Rassegna stampa 4-10 giugno: Sud est asiatico

Rassegna stampa 4-10 giugno: Sud est asiatico

4 giungo, Malesia – Scontro tra Mahathir e la monarchia sulla nomina del procuratore generale

Il consiglio della magistratura ha espresso le proprie preoccupazioni sulla situazione di stallo riguardante la nomina del procuratore generale. L’avvocato malese Tommy Thomas è al centro del dibattito pubblico di questi ultimi giorni, sarebbe lui l’uomo scelto dal nuovo premier per ricoprire la carica. Thomas, però, non sarebbe una figura gradita dall’attuale monarca del paese non essendo di etnia Malay, gruppo dominante all’interno del paese.

Essendo una monarchia costituzionale, il consiglio della magistratura ha ricordato che il sovrano sarebbe costituzionalmente obbligato ad accettare la scelta del primo ministro. La monarchia malese presenta però una caratteristica unica nel suo genere, le nove famiglie reali, una per stato della federazione, occupa il trono per cinque anni prima di passarlo alla famiglia successiva. La maggior parte delle famiglie reali sosterrebbero la decisione dell’attuale monarca.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/king-is-constitutionally-bound-to-accept-pms-choice-of-candidate-for-ag-bar-council-in

5 giugno, Birmania – L’inchiesta birmana sui Rohingya sarebbe una “farsa”

Secondo l’ONG Human Rights Watch (HRW), l’inchiesta del governo birmano sugli abusi nello stato di Rakhine sarebbe una “farsa” volta a “rimandare ed evitare la giustizia”. Param-Preet Singh, direttore associato di HRW, ha accusato il governo di ripetere quanto già accaduto in passato “senza alcun dubbio, il governo cercherà di presentare questa nuova investigazione mettendo in avanti il fatto che uno dei tre commissari sarà una ‘personalità internazionale’, e che esperti legali e tecnici internazionali porteranno il proprio sostegno”.

Singh si appoggia sul fatto che il governo birmano avesse rifiutato che fosse condotta una prima inchiesta nel 2017. Due investigazioni interne da parte del governo e dei militari birmani non avevano evidenziato nessun reato grave e secondo il generale a capo di un delle due inchieste “non sono morte persone innocenti”. Secondo numerose testimonianze raccolte, ci sarebbero però segni evidenti di gravi crimini tra i quali pulizia etnica, esecuzioni sommarie, stupri e genocidio.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2018/06/burmas-latest-rakhine-investigation-a-sham/#6DciPWdSVbpciQZU.97

6 giugno, Birmania – Firmato l’accordo di rimpatrio dei Rohingya con le Nazioni Unite

Le Nazioni Unite e lo stato birmano hanno trovato un accordo sul rimpatrio degli oltre 700.000 Rohingya rifugiati in Bangladesh. L’accordo prevedrebbe l’accesso degli emissari ONU all’interno dello stato di Rakhine, epicentro delle violenze che hanno provocato l’esodo forzato della minoranza musulmana. Rimangono però numerose zone d’ombra sul contenuto effettivo dell’accordo tra le due parti.

“Per adesso il vero lavoro è stato mantenere il dialogo” ha spiegato il coordinatore birmano alle Nazioni Unite Knut Ostby, dichiarando successivamente di non poter rilasciare nessun commento sull’accordo. Il rappresentante birmano per i rifugiati, Giuseppe De Vincentiis si è augurato che le operazioni possano iniziare il “prima possibile” riconoscendo che c’è ancora molta strada da percorrere. “Secondo le nostre informazioni, la situazione attuale non permette il rimpatrio” ha dichiarato De Vincentiis.

I gruppi per la difesa dei diritti umani hanno però avvertito che l’accordo non servirà a nulla se lo stato birmano non consentirà ad una investigazione indipendente nello stato di Rakhine.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/un-signs-myanmar-access-deal-amid-rohingya-repatriation-fears

7 giugno, Mar Cinese Meridionale – Il declino americano nel Mar Cinese Meridionale

Durante un importante summit per la sicurezza regionale, il segretario alla difesa Jim Mattis ha dichiarato che la recente militarizzazione delle posizioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale ha come scopo di intimidire e forzare la mano ai paesi coinvolti.

Mattis ha dichiarato, durante il Shangri-La Dialogue, che le azioni cinese sono “in totale contraddizione con la strategia [americana] di apertura” e ha avvertito che ci saranno “conseguenze più importanti” se la Cina dovesse mantenere lo stesso approccio.

Come “risposta iniziale”, è stato ritirato alla marina cinese l’invito 2018 Rim of the Pacific Excercise, le più importanti esercitazioni navali al mondo.

Prima di ogni considerazione è però importante capire il contesto delle tensioni attuali, e la posta in palio per Cina e Stati Uniti.

Negli ultimi anni, la Cina ha cercato di aumentare il proprio controllo sul Mar Cinese Meridionale, dove numerosi paesi hanno rivendicazioni contrastanti con quelle cinesi, tra i quali Vietnam, Filippine e Taiwan.

Le operazioni cinesi sono andate avanti malgrado le tensioni e le proteste diplomatiche. Nel mese scorso, l’esercito cinese ha fatto atterrare per la prima volta dei bombardieri capaci di trasportare armamenti nucleari sulle isole Paracel, oltre all’installazione di sistemi missilistici antinavali e anti-aerei sulle isole Spratly.

Inoltre, le forze aeree cinesi hanno condotto numerose esercitazioni nello spazio aereo del Mar Cinese Meridionale. Se la Cina non è l’unico paese ad avere pretese sul mare, nessun altro paese è in grado di competere con la potenza, rapidità ed efficacia di Pechino.

Il Mar Cinese Meridionale è al centro di una disputa che va avanti da molti anni per via della sua importanza strategica e commerciale, così come per le sue importanti risorse naturali. Secondo alcune stime, l’equivalente di 3.400 miliardi dollari di beni ha attraversato questo mare nel 2016, circa 21% del commercio mondiale

L’obbiettivo cinese nel Mar Cinese Meridionale può essere riassunto in una sola parola: controllo.

Per riuscirci, lo stato cinese ha impegnato importanti risorse volte a sostenere uno sforzo sul lungo termine per affermare la propria egemonia sulla regione. Ciò è risultato nella costruzione di isole artificiali, costruzione di infrastrutture civili e militari, ed il dispiegamento di navi ed aerei militari.

Mentre i politici di alcuni paesi, tra i quali gli Stati Uniti, le Filippine e l’Australia hanno fortemente protestato le azioni cinesi, il governo di Pechino si è impegnato a trasformare la geografia fisica e strategica del Mar Cinese Meridionale.

Secondo il nuovo comandante delle forze statunitense dell’area Indo-Pacifica, l’ammiraglio Philip Davidson, gli sforzi cinesi sono stati un successo a tal punto che “sono ora capaci di controllare il Mar Cinese Meridionale in tutti gli scenari di una guerra di breve termine contro gli USA”.

Gli sforzi cinesi sono difficili da contrastare perché si inseriscono all’interno di una strategia di lungo termine per il controllo del mare. Nessuna delle sue azioni può, individualmente, giustificare una risposta armata da parte dell’esercito americano. Inoltre, il costo umano ed economico di un tale conflitto sarebbe tremendo.

L’incapacità americana di rispondere in maniera efficiente alla Cina ha fortemente eroso la sua credibilità nella regione. Inoltre, ha anche alimentato la narrativa secondo la quale gli USA non sono “qua per rimanere” in Asia. Se gli Stati Uniti vogliono essere presi sul serio nel contrastare la Cina, la retorica di Mattis dev’essere sostenuta da qualche azione.

Primo gli USA dovrebbero chiaramente dichiarare qual’è la “linea rossa” nei confronti della Cina e quali attività sono da considerarsi inaccettabili nel Mar Cinese Meridionale. In seguito, dovrebbero essere pronti ad agire in caso di violazione, tenendo conto dei rischi.

Secondo, gli USA devono rilanciare i propri sforzi per collaborare con i loro alleati regionali e dimostrare che esiste un fronte comune per resistere alla crescita cinese.

Terzo, gli USA devono dispiegare le loro capacità militari nella regione indo-pacifica, per esempio sistemi missilistici, che potrebbero ridurre il vantaggio guadagnato dalla Cina dopo la militarizzazione di alcune isole.

Il controllo cinese sul Mar Cinese Meridionale è preoccupante per tutta una serie di paesi. Per molti, le rotte marittime che passano per il Mar Cinese Meridionale sono la colonna portante della propria economia.

Per di più, il cambiamento degli equilibri regionali permetterà a Pechino di risolvere le dispute regionali una volta per tutte. La Cina, è senza dubbio pronta ad usare i suoi nuovi poteri per alterare lo status quo a proprio vantaggio.

Controllare il Mar Cinese Meridionale permetterebbe anche a Pechino di proiettare il proprio potere militare in tutto il sud est asiatico, nella parte est del pacifico ed in parte in Oceania. Questo renderebbe più costoso per gli USA ed i suoi alleati qualsiasi azione contro Cina.

Su un altro piano, l’approccio cinese sul Mar Cinese Meridionale dimostra la crescente confidenza cinese e decisione a  le norme internazionali contrarie ad i propri interessi.

Ci sono pochi dubbi sul fatto che la Cina stia diventando il nuovo potere dominante il Asia. La sua ascesa è stata un vantaggio per milioni di persone e non rappresenta nulla di male di per sé. Ma dovremmo essere consapevoli dell’approccio usato da Pechino per risolvere le dispute territoriali e i rischi che usi il proprio potere militare ed economico per arrivare ai propri fini.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2018/06/the-us-has-few-options-left-to-reverse-chinas-gains-in-the-south-china-sea/#kUJOIhJkLzKYOIzd.97

8 giugno, Vietnam – Liberati due attivisti vietnamiti

È stato liberato l’avvocato per i diritti umani Nguyen Van Dai due mesi dopo essere stato condannato ad una sentenza di 15 anni con l’accusa di voler rovesciare il governo. Dai è il fondatore del gruppo “Fratellanza per la Democrazia” ed è stato liberato assieme a Le Thu Ha, anche lei membro dello stesso gruppo e condannata a 9 anni di prigione. I due attivisti, e la moglie di Dai, sono immediatamente saliti su un aereo diretto in Germania.

Secondo l’accusa, i membri della “fratellanza” hanno condotto varie attività antigovernative volte a “costruire una democrazia multipartitica”. Dai e Ha hanno fatto sapere che non faranno appello alla decisione del tribunale, mentre l’appello di quattro altri membri del gruppo è stato respinto e dovranno far fronte a delle condanne di almeno 7 anni. Malgrado le importanti riformi economica e la crescente apertura del paese, il governo mantiene un forte controllo sui media e non tollera le critiche.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/vietnamese-human-rights-lawyer-freed-flies-to-germany-activists

9 giugno, Malesia – Mahathir commenta sulle recenti tensioni con la monarchia malese

Il primo ministro Mahathir Mohamad ha dichiarato di non rigettare le istituzioni reali del paese ma che vuole al contrario salvarle. Negli ultimi giorni, il premier e le 9 famiglie reali sono state al centro del dibattito pubblico, le due parti si sono scontrate sulla nomina del nuovo procuratore generale. Il nuovo funzionario di governo non persona gradita dalle famiglie reali perché non appartenente all’etnia dominante del paese.

Dopo alcuni giorni di incertezza, il sovrano del paese, costituzionalmente obbligato ad accettare la decisione del primo ministro, ha deciso di piegarsi. Il primo ministro ha dichiarato che questa disputa “non sarebbe dovuta accadere” e che queste tensioni possono mettere il paese a rischio di tensioni sociali. Non è la prima volta che Mahathir e le famiglie reali si oppongono su temi costituzionali. Nel 1983 il premier fece passare una legge per ridurre i poteri del sovrano e nel 1993 decise di porre fine all’immunità criminale per le famiglie reali.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/mahathir-addresses-recent-tensions-with-royals

10 giugno, Vietnam – Hanoi pone fine alle proteste contro le nuove aree economiche

La polizia vietnamita ha imprigionato una quindicina di persone durante una manifestazione all’interno della capitale. Le proteste erano rivolte contro la nuova politica del governo per creare delle nuove aree economiche, previste per attrarre gli investitori stranieri. Questa nuova misura offrirebbe maggiori incentivi riducendo alcune restrizioni rispetto alle altre aree del paese. La nuova legislazione non prevede alcuna identificazione o restrizioni riguardo alla nazionalità degli investitori.

Secondo i manifestanti ci sarebbe quindi un rischio concreto che tali aree economiche vengano dominate da investitori cinesi. I manifestanti hanno esposti vari striscioni anticinesi, tra i quali “Nessun affitto ai cinesi, neanche per un giorno”. Successivamente le forze dell’ordine hanno caricato una quindicina di manifestanti prima di disperdere i manifestanti.

Queste proteste arrivano in un periodo di crescenti tensioni nel Mar Cinese Meridionale, un territorio fortemente conteso tra la Cina e numerosi paesi, tra i quali il Vietnam.

Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/vietnam-police-halt-protests-against-new-economic-zones