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Intelligenza artificiale nelle politiche sociali in Cina: intervista a Diego Todaro

Irene Ferri

Entro il 2030 Pechino aspira a diventare leader mondiale nel settore dell’intelligenza artificiale (AI), motivo per il quale ha intrapreso già da anni un percorso che pone al centro dell’agenda politica il ricorso all’AI, visto come strumento di promozione dello sviluppo nazionale e della governance locale, rendendo il ricorso alla tecnologia un elemento prioritario nei programmi di sviluppo della Cina.

Quanto emerso dal quinto Plenum del XIX Comitato Centrale del PCC, durante il quale è stato delineato il 14esimo Piano Quinquennale e si è discusso il piano Vision 2035, evidenzia ulteriormente le strategie che il governo di Pechino intende adottare nel perseguimento dei suoi obiettivi.

Per meglio comprendere lo stato dell’arte dell’applicazione dell’AI alle politiche locali e i prossimi passi che Pechino intende muovere in tale direzione, abbiamo intervistato Diego Todaro, dottorando del Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

1) Come emerge dal New Generation Artificial Intelligence Development Plan pubblicato nel 2017 dal governo di Pechino, la Cina considera la tecnologia uno strumento con cui migliorare il benessere della popolazione.
Quali sono i principali settori di applicazione dell’intelligenza artificiale (AI) alle politiche sociali?

Il New Generation Artificial Intelligence Development Plan (AIDP) costituisce un insieme di linee guida con le quali il governo cinese vuole indirizzare il processo che aspira a portare la Cina a diventare il principale centro dell’innovazione mondiale nell’AI entro il 2030. Si tratta di un documento programmatico che elenca possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale in un ampio spettro di settori, da quello industriale a quello militare.
Nelle politiche sociali, l’AIDP parla tra le altre cose della necessità di usare l’AI per costruire una società sicura e conveniente per i cittadini, basata su servizi intelligenti in istruzione, sanità, urbanistica e altri settori.

Tuttavia, per capire come la Cina stia effettivamente applicando l’AI alle politiche sociali, conviene guardare soprattutto alle iniziative dei governi locali. L’uso dell’AI nelle politiche sociali –ma anche in altri settori – richiede infatti a città e province di adattare le infrastrutture ed i sistemi esistenti affinché si prestino ad integrare sistemi di intelligenza artificiale. In questo processo è ragionevole attendersi che le città e province economicamente ed industrialmente più sviluppate abbiano un vantaggio competitivo, in quanto dispongono delle risorse finanziarie, tecnologiche, umane ed industriali per applicare l’AI nelle proprie giurisdizioni. Al contempo, ogni città cercherà probabilmente di utilizzare l’intelligenza artificiale per affrontare i problemi socioeconomici che ritiene più pressanti o per amplificare i suoi punti di forza. Ad esempio, Shanghai ha avviato vari progetti pilota per l’uso dell’AI in istruzione, sanità, cura degli anziani, logistica, finanza, urbanistica ed altri settori.

2) Quale impatto ha avuto la crisi da coronavirus sulle prospettive di sviluppo del modello digitale cinese? È possibile affermare che l’avvento del Covid abbia dato un’accelerata al piano della Cina di divenire leader mondiale nell’AI entro il 2030?

La rapidità con cui la Cina ha saputo controllare l’epidemia da Covid-19 pare aver consolidato la fiducia del governo nel tradizionale approccio tecno-utilitaristico cinese che considera la tecnologia un utile strumento per perseguire lo sviluppo socioeconomico del paese ed altri obiettivi strategici. Pechino ha attribuito il proprio successo nel controllo dell’epidemia anche al supporto di tecnologie all’avanguardia, e al vertice G20 di Riad nel novembre 2020 il presidente Xi Jinping ha addirittura proposto di adottare a livello globale un sistema digitale ispirato al codice sanitario individuale (jiankangma) utilizzato in Cina.

Il fatto che la tecnologia si sia rivelata un efficace strumento nel controllo della pandemia è certamente utile per rafforzare il discorso politico-ideologico della leadership a supporto delle politiche digitali governative, e può contribuire a legittimare l’uso di strumenti tecnologici tra la popolazione cinese. Tuttavia l’ambizione della Cina a diventare leader mondiale nell’intelligenza artificiale è parte di un progetto più ampio che va oltre la contingenza dell’epidemia da Covid-19, e che mira ad ottenere un certo livello di autosufficienza in settori chiave per lo sviluppo economico e industriale del paese, come indicato tra l’altro anche dal noto piano Made in China 2025 pubblicato nel 2015.

3) Dal 26 al 29 ottobre 2020 si è tenuto a Pechino il quinto Plenum del XIX Comitato Centrale del PCC, durante il quale è stato delineato il 14esimo Piano Quinquennale e si è discusso il piano Vision 2035 che dovrebbe trasformare la Cina nel leader mondiale in materia hi-tech. Quali sono gli ostacoli, se ci sono, che potrebbero impedire a Pechino di raggiungere questo obiettivo nei tempi prefissati?

La visione di crescita enunciata a margine del quinto Plenum del XIX Comitato Centrale è coerente con la strategia che Pechino persegue da anni per modernizzare il paese e consolidare il comparto tecnologico nazionale in vari settori ritenuti strategici per lo sviluppo della Cina, come accennato poco fa. Si pensi ad esempio alle Zone Dimostrative Nazionali dell’Innovazione (Guojia Zizhu Chuangxin Shifanqu), hub tecnologici sponsorizzati dal governo per favorire lo sviluppo dell’alta tecnologia.

Si tratta di un’iniziativa avviata nel 2009 per promuovere il settore hi-tech, con l’obiettivo di creare poli tecnologici di eccellenza che facciano da traino all’innovazione tecnologica e industriale della Cina. Anche in ambito di intelligenza artificiale, l’AIDP – che tanta attenzione ha destato tra gli osservatori internazionali in quanto sancisce l’aspirazione della Cina a diventare leader mondiale nell’AI entro il 2030 – non è il primo documento cinese sul ruolo strategico dell’AI per lo sviluppo nazionale, e dal 2015 Pechino pubblica con una certa regolarità documenti programmatici in tema di intelligenza artificiale. In generale, le ambizioni della Cina a diventare il paese tecnologicamente più avanzato al mondo entro il 2035 non paiono irrealistiche.

Tuttavia il dinamismo produttivo che in meno di cinquant’anni ha trasformato la Cina da fabbrica del mondo a hub tecnologico globale presenta sia punti di forza che di debolezza. Per molti anni la Cina ha potuto beneficiare delle tecnologie e nel know-how sviluppato da altri paesi. Il principale ostacolo oggi consiste forse nella necessità di potenziare la ricerca e sviluppo nazionale, che è ancora inadeguata alle ambizioni cinesi di leadership tecnologica globale. Non si tratta solamente di aumentare la quota di PIL dedicata alla ricerca e  allo sviluppo di nuove tecnologie; ma, più in generale, di creare una “cultura dell’innovazione” che in molti settori pare ancora piuttosto debole.

4) Quali sono gli effetti che la trasformazione digitale della Cina avrà sulla disuguaglianza sociale interna? Le politiche statali e locali si muovono in una direzione di riduzione della disuguaglianza nell’accesso agli strumenti digitali oppure no?

Il fatto che la Cina intenda sfruttare la tecnologia per migliorare la qualità e l’accesso ai servizi pubblici sembra indicare che sia in atto una riflessione sui servizi che il paese è in grado di offrire ai suoi cittadini.

L’AIDP, l’iniziativa Internet Plus ed altri documenti programmatici indicano la volontà di integrare strumenti digitali in sanità, istruzione, sicurezza ed altri settori che incidono significativamente sul benessere della popolazione, e che attualmente sono spesso caratterizzati da disparità di accesso dovute a fattori geografici (es., aree urbane rispetto ad aree rurali) e socioeconomici (es., reddito, residenza). In questo contesto, un generale progresso tecnologico può contribuire a migliorare la qualità dei servizi offerti ai cittadini e ridurre le disuguaglianze sociali.

Al contempo, tuttavia, la pervasiva integrazione della tecnologia nella vita dei cittadini cinesi beneficerà inizialmente soprattutto coloro che hanno dimestichezza con – o la possibilità di avvalersi di – strumenti digitali, con il rischio di introdurre una nuova forma di iniquità nell’accesso ai servizi pubblici. Oggi le politiche digitali statali e locali sono soprattutto concentrate sulla sperimentazione ed applicazione delle tecnologie. Ci sono segnali che indicano la consapevolezza del governo riguardo alle problematiche sociali legate all’uso degli strumenti digitali (v. prossime risposte), tuttavia attualmente la Cina pare intenzionata ad affrontare tali questioni in un secondo momento.

5) Qual è il ruolo della società civile in questa trasformazione digitale della Cina? Di nuovo la popolazione è disposta a rinunciare ad alcuni diritti (es. privacy) per un maggiore benessere o lo scenario è cambiato e si prospetta un cambio di atteggiamento da parte dei cinesi, qualora il ricorso alla tecnologia dovesse diventare troppo invasivo?

Alcuni segmenti della popolazione cinese discutono con relativa vivacità del rapporto tra sviluppo digitale e diritti individuali. Si tratta di una riflessione che si è sviluppata a seguito della progressiva integrazione della tecnologia nella vita quotidiana dei cittadini, e che si è accelerata a fronte della pervasività delle politiche digitali utilizzate durante l’emergenza sanitaria da Covid-19.

Le autorità cinesi hanno dimostrato una certa attenzione verso alcune questioni che preoccupano parte della popolazione. In tema di privacy, ad esempio, il governo ha avviato un ampio aggiornamento della normativa relativa al trattamento dei dati personali. In ambito di intelligenza artificiale, l’AIDP (nella sezione Guarantee Measures, baozhang cuoshi) propone di sviluppare leggi, regolamenti ed un codice etico per regolare la ricerca e le applicazioni dell’AI, e raccomanda inoltre di sviluppare standard tecnici che garantiscano la sicurezza e tutela della privacy nell’uso dell’AI. Inoltre, varie città tra cui Tianjin, Hangzhou e Nanchino hanno recentemente introdotto misure che limitano la possibilità di raccogliere parametri biometrici tramite il riconoscimento facciale ed altri sistemi di intelligenza artificiale.

Rimane tuttavia difficile quantificare l’effettiva influenza che i dibattiti all’interno della società civile possano avere sulle scelte di Pechino che – sebbene abbia manifestato attenzione verso talune problematiche relative all’uso della tecnologia – ha anche rinforzato il discorso politico-ideologico a supporto delle iniziative digitali governative.

6) Uno dei problemi maggiormente riscontrati nell’applicazione dell’AI alle politiche sociali è sicuramente quello legato al rispetto dell’etica, della privacy e della sicurezza dei dati. L’elaborazione della Legge cinese sulla protezione dei dati può essere considerata un vero passo avanti verso la risoluzione di questi problemi e un tentativo di allineamento agli standard internazionali? Oppure il fatto che vi siano dei “buchi” relativi alla mancata richiesta di consenso in materia di riconoscimento facciale e all’uso che il governo può fare dei Big Data, la rende un provvedimento preso solamente per “mettere a tacere” chi ha mostrato apprensione per il mancato rispetto della privacy?

Come accennato poc’anzi, il governo cinese pare consapevole dell’esistenza di varie problematiche legate all’uso della tecnologia e in particolare dell’intelligenza artificiale, non solo nelle politiche sociali ma anche in altri settori. Tra queste problematiche, il rispetto della privacy e della sicurezza dei dati ha certamente grande importanza, come testimoniato dalle numerose leggi e standard esistenti in materia. Cybersecurity Law, Personal Information Security Specification, le bozze della Personal Data Protection Law e Data Security Law, la E-commerce Law e il nuovo Codice Civile sono tutti documenti che, in diversa misura, contengono riferimenti alla privacy e sicurezza nell’uso dei dati.

A fronte di un crescente corpus normativo, vari osservatori evidenziano tuttavia che continua a esistere in Cina una sorta di “doppio sistema” per cui le leggi e gli standard su privacy e sicurezza dei dati si applicano essenzialmente alle aziende private, lasciando invece al governo un ampio margine d’azione per raccogliere ed utilizzare i dati dei cittadini. Oltre alla privacy, anche le questioni legate all’uso etico dell’intelligenza artificiale sono ampiamente discusse in Cina, come dimostrato dai documenti sulla governance dell’AI redatti da vari enti cinesi, tra cui i Governance Principles for the New Generation Artificial Intelligence del Ministero della Scienza e della Technologia; i Beijing AI Principles della Accademia Cinese delle Scienze; o la Joint Pledge on Artificial Intelligence Industry Self-Discipline della Artificial Intelligence Industry Alliance cinese.

Il rispetto dell’etica, della privacy e della sicurezza dei dati nell’applicazione dell’AI sono quindi temi ben presenti al governo e agli altri attori cinesi attivi nell’intelligenza artificiale. Tuttavia al momento sembra prevalere un approccio che privilegia lo sviluppo e l’applicazione dell’AI, rimandando ad un successivo momento la regolamentazione delle questioni etiche e di privacy che emergeranno in corso d’opera.

7) Ci troviamo in un periodo molto complesso, in cui a livello internazionale si sta prestando grande attenzione all’AI e soprattutto alla sua applicazione in ambito sociale e sanitario in un’ottica di lotta al Covid-19. La Cina può a tutti gli effetti proporsi come un modello a cui ispirarsi? O prevarrà la diffidenza che l’Occidente tende ad avere nei suoi confronti?

La Cina attribuisce il successo con cui ha saputo controllare l’epidemia di Covid-19 anche al supporto di strumenti digitali all’avanguardia, inclusi sistemi che utilizzano l’intelligenza artificiale (ad es., telecamere intelligenti, droni, robot). Dopo essere stato criticato per non aver gestito tempestivamente l’evolversi dell’epidemia, il governo ha ora tutto l’interesse a proporre la Cina come modello cui gli altri paesi possono ispirarsi nella lotta la Covid, come dimostra la già ricordata proposta di Xi Jinping al vertice G20 di Riad di adottare a livello internazionale un sistema ispirato al codice sanitario digitale cinese.

I paesi che volessero ispirarsi alla Cina in ambito sanitario dovranno non solo considerare gli specifici punti di forza e debolezza delle politiche digitali cinesi, ma anche contestualizzarle. Infatti la rapidità ed efficienza con cui la Cina ha saputo integrare strumenti tecnologici nella lotta alla pandemia sono dovute a vari fattori, inclusi un sistema monopartitico che consente al governo una libertà d’azione difficilmente replicabile in sistemi democratici, o l’esistenza di una capillare rete di controllo della popolazione che può tra l’altro contare su milioni di telecamere di sorveglianza.

Pertanto, nell’esaminare gli utilizzi tecnologici che stanno emergendo in Cina in ambito sanitario e in altri settori, i paesi occidentali dovranno mantenere un approccio bilanciato, evitando non solo critiche aprioristiche, ma anche una sorta di “orientalismo alla rovescia” che valuti in maniera acritica applicazioni tecnologiche che sono legate a dinamiche storiche, culturali, politiche, socioeconomiche ed etiche estranee all’esperienza occidentale ed al nostro sistema di valori.

8) L’Occidente sarà in grado di colmare il gap in materia di AI o è destinato a rimanere “un passo indietro” rispetto a Pechino, in qualche modo frenato dall’attenzione al rispetto della privacy?

R: La maggior parte degli studi sull’argomento concorda nel sostenere che gli Stati Uniti sono oggi i leader mondiali in ambito di intelligenza artificiale. La Cina viene di solito presentata come la seconda “superpotenza dell’AI”, e in alcuni settori può già vantare delle eccellenze che la collocano al pari degli Stati Uniti. È difficile stimare se la Cina riuscirà effettivamente a diventare il principale centro dell’innovazione mondiale nell’AI entro il 2030, come auspicato dal governo cinese, in quanto vi sono numerose variabili che influiscono sullo sviluppo dell’AI in ciascun paese. Considerazioni di privacy sono rilevanti solo per alcune componenti dell’ecosistema dell’AI, ad esempio per la raccolta ed utilizzo dei dati necessari ad alimentare e perfezionare gli algoritmi dei sistemi di apprendimento automatico (machine learning), o per l’applicazione dei sistemi di intelligenza artificiale in alcuni ambiti della vita sociale. Il significativo impatto che si stima l’AI potrà avere sullo sviluppo economico, industriale, scientifico-tecnologico, sociale e militare a livello mondiale spiega il diffuso interesse a capire chi stia vincendo la corsa all’AI. Tuttavia, a mio parere, piuttosto che concentrarci su chi stia vincendo questa ipotetica “AI race”, dovremmo forse preoccuparci di capire con maggior precisione come l’intelligenza artificiale possa contribuire a migliorare la qualità della vita delle persone in maniera efficace, efficiente e sicura, a prescindere dal loro paese di appartenenza.

 

(Featured image source: Unsplash Alex Mao)