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Rassegna settimanale 16-22 luglio 2018: Cina e Cora del Nord

16 luglio, Corea del Nord – Ripristino della ricerca dei resti dei militari americani

 Il segretario di stato degli Stati Uniti d’America, Mike Pompeo, ha dichiarato che le trattative coi funzionari nordcoreani riguardo alla restituzione dei resti dei militari americani uccisi nella guerra di Corea nel 1950-53 stanno procedendo con buoni risultati. Per il prossimo lunedì è stato organizzato un meeting di aggiornamento sulla questione.

L’incontro dei generali statunitensi e nordcoreani avvenuto scorsa domenica è stato il primo in nove anni.  Le due parti si sono incontrate al confine inter-coreano e si sono messi d’accordo su ripristinare congiuntamente le attività sul campo per la ricerca dei resti degli americani scomparsi durante la guerra.

Il rimpatrio dei resti è stato, infatti, uno degli accordi raggiunti nell’incontro avvenuto a giugno a Singapore tra il presidente Trump e il leader Kim Jong-un.

Il Pentagono ha affermato che i funzionari nordcoreani avevano dichiarato nel passato di essere in possesso dei resti di almeno 200 soldati americani. Tuttavia, un funzionario dell’esercito americano ferrato nel tema ha detto che non ci sono informazioni sicure. Il mese scorso l’esercito U.S.A. ha portato nella zona demilitarizzata cento bare di legno, che saranno utilizzate per trasportare i resti.

Circa 7.700 militari americani che combatterono la guerra di Corea risultano ancora dispersi. Nel conflitto morirono più di 36.500 soldati.

Le trattative con la Corea del Nord non sono state semplici sin dall’inizio. All’inizio l’incontro era previsto per giovedì, poi è stato rimandato a domenica per decisione nordcoreana.

In realtà, dal 1996 al 2005 gli Stati Uniti e la Corea del Nord avevano avviato operazioni comuni per la ricerca dei resti dei soldati U.S.A.; le operazioni erano però state interrotte quando Pyongyang affrettò il suo programma nucleare.

Al summit di Singapore, Kim Jong-un ha ribadito il suo impegno a lavorare per la denuclearizzazione del suo Paese; tuttavia, non ha rivelato i dettagli e le tempistiche dell’operazione.

Pompeo ha dichiarato che durante l’ultimo incontro ha fatto progressi nel definire delle tempistiche per la denuclearizzazione della Corea del Nord.

Fonte: The Guardian

Link: https://www.theguardian.com/world/2018/jul/16/north-korea-to-resume-search-for-us-military-remains

Cina – La crescita del PIL rallenta e Trump potrebbe farla rallentare ancora di più

L’economia cinese ha raggiunto il suo livello più basso di crescita mai registrato (6,7). Gli esportatori si aspettano infatti dei contraccolpi causati dalle tariffe americane.

Il tasso di crescita rispetta comunque il target stabilito da Pechino: intorno al 6,5%.

La crescita potrebbe frenare ulteriormente, qualora scoppiasse una vera e propria guerra commerciale con gli Stati Uniti.

Diverse istituzioni, tra cui Morgan Stanley, prevedono che il 25% delle tariffe americane applicate al valore dei beni cinesi (50 bilioni di $ americani) potrebbero schiacciare la crescita di 0,1 punti percentuali, facendo così rallentare l’economia e portando la crescita ai livelli più bassi registrati dopo il primo quadrimestre del 2009, quando le esportazioni del Paese furono duramente colpite dalla crisi finanziaria globale.

Tuttavia, se gli Stati Uniti decidessero di applicare i dazi del 10% sui beni cinesi del valore di 200 bilioni di $ americani, il tasso di crescita cinese potrebbe crollare di 0,3 punti percentuali. Questa operazione porterebbe la crescita al livello più basso dall’inasprimento dei fatti di piazza Tienanmen, quando le maggiori economie mondiali decisero di sanzionare la Cina per il suo attacco ai movimenti a favore della democrazia.

Per ora il rallentamento della crescita cinese è principalmente il risultato di una diminuzione della spesa per gli investimenti interna.

I dati di venerdì mostrano che in giugno le esportazioni cinesi sono aumentate a ritmo costante, anche se alcuni analisti hanno dichiarato che i dati potrebbero essere alterati dal fatto che la maggior parte delle esportazioni siano avvenute prima che le tariffe avessero fatto effetto.

Allo stesso tempo, il surplus commerciale degli Stati Uniti ha raggiunto un nuovo record, spingendo Washington a richiedere che il divario sia ridotto maggiormente.

Louis Kuijs, capo economista Asia presso Oxford Economics a Hong Kong ha previsto che la crescita cinese rallenti al 6,2% nel quarto semestre e al 6,1% nel 2019.

Zhang Zhiwei, economista cinese capo della Deutsche Bank ha affermato che se il presidente Donald Trump decide di applicare i dazi extra, sottrarrà al PIL cinese 0,3 punti percentuali.

Zhang ha previsto che la crescita scenderà al 6,6% nel terzo quadrimestre, a 6,5% nel quarto e a 6,3% nel 2019.

Zhou Hao, economista senior dei mercati emergenti presso la Commerzbank a Singapore, ha dichiarato che la Cina dovrà affrontare una sfida tutta in salita per convincere gli investitori che in caso di una guerra commerciale con gli Stati Uniti non ci saranno problemi.

Iris Pang economista capo di ING ha affermato che la disputa commerciale non ha ancora avuto un impatto materiale sull’economia cinese, ma gli esportatori e le aziende erano preoccupati.

Pechino ha cercato di focalizzarsi sulla “qualità della crescita” al posto della velocità e un rallentamento della crescita era atteso.

La Cina ha dimostrato anche un atteggiamento sicuro, affermando che il primo round dei dazi americani rallenterà la crescita del 0,2% e che gli impatti sono praticamente già stati assorbiti.

Fonte: South China Morning Post

Link: https://www.scmp.com/news/china/economy/article/2155396/chinas-growth-slows-second-quarter-government-tackles-risk-and

Cina – Peggiora il problema dell’invecchiamento della popolazione a causa della diminuzione di nascite e matrimoni

La Cina si trova ad affrontare una grande sfida dovuta alla diminuzione delle nascite e al fatto che nel 2030 un quarto della popolazione sarà maggiore di 60 anni.

Il rapido invecchiamento della popolazione ha infatti spinto la Cina ad abbandonare nel 2016 la politica del figlio unico risalente al 1979. Tuttavia, nonostante questo cambio, lo scorso anno nella Cina continentale sono nati 17,58 milioni di bambini, mentre il numero degli over 60 ammonta a 241 milioni.

Il tasso di nascita è sceso a 12,43 nascite per mille abitanti. Il 51% dei nuovi nati non era il primo figlio della famiglia.

La diminuzione delle nascite è dovuta a diverse cause: il crollo del numero di donne in età fertile, dovuto al basso tasso di nascite degli anni ’90, ma anche il ritardo nello sposarsi e la riluttanza ad avere figli.

Oltre al crollo delle nascite si è assistito anche a un crollo dei matrimoni.

Il governo sta pensando delle misure per incentivare le nascite, una di queste potrebbe essere l’istituzione di un assegno per nucleo familiare.

Huang Kuangshi, ricercatore presso il centro di ricerca sulla popolazione e lo sviluppo, ha affermato di aver proposto all’Assemblea nazionale del popolo una riduzione di tasse di 1000 yuan per ogni figlio.

Il problema dell’invecchiamento della popolazione riguarda soprattutto le aree nel nord est del Paese, legale tradizionalmente all’industria pesante: le province di Liaoning, Heilongjiang e Jilin.

Fonte: South China Morning Post

Link: https://www.scmp.com/news/china/policies-politics/article/2155366/chinas-ageing-population-problem-worsens-birth-and

17 luglio: Cina – Hong Kong impone per la prima volta la messa al bando di un partito separatista

Hong Kong, per la prima volta, si sta attivando per mettere al bando un partito a favore dell’indipendenza. La decisione si appella a un’ordinanza degli anni ’90 che mette a bando le associazioni che “minano l’ordine pubblico”.

Lo scorso martedì la polizia ha mandato la notifica a casa del fondatore del partito, Andy Chan Ho-tin. In una lettera si riporta che “il partito dovrebbe essere messo al bando nell’interesse della sicurezza nazionale o della la sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico, della protezione della salute pubblica, morale o protezione dei diritti e delle libertà altrui”

Durante una conferenza stampa John Lee, responsabile della sicurezza di Hong Kong, ha dichiarato che se il partito fosse messo al bando tutti coloro che partecipano alle riunioni o fanno donazioni al gruppo potrebbero essere punti con una multa di 6.400$ e due anni di prigione. “A Hong Kong abbiamo libertà di associazione, ma questo diritto non è senza restrizioni”, avrebbe affermato Lee.

Chan, 27 anni, ex attivista di Occupy Central che ha partecipato in diverse proteste pro-democrazia nel 2014, è già stato escluso da partecipare alle elezioni legislative nel 2016. Il partito, nato nel 2016, sostiene la “Repubblica libera e indipendente di Hong Kong”.

Chan ha fino al 7 agosto per dimostrare perché il partito non dovrebbe essere messo fuorilegge.

Secondo alcuni, l’indipendenza è una violazione del sistema “un Paese, due sistemi” in base a cui Hong Kong ha operato dal suo ritorno alla Cina.

Alcuni critici affermano che si stanno eliminando le libertà di Hong Kong di poter operare in ampia autonomia.

La potenziale messa al bando è avvenuta proprio in un periodo in cui le autorità stanno esercitando maggior pressione sui gruppi pro-democrazia, definendo illegale ogni supporto all’indipendenza, e considerandolo una sfida al partito comunista cinese e una minaccia alla sicurezza nazionale. Tutti coloro che si sono dimostrati a favore dell’indipendenza e dell’auto-determinazione di Hong Kong sono stati esclusi dalle elezioni o arrestati.

Secondo Patrick Poon, ricercatore presso Amnesty International le autorità dovrebbero smettere di usare leggi vaghe per intimidire le persone che hanno diverse visioni politiche. Il tentativo di mettere al bando il partito nazionale di Hong Kong fa suonare un campanello d’allarme sui limiti che imporrà il governo nel nome della sicurezza nazionale.”

Fonte: The Guardian

Link: https://www.theguardian.com/world/2018/jul/17/hong-kong-moves-to-ban-citys-first-pro-independence-party

18 luglio – Cina: gli investimenti cinesi nell’Africa occidentale sfidano la Francia a fare affari nelle sue ex colonie

Quando la Costa d’Avorio ha pubblicato un bando di gara per la costruzione di un ponte sulla laguna del suo hub commerciale a Abidjan 10 delle 18 aziende che hanno espresso il loro interesse erano cinesi. Il bando è stato vinto a maggio dalla China State Construction Engineering.

L’accordo da 191 milioni di $ americani ha dimostrato l’interesse crescente della Cina in una nuova parte dell’Africa: quella francofona occidentale.

L’area, fino ad oggi dominata da aziende e progetti francesi, ha infatti visto un aumento di prestiti dalla Cina.

Mentre le aziende cinesi operano anche nelle ex colonie francesi come Mali, Niger e Togo il nuovo centro di interesse è la Costa d’Avorio. All’inizio questo Stato non era stato coinvolto nel boom di investimenti cinesi in Africa a causa di un violento conflitto politico terminato nel 2011.

La Costa d’Avorio, tuttavia, vuole utilizzar e a suo favore l’interesse cinese. Per esempio, in alcuni progetti affidati a aziende cinesi come la diga di Soubre le autorità locali impongono condizioni come che la lingua di lavoro sia il francese o che la forza lavoro cinese sia al massimo il 20%. Si vuole infatti evitare che i vantaggi vadano solo alla Cina.

La presenza cinese sempre maggiore in Costa d’Avorio e nel resto della regione segna un momento chiave nell’espansione cinese nel continente, che va da offrire borse di studi a professori africani ad inviare peacekeepers cinesi nelle missioni ONU in Sud Sudan e Mali.

L’Africa è anche parte dell’iniziativa della Nuova via della seta, che prevede un investimento di mezzo trilioni di dollari in infrastrutture lungo le vie commerciali che collegano la Cina al resto del mondo. Si prevede che questo progetto supererà gli Stati Uniti come la maggior economia mondiale entro il 2030.

Per ora, comunque, la Francia resta il maggior partner commerciale della Costa d’Avorio. Dopo essere arrivato al potere nel 2011 il governo di Ouattara ha chiesto al gigante francese Bouygues di costruire un ponte a pedaggio sulla laguna Abidjan (del valore di 300 milioni di $ americani), un progetto con l’obiettivo di modernizzare la città.

Da allora le aziende cinesi hanno ottenuto contratti per costruire stadi di calcio, l’ingrandimento del porto, un impianto per l’erogazione dell’acqua e un’autostrada costiera tra Abidjan e la cittadina di villeggiatura Grand Bassam. Tutte queste opere si aggiungono all’accordo per il nuovo ponte sulla laguna. Nessuna azienda francese non è stata selezionata per il progetto.

I cinesi stanno sfidando la dominazione francese anche in altre aree. La cinese StarTimes ha lanciato un servizio di TV a pagamento che ha segnato la fine del quasi monopolio Canal+, parte del gruppo francese Vivendi. Dal suo lancio ha raggiunto 100.000 abbonati e ha spinto Canal+ a tagliare i costi del suo decoder di un terzo.

Gli imprenditori cinesi si stanno affermando in diversi settori di svariati Paesi africani.

Secondo Thierry Pairault, analista senior sulla Cina presso la parigina School for Advanced Studies in the Social Sciences: “ Il modo di pensare dei leader africani è cambiato considerevolmente dopo che hanno visto che potevano avere accesso a una varietà di sevizi, inclusi quelli finanziari, che non avevano a disposizione prima e gli è stata data la libertà di stabilire i loro termini. Stanno realizzando, infatti, che possono costruire una narrativa slegata dal passato coloniale e questo viene costantemente ribadito dalla Cina.”

Fonte: South China Morning Post

Link: https://www.scmp.com/news/china/diplomacy-defence/article/2155804/chinas-investment-west-africa-challenges-france

19 luglio – Cina: relazioni commerciali con Israele sempre più profonde

La Cina è la seconda maggior economia mondiale e il più grande esportatore del pianeta. Israele, invece, è una sottile striscia di terra del Medio Oriente, e si posiziona solo 45esimo nella lista globale dei Paesi esportatori. Inoltre Israele è sempre stato un saldo alleato degli Stati Uniti d’America.

Pertanto, uno si aspetterebbe Israele sempre dalla parte americana, anche nel campo commerciale.

Tuttavia, forse non tutti sanno che gli investimenti cinesi in Israele continuano ad aumentare, così come stanno costantemente aumentando le aziende israeliane che entrano nel mercato cinese.

Mentre il presidente Trump sta imponendo dazi sulle esportazioni cinesi, il premier israeliano Benjamin Netanyahu sta invitando le aziende del suo Paese ad accettare gli investimenti cinesi.

Stando ai dati del South China Morning Post, nel 2016 gli investimenti cinesi in Israele si sono quasi triplicati arrivando a 16 bilioni di $. Inoltre, secondo il Jerusalem Post la Cina rimpiazzerà gli U.S.A. nella classifica delle fonti di investimenti esteri diretti verso Israele.

Nelle ultime due decadi l’economia di Israele si è affermata come hub mondiale per lo sviluppo tecnologico. Alcuni commentatori dicono che le aziende cinesi vogliono mettere mano su quella tecnologia, nel suo piano di diventare leader mondiale dell’innovazione tecnologica, mentre le aziende israeliane vogliono un maggior accesso all’enorme mercato cinese.

Per sostenere la collaborazione tra le aziende israeliane e quelle cinesi, ogni anno vengono organizzati una serie di eventi come il Silicon Dragon Israel, organizzato a Tel Aviv all’inizio dell’anno o il China-Israel Innovation Summit, organizzato questo mese in Guangdong.

Rebecca Fannin, fondatrice di Silicon Dragon Israel afferma le start-up tecnologiche che si sono aperti agli investimenti cinesi le hanno detto che grazie agli investimenti cinesi si stanno evolvendo più velocemente e che hanno accesso più facile ai mercati della Cina continentale.

Altri commentatori hanno dichiarato che le diverse caratteristiche nazionali dei due Paesi si completano vicendevolmente: Israele con uno spirito più innovativo, flessibile veloce e mancanza di rispetto nei confronti dell’autorità, la Cina conservatrice, gerarchica, legata alla disciplina e all’obbedienza.

Caratteristiche che si completano e che portano che i benefici di questa collaborazione siano mutui.

Al di là di questa situazione “win-win” alcuni come Jason McNew fondatore e capo di Stronghold Cyber Security con sede in Pennsylvani, fanno notare i possibili pericoli, la Cina, infatti, è nota per non rispettare i diritti di proprietà intellettuale; Israele, pertanto, dovrà essere molto attento su quale tipo di industria esternalizzare in Cina.

Lee Branstetter, professore di economia e politica pubblica presso l’Heinz College dell’università Carnegie Mellon, ha dichiarato che la preoccupazione negli Stati Uniti riguarda il fatto che la tecnologia di Israele potrebbe arrivare nelle mani dell’esercito cinese. Se, per esempio, un pilota cinese fosse abbattuto da un missile prodotto anche grazie alla tecnologia israeliana, questo fatto costituirebbe un vero problema per il governo di Israele.

Il governo di Israele ha deciso di non commentare queste questioni legate all’ambito di sicurezza e difesa.

Fonte: BBC

Link: https://www.bbc.co.uk/news/business-44697662

20 luglio – Cina: Trump pronto a penalizzare tutte le importazioni provenienti dalla Cina

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che è pronto a inasprire la sua guerra commerciale contro la Cina applicando dazi su tutti i 500bilioni di $ di importazioni provenienti dal Paese.

La settimana scorsa Washington ha infatti fatto un elenco di ulteriori prodotti cinesi il cui valore ammonta a 200 bilioni di $, su cui vuole applicare i dazi a partire da settembre.

La lista include più di 6000 articoli, inclusi prodotti alimentari, minerali e beni di consumo, che saranno soggetti a un dazio del 10%.

La proposta è ancora sotto consulta, che durerà fino a fine agosto.

Il presidente si è anche lamentato che un rafforzamento del dollaro ha avuto effetti negativi sugli affari statunitensi. In alcuni tweet ha incolpato Cina e Unione Europea di manipolazione con il fine di far aumentare il valore del dollaro. Trump ha anche criticato l’operato della Federal Reserve americana, per aver aumentato i tassi di interesse.

Gli U.S.A. pretendono anche che la Cina smetta di sostenere il trasferimento della proprietà intellettuale (design e idee di prodotti) alle aziende cinese, come requisito affinché le industrie straniere condividano la proprietà con un partner locale per poter accedere al mercato cinese.

Molte aziende americane, tuttavia, non sono d’accordo con l’uso dei dazi contro la Cina, credono che questa mossa possa portare a dei danni per i loro affari senza raggiungere l’obiettivo di far cambiare l’atteggiamento ai partner cinesi.

Fonte: BBC

Link: https://www.bbc.co.uk/news/business-44898629

(Featured image source: Wikimedia commons Diliff)