dai tribunali hanno il compito di confrontarsi con loro. L’ufficiale giudiziario, il cui obiettivo è convincere i genitori a lasciare liberi i figli, è autorizzato a entrare e perquisire la casa. Ma la Legge vieta agli ufficiali di usare la forza fisica sui bambini, impedendone così l’effettivo ritorno.

“Quindi, nel caso in cui un bambino voglia andare ma il genitore si rifiuta di lasciarlo libero, un ufficiale esecutivo può ricorrere alla forza fisica per trattenere il genitore. Ma se il ragazzo protesta restando attaccato al genitore, per esempio, l’ufficiale non ha il permesso di comportarsi allo stesso modo,” spiega il Ministero degli Esteri.

Nel report del 2017 sulla sottrazione internazionale di bambini da parte dei genitori, il governo americano ha espresso la propria preoccupazione sull’abilità del Giappone di mettere in atto veloci ed effettive procedure di ritorno.

Sempre secondo il report, mentre i tribunali giapponesi dispongono procedure di ritorno secondo la Convenzione, le autorità “non sono legalmente in grado di far rispettare le disposizioni,” citando un caso particolare rimasto pendente per più di 12 mesi, in cui la l’esecuzione legale non è riuscita a portare a termine la procedura di ritorno.

Fonte: The Japan Times
Link: https://www.japantimes.co.jp/news/2018/03/15/national/crime-legal/supreme-court-breaks-new-ground-ruling-favor-u-s-based-japanese-father-international-custody-battle/#.Wqp2KExFzIU

16 Marzo, Giappone – Nel contesto di apertura tra il regime nordcoreano e Trump, il Presidente coreano Moon rassicura Abe riguardo alla questione dei cittadini giapponesi rapiti

Venerdì il governo coreano ha annunciato che il Presidente Moon Jae-in ha promesso al Primo Ministro giapponese Shinzo Abe il proprio sostegno nella questione dei cittadini giapponesi rapiti dal regime nordcoreano e ha garantito di continuare a fare pressione su Pyongyang per il programma missilistico e nucleare.

Abe ha parlato direttamente con Moon al telefono, per la prima volta da quando il leader nordcoreano Kim Jong-un ha chiesto di incontrare il Presidente americano Donald Trump.

“Abe ha spiegato a Moon l’intenzione del Giappone di trovare una soluzione alla questione dei rapimenti, oltre a quella dei programmi missilistici e nucleari,” ha spiegato il deputato capo segretario del Gabinetto, Yasutoshi Nishimura.

Nel 2002 la Corea del Nord ammise il rapimento di 13 cittadini giapponesi tra il 1970 e il 1980 con lo scopo di convertirli in spie: solo cinque di questi sono tornati in Giappone. Tuttavia, Tokyo sospetta ci siano stati centinaia di rapimenti del genere.

L’insistenza di Tokyo di includere questa questione nella discussione con la Corea del Nord potrebbe creare tensioni tra Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti, nel caso in cui Washington e Seoul decidano di negoziare la denuclearizzazione con Pyongyang lasciando fuori la questione irrisolta dei rapimenti.

“Ci conforta sapere che il Presidente Moon comprende la nostra posizione riguardo al problema dei rapimenti,” ha riferito un alto ufficiale del governo giapponese. Abe ha anche ribadito la posizione per cui è necessario mantenere massima pressione sulla Corea del Nord, perché le promesse a parole non bastano.

“Abe ha spiegato a Moon che la promessa della Corea del Nord di fermare i propri programmi missilistici e nucleari non basta, servono azioni concrete, come permettere l’accesso degli ispettori della IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica).

I primi segni di distensione con la Corea del Nord hanno avuto inizio durante le Olimpiadi Invernali lo scorso mese, dopo quasi più di un anno di crescente allarme sulla questione nucleare e legata ai test missilistici del regime nordcoreano.

Abe ha incontrato anche il capo dei Servizi d’Intelligenze della Corea del Sud, Suh Hoon, per discutere del summit previsto tra Trump e Kim verso la fine di maggio. Moon invece dovrebbe incontrare Kim entro la fine di aprile.

Rispetto alla Corea del Sud, il Giappone è rimasto cauto riguardo a questa apertura e desidera che queste discussioni abbiano come oggetto anche il ritorno in patria dei cittadini giapponesi rapiti dagli agenti nordcoreani.

Abe ha fatto della questione dei rapimenti un punto centrale della propria carriera politica, promettendo un impegno costante fino a quando tutte le 13 vittime, di cui la Corea del Nord ha ammesso il rapimento, non saranno rimpatriate e fino a quando il regime non avrà divulgato maggiori informazioni sugli altri giapponesi che si pensa siano stati rapiti dalle spie nordcoreane.

Fonte: The Japan Times
Link: https://www.japantimes.co.jp/news/2018/03/16/national/politics-diplomacy/south-korean-president-moon-jae-agrees-phone-help-abe-resolve-abduction-issue-amid-norths-overture-trump/#.Wq0PVkxFzIU

 

17 Marzo, Corea del Sud – La First Lady promuove e si gode i Giochi Paraolimpici

Molti hanno distolto l’attenzione da PyeongChang dopo la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi Invernali del 2018, ma questo non vale per la first lady Kim Jung-sook. Dall’inizio delle Paralimpiadi Invernali il 9 marzo, Kim ha visitato gli stadi di PyeongChang quasi tutti i giorni per promuovere e assistere agli eventi sportivi.

Nel giorno di apertura aveva dichiarato di voler essere presente a più giochi possibili e aveva incoraggiato molti altri a seguire il suo esempio. Fino ad ora ha fatto un ottimo lavoro, toccando il cuore di moltissime persone.

Giovedì, Kim ha presenziato al Gangneung Hockey Center con alcuni ufficiali della Casa Blu (Cheong Wa Dae) per assistere alla semifinale maschile tra Canada e Corea.

“Pensavo fosse un gioco che riguardava solo gli atleti e le loro famiglie, ma moltissime persone sono venute per sostenerli. Ne sono molto grata,” ha riferito Hwang Sun-hve, moglie del giocatore di hockey Lee Ji-hoon.

La cerimonia di chiusura dei Giochi Paraolimpici si terrà allo Stato Olimpico di PyeongChang dalle otto di sera e durerà circa due ore. Ovviamente, la first lady sarà presente.

Fonte: The Korea Times
Link: http://www.koreatimes.co.kr/www/sports/2018/03/702_245743.html

18 Marzo, Giappone – La Corea del Nord ammonisce: il Giappone potrebbe non ricevere l’invito per Pyongyang se la politica di pressione continua

La Corea del Nord minaccia il Giappone a causa della politica di Tokyo di continuare con la pressione al proprio vicino, avvisando che potrebbe non ricevere l’invito per Pyongyang. Questa notizia è arrivata qualche giorno dopo che le fonti del governo giapponese avevano riferito di valutare la possibilità di un summit tra Shinzo Abe e Kim Jong-un.

“È tempo che il Giappone rifletta sulle proprie politiche contro la Corea del Nord e accetti una volta per tutte l’andamento delle cose,” ha riferito la Korean Central News Agency della Corea del Nord lo scorso sabato.

“Abbiamo già avvertito che i giapponesi reazionari potrebbero non ricevere l’invito a Pyongyang se continueranno con questi modi sgarbati e senza discrezione. Sarebbe saggio, da parte loro, smettere con questo inutile sforzo e seguire, piuttosto, l’andamento dei tempi, prima che sia troppo tardi,” ha aggiunto.

Un report dell’agenzia giornalistica Kyodo della scorsa settimana aveva citato in modo anonimo un alto funzionario dell’ufficio di Abe, che ribadiva che il governo crede sia essenziale un dialogo diretto tra i leader per poter raggiungere l’obiettivo di Abe sulla questione dei cittadini giapponesi rapiti da agenti nordcoreani tra gli anni Settanta e Ottanta.

Il principale alleato di Abe, il Presidente Donald Trump, ha accettato l’invito di Kim Jong-un per la fine di maggio, annuncio che è arrivato in modo inaspettato dal momento, soprattutto perché i due storici avversari si incontreranno per cercare di raggiungere un accordo sulla denuclearizzazione della Corea del Nord.

Tuttavia, l’amministrazione di Abe, principale sostenitrice della linea di “massima pressione” propagandata da Trump, ha insistito per mantenere un atteggiamento ferreo insieme alla Casa Bianca rispetto alla Corea del Nord. Il regime nordcoreano sta invece lavorando per sfruttare le spaccature tra i tre Stati, ossia Giappone, USA e Corea del Sud.

Fonte: The Japan Times
Link: https://www.japantimes.co.jp/news/2018/03/18/national/politics-diplomacy/north-korea-says-japan-may-not-get-ticket-pyongyang-pressure-policy-continues/#.Wq5cPkxFzIU

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